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Festival di Locarno al giro di boa

Cinema

Michele Sancisi

David Lynch e Henry Dean Stanton in Lucky

Amore, vecchiaia e altre catastrofi. Al giro di boa della sua 70ma edizione, celebrata senza sfarzo ma con la solita passione cinefila, il Festival di Locarno ha già messo in tavola molti dei suoi piatti migliori, di cui la puntata di Sky Cine News di venerdì 11 agosto offrirà un report in anticipo di un giorno sulla chiusura della kermesse svizzera. Molti film, ospiti internazionali e una piccola ma buona rappresentanza italiana

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Molti applausi, risate e qualche lacrima in Piazza Grande hanno accolto il nuovo film di Francesca Comencini, Amori che non sanno stare al mondo il cui cast era stato più volte applaudito anche nel corso della conferenza stampa dal pubblico più difficile, quello dei giornalisti accreditati. C’è molto cuore, oltre alla mano sicura di un’autrice giunta alla sua piena maturità espressiva, nella storia di un amore che nasce e finisce (in un’unica bolla temporale) tra due rappresentanti della generazione dei “nuovi giovani” 40-50enni (quelli che una volta erano di mezza età). Amore senza impegno da parte di lui, totale e un po’ ossessivo da parte di lei, che non sa farsi una ragione e “deporre le armi” quando tutto sembra finito. Una difficile elaborazione della separazione, perché “la pacificazione sarebbe devozione” sostengono le due sceneggiatrici Francesca Manieri e Laura Paolucci, che hanno rielaborato un romanzo omonimo della stessa regista (edizioni Fandango, come la produzione del film). 

Alla base ci sono frammenti di un discorso amoroso che discende da Barthes e da tanto cinema francese per innestarsi nella realtà italiana di due professori universitari prima in conflitto, poi amanti e quindi nemici di una guerra tra i generi dove attrazione e repulsione sono i poli opposti della stessa calamita. Un film importante, che nei cinema vedremo a novembre, quello della Comencini, che dopo un ottimo precedente come Lo spazio bianco e tante puntate di Gomorra La Serie ha acquisito una impressionante padronanza degli attori e della ritmica delle emozioni. Lucia Mascino (in un personaggio molto diversi rispetto al commissario dei I delitti del BarLume) è una protagonista perfetta, con la sua naturale irruenza a innervare un personaggio di donna quasi alla Cassavetes, contraltare della olimpica vaghezza di lui, interpretato da un bravo Thomas Trabacchi. Prove di attori e di regia che potevano senza dubbio ambire a premi importanti se una incomprensibile logica festivaliera non avesse escluso dal concorso un film come questo. 
Concorso che ospita quest’anno un solo film italiano, la crime-story esistenziale padana Gli asteroidi dell’esordiente Germano Maccione, che si distingue per una partecipazione di Pippo Del Bono nei panni di un cattivo assoluto, con poche sfumature e di una Chiara Caselli madre rovinata di un ragazzo che galleggia tra crimine e retta via e di un Tatti Sanguineti che fa il prete di campagna. Una regia sensibile, ricca di temi e di toni, ancora priva di una originalità forse da mettere a fuoco con il tempo. Anche Gli asteroidi approderà nelle sale italiane tra ottobre e novembre prossimi.
Sorrisi e malinconia si fondono anche nel gustoso Lucky prima regia dell’attore americano John Carroll Lynch, il cui nome non dice molto ma la faccia si (è quella, per esempio, del marito di Francis McDormand in Fargo). Nessuna parentela con David Lynch che tuttavia è la guest star di un film di caratteristi, come lo stesso autore, che ruota attorno al superlativo protagonista Henry Dean Stanton, novantunenne faccia “lynchiana” che interpreta un vecchio ragazzo ribelle che vive a modo suo nel maestoso e desolato scenario western americano. Un film sulla vecchiaia, senza una trama ma pieno di situazioni indimenticabili, senza un grande “cast”, ma ricco di attori bravissimi e soprattutto ricolmo di memorie cinefile stratificate in un mondo filmico che ha la dimensione mitica del western e la profonda umanità di un quotidiano universale e inevitabile per chiunque, quello dell’avvicinarsi della fine. 
Sul crinale tra favola e realismo naviga anche Chien, film franco-belga con la ex signora Depp, Vanessa Paradis e Vincent Macaigne diretti da Samuel Benchetrit. Siamo ancora alla fine di un amore (di cui non si riesce ad immaginare l’inizio) con una simmetrica divaricazione di vie d’uscita rispetto al film della Comencini: lei totalmente indifferente e pronta a ripartire con un nuovo compagno e padre per suo figlio, lui talmente scosso da perdere a poco a poco il contatto con la realtà e persino la sua dimensione umana per trasformarsi in un cane e… (il sorprendente finale non si può rivelare). Un film originale, crudele ed esilarante allo stesso tempo, che speriamo di vedere anche sugli schermi italiani dove di solito arrivano da Oltralpe solo commediole “carine” e poco altro.