Girl Power, alla Mostra del cinema di Venezia vincono le storie di donne e le registe

“Le donne sono la colonna vertebrale delle società”, diceva Rita Levi Montalcini. E certamente lo sono del palmares di questa 81.ma edizione della Mostra del cinema di Venezia. Dalle talentuose registe che con le loro opere hanno convinto la giuria presieduta da Isabelle Huppert alle protagoniste di lungometraggi che hanno evidenziato la forza, i valori e sentimenti di figure femminili indimenticabili. A partire da Ingrid e Martha , la coppia che ha incantato il pubblico e la critica con The Room Next Door di Pedro Almodovar. Le due star sono contemporaneamente in scena per quasi tutta la durata del film. I loro sguardi, le loro voci, i loro dialoghi hanno la potenza del grande cinema, quello che terminata la proiezione non dimentichi più. Una performance incredibile, esente da birignao, un film che ti incanta come un quadro di Edward Hopper. Se non saranno candidate agli Oscar, sarà d’uopo indagare sulla salute mentale dei giurati dell’Academy. Le registe vincenti Forse è stato l’effetto del successo inaspettato e immenso di C’è ancora domani. Sta di fatto che le registe donne in concorso al Lido possono festeggiare. La bolzanina Maura Delpero al suo secondo lungometraggio di fiction si porta a casa il Leone d’Argento – Gran Premio della giuria. Peraltro, Vermiglio è un film al femminile, tant’è che il titolo di lavorazione era La sposa di Montagna. La femminilità e il desiderio sono affrontati da un punto di vista diametralmente opposto anche in Babygirl. Non a caso, la regista del film Halina Reijn ha usato queste parole per presentare il suo lavoro: "Il femminismo è la libertà di studiare la vulnerabilità, l’amore, la vergogna, la rabbia e la bestia interiore di una donna". E Nicole Kidman vince la sfida. Se mal recitato si rischiava un risibile remake del già risibile 50 Sfumature di grigio. Sicché la stella australiana vince un strameritata Coppa Volpi. "Il mio obiettivo con April era di esplorare e analizzare la dicotomia e la convergenza tra esistenza e femminilità". E la regista e sceneggiatrice georgiana di origini ossete Dea K'ulumbegashvili l’obiettivo lo ha davvero centrato. Il suo secondo lungometraggio sul tema dell’aborto clandestino praticato su donne che non possono decidere del proprio corpo si aggiudica il premio speciale della giuria. Donne che parlano di uomini, uomini che parlano di donne Ma le donne sono assolutamente in grado di girare ottime pellicole incentrate sugli uomini. Come nel caso di Delphine e Muriel Coulin. Le due registe francesi con Jouer avec le feu firmano il ritratto di un padre cinquantenne, di sinistra, che ha cresciuto da solo i propri figli. Il genitore single va in crisi quando scopre che il più piccolo milita in gruppo estremista di destra. E Vincent Lindon, non poteva recitarla meglio, come testimonia la Coppa Volpi vinta per la miglior interpretazione maschile. Anche quando dietro la macchina da presa c’è un uomo, sovente i lungometraggi visti quest’anno alla mostra hanno parlato di donne. Tant’è che un Maestro assoluto come Walter Salles con Ainda Estou Aqui disegna un dolente, potentissimo ritratto di una madre costretta, nel Brasile degli anni Settanta a reinventarsi, dopo aver perso la sua famiglia. E in fondo, anche The Brutalist, Leone d’argento per la regia, nonostante sia diretto da Brady Corbet e racconti la storia dell’architetto ebreo László Tóth emigrato dall’Ungheria negli Stati Uniti nel 1947, ha insieme ad Adrien Brody una magnifica Felicity Jones. Insomma, La Mostra quest’anno è donna, una donna straordinaria, intelligente e ricca di sfumature.