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Pupi Avati: in "Dante" racconto l'uomo oltre che il poeta. Dal 29 settembre al cinema

Cinema

Denise Negri

Arriva in sala il film di Pupi Avati. Con un ricco cast e molti espedienti narrativi, si ripercorre la vita del Sommo Poeta, attraverso i dolori, l'esilio e naturalmente l'amore per Beatrice. Il tutto attraversando un'epoca storica, quella medioevale, vista sotto una luce differente.

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Il sommo poeta. “Dante” raccontato al cinema da Pupi Avati
 

L'uomo, le sue idee politiche, il suo esilio, il suo errare fino alla creazione del suo più grande capolavoro. Arriva in sala il 29 settembre un film ambizioso e intimo al tempo stesso. Sergio Castellitto è Boccaccio, fedelissimo ammiratore che intraprende un viaggio fino a Ravenna per risarcire, simbolicamente, la figlia dell'Alighieri, cacciato dalla sua amata Firenze.

Nei ruoli, difficili, di un giovane Dante e la sua Beatrice, Alessandro Sperduti e Carlotta Gamba.

 

Ecco l’intervista ai protagonisti

 

PUPI AVATI

Sig. Avati come si è approcciato al mondo interiore di Dante Alighieri?

“Il mio primo approccio è dettato dalla riconoscenza che si deve a una persona che ha attraversato il dolore che gli ha riservato la vita da quando bambino perse la madre, a quando ha perso Beatrice, fino all’esilio e all’accattonaggio perenne che ha vissuto per 20 anni durante la composizione della “Divina Commedia”.

Direi che attraverso tutti questi dolori è pervenuto alla forma più alta, più ineffabile della misura poetica, alla quale nessun poeta è mai arrivato.

La sua è una sorta di onniscienza misteriosa che rende sacro questo testo e quindi mi approccio a questo film del tutto speciale e credo unico non solo nella mia filmografia ma anche nella filmografia italiana, con l’ambizione di poter raccontare finalmente e in qualche misura, l’uomo. Volevo raccontare l’essere umano che è totalmente assente da tutte le biografie accademiche che ho letto.

Tenga conto che ho passato più di vent’anni della mia vita a studiare Dante, accompagnato da tutti i “dantisti” più emeriti e loro stessi mi hanno in qualche modo “ringraziato” per aver individuato in Boccaccio, l’esegeta, il sodale più vicino a Dante di quanto un poeta possa essere vicino a un altro poeta.

Ho deciso di raccontare questo essere umano immaginandolo perennemente ragazzo, perché credo che Dante sia quel giovane che un giorno vide Beatrice e che di fronte alla Chiesa di Santa Margherita dei Cerchi, si ferma, si gira la guarda e le dice: “Vi saluto”. Io credo che in quel saluto, come dice Boccaccio nel film, ci sia tutta “l’emozione del mondo”, c’è la nostra emozione ed è lì che nasce la storia della cultura occidentale.”
 

Anche Boccaccio/Castellitto nel film ad un certo punto dice: “Dante non riesco che immaginarmelo ragazzo”. Perché secondo lei?

“Perché la poesia appartiene a quel periodo della vita. Le dico una cosa: io ho 83 anni e li dimostro tutti e li sento nel mio fisico che è così recalcitrante su tutti i fronti, però la mia intellettualità è rimasta quella di quando avevo 14 anni, così come la mia capacità di immaginare. Io ho cercato veramente di mettermi in contatto con Dante, mediato da Boccaccio, e di offrirne uno spaccato seducente, contrariamente a come lo conosciamo a scuola dove spesso ce lo rendono insopportabile. Volevo in qualche modo farlo diventare uno di noi e soprattutto credo che solo attraverso la lettura della “Vita Nova” lo si possa davvero conoscere”.

E come ha cercato di rendere vera e viva Beatrice, che ovviamente nella poetica dantesca è intrisa di molti significati?

“La Beatrice che ho immaginato ovviamente non è Barbie, non è una bella californiana in giro per Firenze. È piuttosto una Beatrice consapevole di essere Beatrice. Lui dopo la morte della donna si impegna a scriverle quello che non fu mai scritto per una donna e ci riesce. Nel mio film quindi ad un certo punto la stessa Beatrice partecipa all’atto creativo e gli suggerisce alcune parti delle poesie. Le garantisco che sul set, questi momenti, sono stati molto emozionanti, fortemente toccanti, che mi hanno fatto commuovere.”

 

SERGIO CASTELLITTO- GIOVANNI BOCCACCIO

Come e in che modo si può presentare il Dante di questo film?

“Io credo che uno dei meriti di questo film è che ci racconta sotto una nuova luce un personaggio che naturalmente per automatismo culturale e sociale tutti conosciamo e di cui conosciamo anche l’immagine famosa di lui di profilo con la corona di alloro. La pellicola invece fa esplodere questa figura e ci racconta un uomo che ha passato una vita infernale. Un uomo che è stato esiliato, che è stato cacciato, che non ha potuto godere dell’amore della sua vita, che è stato povero e che ha fatto anche il soldato. Basterebbero questi punti per capire che Dante non è stato soltanto “a riveder le stelle”. La trovata narrativa di Pupi è vincente perché affianca a questa figura irraccontabile, la figura di un altro grandissimo poeta (Boccaccio) che attraversa l’Italia per porgere questa sorta di ricompensa alla figura e alla memoria di Dante e di tutto quello che ha passato, e lo fa con i piedi, con le mani piene di scabbia e con la fatica fisica. Per me ad esempio nel film è stata molto importante la “corporalità”, perché quando si dice: “devi fare un poeta” tutti pensano di doverlo fare “aereo” ma non è vero, perché il poeta suda, il poeta puzza, il poeta fatica, il poeta piange, il poeta ha fame.”

 

Come descriveresti “l’amore” di Boccaccio per Dante?

“Credo che sia un’ammirazione filiale, quasi. Mi piace molto, nel film, il momento in cui Boccaccio piange come un bambino e alla figlia di Dante dice: “se io ripenso a vostro padre, io non posso che immaginarlo bambino”. Che poi è l’immagine unica, assoluta e intramontabile della figura di un’artista. L’artista lo si immagina sempre bambino”.

 

In che periodo storico è vissuto Dante? Che Firenze era?

“Quell’epoca, quel Medioevo credo ci sia sempre stato raccontato in maniera sbagliata. Trovo che sia stata un’epoca anche incredibilmente sensuale, spirituale e anche cupa certo…ma trovo che la cupezza non ci abbandoni nemmeno oggi! Il film riesce a raccontarci un mondo e un’epoca sotto nuove prospettive. Trovo che sia un film molto contemporaneo che ci racconta anche dell’oggi”.

 

ALESSANDRO SPERDUTI- DANTE

“Ammetto di aver sempre vissuto con una certa distanza la figura di Dante e anche con un certo timore. Lo vedevo come un uomo misterioso e austero, era decisamente un’immagine che non sentivo vicina. La bellezza di questo film, invece, credo sia proprio nella voglia di conoscerlo più da vicino, più intimamente. L’immaginare che dietro a quell’amore che conosciamo tutti c’erano semplicemente dei ragazzi mi ha completamente rapito!”.

 

CARLOTTA GAMBA- BEATRICE

“La cosa bella che è avvenuta insieme a Pupi (Avati) è che abbiamo cercato di rendere Beatrice reale e consapevole, anche di inspessirla con i sentimenti del regista e i miei e con tutto quello che Dante ci ha riportato. Trovo che Beatrice in questo film sia un po' l’unione di tante personalità e di tante sfaccettature”.

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