Il cinema che non conosci si propone di aiutare a far scoprire quei film “minori” che, per budget o per scelte tematiche, rimangono un po’ nell’ombra mentre meriterebbero di avere spinte promozionali più significative e impulso distributivo più ampio e convinto. Come Involuntary di Ruben Ostlund in questi giorni al Cinemino di Milano e in altre sale d'Italia. A seguire la recensione del film.
Non è un documentario. Gli attori che recitano ci sono. Non è neppure una commedia. Perché troppo simile alla realtà. Eppure solitamente il cinema è lo specchio della realtà. Una contraddizione? No, quello che Ostlünd intende fare con Involuntary è una sorta di esperimento socio - antropologico. Come se nascondesse la telecamera per spiare uomini e donne che recitano la realtà, senza montaggio, senza tagli. Gli attori, liberi dalle costrizioni imposte dagli obblighi della finzione, reagiscono agli stimoli come se si trovassero realmente nelle situazioni presentate.
Ostlünd regala loro tutto il tempo che ritengono necessario per sviluppare l'azione, per costruire un rapporto credibile tra loro. Perché è proprio questo che sta a cuore al regista: raccontare come cambia il comportamento di un individuo inserito in un gruppo. E come spesso le dinamiche collettive finiscono per modificare e talvolta anche annullare scelte e valori personali. La società descritta è quella svedese ma il quadro che ne emerge potrebbe essere trasferito in ogni altro contesto. Perché le situazioni analizzate da Ostlünd sembrerebbero essere valide ovunque e sempre.
Il titolo stesso indica che, all'interno di un gruppo, la personalità dell'individuo muta in modo involontario e quasi inevitabile. Tante le circostanze possibili. Ana, poco più di una bambina, ma in compagnia delle amichette si trasforma in una lolita che posa maliziosa e ammiccante davanti alla webcam, beve alcol e stuzzica uomini incontrati sull'autobus. O per un uomo che adegua il suo comportamento alla situazione, la sua festa di compleanno, a casa sua. Fa l'eroe e si avvicina a un petardo imploso, si ferisce, sopporta senza chiamare i soccorsi pur di non rovinare la serata agli amici. O ancora per un gruppo di ragazzotti perditempo. Si trovano a scherzare oltremisura con uno dei loro. É divertente, ma c'è un limite e se ne accorgono troppo tardi.
L'unico montaggio presente nel film è nell'interruzione brusca di ogni situazione proprio nel momento in cui sta per compiersi una svolta. Più storie alternate e interrotte a intrecciarsi tra loro come in un unico puzzle dove il disegno è diverso ma il bordo si incastra perfettamente con il bordo degli altri pezzi. Come se il meccanismo in queste situazioni fosse sempre lo stesso e fosse Involuntary, involontario.