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Chantal Akerman: STANZE - Sul custodire e il perdere, la mostra dedicata alla regista

Cinema
Chantal Akerman, My Mother Laughs Prelude, still da video (2012) Courtesy of Chantal Akerman Foundation and Marian Goodman Gallery

Sino al 28 maggio a San Giovanni Valdarno (Arezzo), "Casa Masaccio | Centro per l’Arte Contemporanea" ospita la mostra gratuita (curata da da Rita Selvaggio) dedicata alla regista, artista, attrice, scrittrice e sceneggiatrice scomparsa nel 2015

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Casa Masaccio | Centro per l’Arte Contemporanea è lieta di presentare, sino al 28 maggio  il secondo appuntamento di ESPORRE IL CINEMA, un ciclo di mostre legate annualmente al Premio Marco Melani che, per l’edizione del 2021, è stato consegnato alla memoria di Chantal Akerman (Bruxelles, 1950 – Parigi, 2015). Chantal Akerman, regista, artista, attrice, scrittrice e sceneggiatrice, è una dei più importanti registi della sua generazione. Figura di punta nel cinema europeo sperimentale, sin dai primi anni 70 ha avuto un ruolo cruciale nella graduale dissoluzione, così emblematica negli ultimi vent’anni, delle frontiere tra lo spazio del cinema e quello dell’arte. E’ dal 1995 che, spesso ma non sempre, incomincia ad usare i suoi lungometraggi come punto di partenza nel processo di una riconfigurazione spazio-temporale.

Figlia di Ebrei polacchi sopravvissuti ad Auschwitz e rifugiati in Belgio, sin dai suoi precoci esordi, Akerman ha sempre avuto un’ossessione per lo spazio domestico come da sempre ha anche perseguito un senso di “appartenenza” , anche se spesso dichiarava di non appartenere a nessun luogo. La sua mappa affettiva ha sempre comportato una tensione tra evocazione astratta e quotidianità concreta e la casa ha costituito un focus centrale all’interno della sua pratica. Concetto ancestrale e modernissimo che, in molti dei suoi film, diventa un teatro di solitudine per eccellenza. STANZE. Sul custodire e il perdere, prende voce e corpo in uno storico edificio patrimoniale, la cui originaria destinazione d’uso era proprio quella domestica, e interagisce con la natura non standardizzata dello spazio già di per sé narrativo. Assecondando la sua politica espositiva e culturale, anche in questa occasione Casa Masaccio insiste sull’idea di una contiguità semantica tra il percorso espositivo e il contesto architettonico con una mostra che asseconda le potenzialità del cinema come spazio tridimensionale e come esperienza spaziale oltre che temporale. Le stanze, luoghi fisici densi di significati metaforici, sono tanto tratti semantici dell’abitare quanto spazi interiori e unità metriche della poesia.

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Il percorso espositivo, rendendo il visitatore partecipe della dinamica e del movimento delle immagini, si articola tra senso di appartenenza e sentimento di perdita, soglie e confini, tra interiorità e esteriorità. A introdurre la mostra, Marcher à coté de ses lacets dans un frigidaire vide (2004), installazione sonora che implica l’idea dell’attraversamento di un labirinto trasparente alla ricerca di un taccuino scritto in polacco nel 1920 e appartenuto alla madre della madre dell’artista. Unica cosa di lei rimasta, non molto e allo stesso tempo un intero mondo. Sono inoltre in mostra, My Mother Laughs Prelude (2012), Femmes d’Anvers en Novembre (2008), un’installazione video a canali multipli in cui il racconto di geografie femminili che respirano all’unisono e il gesto ripetitivo della donna che fuma si riconnettono alla ritualità del quotidiano di Jeanne Dielman (1975), il film con cui Akerman si è imposta all’attenzione della critica. Dai suoni urbani e dalle mutevoli immagini, prive di ogni narrativa, di Tombée de Nuit sur Shanghai (2007): porti, acqua, navi, passanti casuali, le enormi insegne pubblicitarie come anche la linea dell’orizzonte di Shanghai e la notte che in tempo reale cala sulla città, a La Chambre (1972-2007). Qui, Akerman, regista e al contempo attrice silenziosa, indaga la realtà moltiplicando lo spazio domestico. Il luogo dell’indagine estetica e concettuale sul tempo che passa è l’interno di una stanza che si dilata attraverso il movimento ipnotico e circolare della ripresa.

Sul custodire e il perdere, allude a quell’indistruttibile che resta e resiste ad ogni corrosione, ma anche al processo stesso di editing richiesto dal montaggio, vero atto cruciale di un film