Tango glaciale, creato da Mario Martone a 22 anni con il suo gruppo Falso Movimento, viene oggi “reloaded” da Anna Redi e Raffaele Di Florio sulle misure di tre giovani “danzattori”, che in quel lontano 1982 non erano nemmeno nati. In regia l'Aterbaletto e il suo direttore Gigi Cristoforetti
Non un'operazione nostalgica, ma la “ricarica” di uno spettacolo che fu il manifesto di un'epoca: Tango glaciale, creato da Mario Martone a 22 anni con il suo gruppo Falso Movimento, viene oggi “reloaded” - in prima nazionale domenica 1 luglio al Teatro Alighieri (ore 21) - da Anna Redi e Raffaele Di Florio sulle misure di tre giovani “danzattori”, che in quel lontano 1982 non erano nemmeno nati. Nel percorso del Progetto RIC.CI a cura di Marinella Guatterini che ricostruisce la memoria coreografica degli anni Ottanta e Novanta in Italia, si inserisce a pieno titolo anche questa pièce del regista napoletano, a dimostrazione di quanto – in quell'epoca fertile – anche il teatro sperimentale si muovesse in una direzione fisica, refrattaria a testi e parole come unici veicoli espressivi. Tango glaciale reloaded corre per l'arco di sessanta minuti fra esplosioni di immagini, musiche pop, jazz e non solo, danze e citazioni. Facendo affiorare un affresco postmoderno, dalla freschezza intatta a distanza di ben 36 anni.
A convincere Martone a rimettere in piedi questo straordinario marchingegno scenico c'è voluto il “dolce assedio” - come lo chiama il regista – di Marinella Guatterini, Gigi Cristoforetti, il museo Madre di Napoli che nel frattempo ha ideato una retrospettiva sul lavoro di Martone e il teatro Bellini che ha ri-prodotto, con la Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto, Tango glaciale reloaded, approdato infine sulle scene del Ravenna Festival, dove debutta ufficialmente dopo un'anteprima a Napoli. Di quell'avventura primi anni Ottanta si ricorda il clamore internazionale e più di tre anni di tournée in mezzo mondo, da New York, dove lo videro Martin Scorsese, Laurie Anderson e Andy Warhol, a Gerusalemme, da Londra a San Francisco. Un successo da concerto rock che Tango glaciale riscosse sia al Quirino di Roma (allora teatro istituzionalissimo) e alla Biennale di Venezia. Ma il Tango di oggi non è e non vuole essere un semplice riallestimento, anzi, precisa Martone che l'intento principale è stato “mettere il lavoro alla prova di una generazione lontana dall'essere concepita quando lo spettacolo nasceva. Tutto è diverso”. Diversi i corpi: nel 1982 erano quelli di Tomas Arana, Licia Maglietta e Andrea Renzi, oggi sono Jozef Gjura, Giulia Odetto e Filippo Porro. Diverse le mitologie di riferimento (il cinema, la new wave), rivisitate e corrette alla luce del mondo contemporaneo. Medesima invece l'energia travolgente, il magma visionario che ne costella lo svolgimento e l'uso della tecnologia che, ieri come oggi, apre a nuove prospettive. Con la sua immersione in un caleidoscopio di visioni vertiginose, di prospettive spiazzanti, il suo formato da parabola di fantascienza, Tango glaciale reloaded torna a incantarci con le sue invenzioni continue. Con quel flusso di (in)coscienza creativa che ha felicemente infestato il nostro sguardo negli anni Ottanta e che torna a splendere sulla scena di oggi.
Progetto, scene e regia sono di Mario Martone, gli interventi pittorici sono quelli di Lino Fiorito come allora e così le ambientazioni grafiche di Daniele Bigliardo e le parti cinematografiche a cura di Angelo Curti e Pasquale Mari, la colonna sonora elaborata da Daghi Rondanini, i costumi di Ernesto Esposito; le elaborazioni videografiche passano invece a Alessandro Papa. Una dedica speciale Martone la fa ai compagni di quella meravigliosa avventura che non ci sono più, come Bruno Esposito e Giancarlo Coretti dei Bisca, il gruppo che ha composto il tango esploso, e con loro Dario Jacobelli e i suoi versi che erano “illuminazioni continue”, Gigi D'Aria tra i sostenitori amici.
Mettiamo in moto la memoria è il leitmotiv del Progetto RIC.CI (nato nel 2011), ideato da Marinella Guatterini. Un progetto che punta a dare risalto e a ricostruire la memoria della danza contemporanea italiana dall’inizio degli anni Ottanta sino agli inizi dei Novanta - capitolo oscurato dove invece si ritrovano elementi fertili di una creatività tutta italiana e una capacità progettuale che incrocia arti diverse in modo originale. Ravenna Festival, partner del progetto RIC.CI, ne ha già proposto in precedenti edizioni altri spettacoli e precisamente: Duetto (1989-2011) coreografia di Virgilio Sieni e Alessandro Certini, La boule de neige (1985-2013) di Fabrizio Monteverde, liberamente tratto da Les enfants terribles di Jean Cocteau, Calore (1982-2012) regia, coreografia, scena e costumi di Enzo Cosimi, Pupilla (1983-2014) di Valeria Magli con DanceHaus Company, Terramara (1991-2013) di Michele Abbondanza e Antonella Bertoni che ne ha curato il riallestimento, e-ink (1999-2015) di Michele Di Stefano, Uccidiamo il chiaro di luna (1997-2015) di Silvana Barbarini.