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Per mio figlio. Emmanuelle Devos porta in scena il dolore di una madre

Cinema

M. Beatrice Moia

Mercoledì 7 marzo alle 21.00 su Sky Cinema Cult, PER MIO FIGLIO di Frédéric Marmoud con Emmanuelle Devos e Nathalie Baye

Il confronto tra due donne e la loro figura di madri in una pellicola mossa dalle coinvolgenti interpretazioni di Emmanuelle Devos (Sulle mie labbra) e Nathalie Baye (È solo la fine del mondo). Diane lascia la clinica dove è ricoverata e si reca a Évian perché ha un solo pensiero: trovare l’automobilista che ha investito suo figlio e distrutto la sua vita. La strada per la vendetta la porterà inaspettatamente a stringere amicizia con la misteriosa Marlène. 

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Diane Kramer è una donna distrutta, una madre orfana di figlio. Un ragazzo adolescente che le è stato strappato da un pirata della strada. Investito e abbandonato sul ciglio, lasciato morire come neppure si farebbe con un gatto. Nel giro di pochi istanti la vita perde tutto il suo senso. Corpo e mente smettono di reagire a qualsiasi impulso vitale. Nulla ha più importanza. Quando un filo di ragionevolezza riemerge dalla nebbia della mente, Diane scappa dalla clinica dove è ricoverata. Le cure dei medici non sono più necessarie, Diane ritrova le forze per badare a sé. Non perché il cuore sia guarito dal cancro del dolore, ma perché ha trovato un modo per reagire e sopportare. Come? Cercando la vendetta. Diane riesce a sopravvivere esclusivamente per trovare le persone che le hanno strappato il figlio. Le persone che guidavano quella dannata Mercedes color moka e che, a quanto sembra, vivono a Évian. E così, da Losanna, Diane si sposta nella cittadina francese, dove convergono tutti gli indizi. Ma nel tentativo di raggiungere il suo obiettivo, Diane deve confrontarsi  con sensazioni ed emozioni  che aveva messo in conto di riuscire a tacitare e che, in ogni caso, l’aiutano a riemergere dalla disperazione. In un momento così buio trova l’amicizia di un’altra donna, un’altra madre. E la strada verso la vendetta si fa tortuosa, rallenta, devia e prende altri percorsi, nuovi e inaspettati. Se all’inizio Diane è come cieca, guidata esclusivamente dall’odio, l’esperienza imprevista di un nuovo incontro la porta a riscoprire l’esistenza di un'altra realtà, al di là del suo dolore. E così anche questo sentimento distruttivo riesce ad affievolirsi, assorbito e poi frammentato attraverso le infinite facce del  prisma dell’umanità. La vita e il mondo continuano anche dopo la morte di un figlio. E Diane se ne accorge grazie all’amicizia con Marlène, una madre appunto che, come lei, ha le sue croci. La forza del film, che è ispirato a un romanzo di Tatiana de Rosnay del 2006, sta proprio nel rapporto di empatia che le due bravissime attrici riescono a creare tra loro e che consentirà alle due donne, rispecchiandosi l'una nelle sofferenze dell'altra, di trovare nuovo senso e nuove speranze per tornare a vivere.