C'era una volta il beat italiano, la recensione del docufilm uscito al cinema
CinemaDal mitico Piper Club di Roma a Blow Up di Michelangelo Antonioni, dalle minigonne di Mary Quant ai pantaloni a zampa, il regista Pierfrancesco Campanella racconta senza retorica ma con autentica passione e autorevolezza, la musica e i protagonisti di un’epoca straordinaria. Attraverso una serie di interviste mirate, un viaggio alla scoperta delle canzoni e delle evoluzioni di un periodo leggendario
“Vecchie favole/Di un'epoca un po' più in là/Colori di un'età/Libri e musica/Di un mondo che nasce beat/Un disco dell'Equipe”, cantavano i Gatti di Vicolo dei Miracoli in Verona Beat, settimo singolo del gruppo cabarettistico formato da Umberto Smaila, Jerry Calà, Nini Salerno e Franco Oppini. E proprio Oppini è uno dei tanti protagonisti di C’era una volta il beat italiano. Uscito nelle sale cinematografiche dal 21 novembre, il docufilm di Pierfrancesco Campanella, già autore dell’apprezzato I love…Marco Ferreri e dell’insolito thriller Brividi d’autore con Maria Grazia Cucinotta, è una sorta di macchina del tempo che ci trasporta in un periodo leggendario e irripetibile. Ma la forza dell’opera è evitare le trappole della nostalgia più corriva dell’abusato concetto che il passato sia sempre preferibile al presente. Non a caso, uno degli intervistati ammette prosaicamente che pure dagli inizi degli anni Sessanta alla fine del decennio, musicalmente in Italia non sono stati prodotti solo capolavori. Insomma, una testimonianza autorevole e lucida, in cui la passione danza con il senso critico.
Da Don Backy a Ricky Gianco, dai Dik Dik a I Camaleonti
“Caro Beat/Mi piaci tanto, virgola/Però se i ragazzi che non si lavano, virgola/Quelli che scappano di casa, virgola/E altri che si drogano e dimenticano Dio/Fanno parte del tuo mondo, virgola/O cambi nome o presto finirai”. Il docufilm inizia con il musicista Mauro Goldsan che recita le strofe di Tre passi in avanti, il brano di Adriano Celentano datato 1968. E poi, in un crescendo rossiniano di ricordi, racconti aneddoti si viene piacevolmente travolti dalle good vibrations, dalla contagiosa energia di quegli anni formidabili. Sono un’infinità le curiosità svelate dai protagonisti e sarebbe un peccato svelarle, anche perché ascoltare dalla voce di chi le ha vissute assumono una forza maggiore. Da Don Backy a Ricky Gianco, da Renato Brioschi dei Profeti a Pietruccio Montalbetti dei Dik Dik, da Livio Macchia dei Camaleonti a Gianni Dall’Aglio dei Ribelli, da Donatella Moretti a Mario Pavesi dei Fuggiaschi, a Giuliano Cederle dei Notturni, è un piacere abbandonarsi a questo caleidoscopio ipnotico ed emozionante. Imprescindibili pure l’intervento di Mita Medici, la ragazza del Piper protagonista di una pellicola cult come L’estate di Paolo Spinola e il contributo di Rosanna Fratello che nel periodo del beat ancora non cantava, ma sognava di emulare, che all’epoca del beat ancora non cantava ma sognava ad occhi aperti, sperando di emulare la Patty Pravo, Rita Pavone e Caterina Caselli.
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LA PAROLA AGLI ESPERTI
Nutrita anche la squadra degli espertissimi addetti ai lavori, un valore aggiunto. Tra la copertina di un 45 giri da collezione e l’eterna sfida tra chi preferiva i Beatles e chi i Rolling Stones, si susseguono gli interventidi di Fernando Fratarcangeli (direttore della rivista di collezionismo musicale Raropiù), Massimiliano Canè (autore della trasmissione Techetechetè su RaiUno), il press-agent Niccolò Carosi, i parolieri Alberto Salerno e Claudio Daiano, i musicisti Natale Massara, Mauro Goldsand e Rodolfo Grieco, i discografici Federico Monti Arduni, Italo Gnocchi e Andrea Natale, l’operatore culturale Franco Mariotti, la conduttrice tv Morena Rosini (già nel gruppo Milk and Coffee), il regista Luca Verdone e gli esperti di beat Francesco Lomuscio, Federico Gnocchi e Carlo Lecchi (Presidente della AVI, Associazione Vinile Italiana). Infine, con notevole dose di (auto)ironia, Ivan Cattaneo racconta la genesi del suo album di cover Italian Graffiati e quella Zebra a pois che non lo ha più abbandonato.
Approfondimento
Testo 29 Settembre canzone di Lucio Battisti cantata dagli Equipe 84
tRA NESSUNO MI PUO' GIUDICARe E LA BAMBOLA
Insomma, tra La bambola Nessuno mi può giudicare, Che colpa abbiamo no, Dio è morto, 29 settembre, C’era una volta il beat italiano, distribuito da Parker Film è davvero un bel viaggio nel tempo e nello spazio. Tant’è che alla fine della visione viene voglia di ascoltare, magari in vinile, uno di quei titoli che hanno fatto la storia della musica italiana e non solo. E magari accennare pure qualche passo di danza.