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Elisa Mishto indaga la mente in Stay Still

Cinema

Fabrizio Basso

Un film che entra nella mente umana, in quella stessa mente che talvolta va in cortocircuito. E' il primo lungometraggio di Elisa Mishto e si intitola Stay Still. Le musiche sono di Apparat

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È facile parlare di quello che si annida nella mente perché non se ne conoscono i confini. Il difficile è raccontarla da dentro. Tradurla in immagini dopo che quel mondo lo hai indagato con gli occhi di una donna e una regista. Stay Still è il primo lungometraggio di Elisa Mishto che segue il documentario Gli Stati della Mente. La chiave di lettura è al femminile. Julie attraversa la vita seguendo una sua teoria sull’immobilità. Fa la pendolare tra la sua abitazione e una clinica psichiatrica: il dottor Hermann che la segue è prossimo alla pensione. Accudirla toccherà all’infermiera Agnes la quale fatica a contenerla e ne prova attrazione. Ad attenderla a casa Agnes ha una figlia di tre anni che le si oppone. Si sa sempre più sottile il confine tra Julie e Agnes. Poi c’è la figura sulfurea ed evanescente di Rainer (Giuseppe Battiston) che ricorda il concetto panottico di Bentham. Su tutto corrono come nubi le musiche di Apparat.

Racconta Elisa Mishto che “il film è lo sviluppo naturale del documentario. Condensa due anni di ricerca nelle cliniche psichiatriche, un mondo e dinamiche che mi hanno affascinato e influenzato”. Ci sono tanti anni di approfondimenti in Stay Still, figli di letture e film (Elisa cita Qualcuno volò su nido del cuculo), la ricerca di una filosofia che “mi ha portato a comprendere quanto sia cambiato nel tempo l’approccio rispetto al paziente. Quelli che ho incontrato erano tutti autonomi tranne uno. Posso dire che è cambiato tanto nella tutela dei diritti ma non è cambiata la malattia: non si guarisce, si può solo trovare una cura che la contiene e che resta debilitante. La psiche si deteriora e nessuna legge può cambiare lo status quo”.

Parlando con Elisa ho rivisto il capitano Drogo de Il Deserto dei Tartari di Dino Buzzati. Nei racconti della regista c’è il medesimo, devastante senso dell’attesa. Non si guarisce, si può solo sperare in un equilibrio: “Il paziente vive nell’attesa, senza amici e in un isolamento che porta alla scarnificazione della persona”. Il fatto che sia le donne protagoniste del film “è una scelta consapevole. Nella prima stesura l’infermiere era un uomo. Ma qualcosa mi infastidiva. Ho optato per due donne per evitare una situazione da “io ti salverò”. All’origine c’è il desiderio di raccontare anche una amicizia e il mondo femminile, visto che sono madri e figlie. Ci aggiungo la riscoperta del femminismo: gli eroi erano sempre uomini, le donne stavano all’ombra. In Top Gun chiunque voleva essere Tom Cruise. E’ un film che io, da spettatrice, vorrei vedere”.

Per le musiche si è confrontata con Sascha Ring che è Apparat oltreché il volano del progetto Moderat. Per altro c’è la firma di Elisa nel brano Running dei Moderat. In origine si pensava non fosse necessaria una soundtrack originale, soprattutto lo credeva Sascha. Ma la Mishto, da regista, sapeva che alcune immagini necessitavo di musica viva per essere complete “e dopo lunghe riflessioni lo ho convinto a fidarsi di me. Io vengo dai film degli Anni Novanta e le loro musiche mi hanno influenzato. Ad aiutarmi sono giunti i ritardi nei finanziamenti e pertanto ci abbiamo ripensato, cominciando a scambiarci gli ascolti. Amo il confronto, coinvolgo tutti i miei collaboratori dall’inizio, germoglia tra noi un rapporto quasi personale. Ciò aiuta quando i processi lavorativi sono lunghi”. Con Stay Still il viaggio nella mente di Elisa Mishto può definirsi concluso. Altri mondi la attendono.