Scala, Frédéric Olivieri: “Il teatro guida lo spettatore verso il bello, passo dopo passo”

“Il teatro è sempre emozionale. Davanti a uno spettacolo classico, onirico o all’avanguardia ci si emoziona, si riflette, si prende consapevolezza di qualcosa. Il teatro prende lo spettatore e lo porta sempre più vicino al bello, un passo in più ogni volta”. È questo il ruolo del teatro per il direttore del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala di Milano Frédéric Olivieri. Lo abbiamo incontrato per parlare del suo ritorno alla guida della compagnia, del Peer Gynt in arrivo per la prima volta sul palco del Piermarini , della prossima stagione, della scuola di ballo che dirige da oltre 20 anni e per ricordare quando, nel 2003, fu proprio lui a nominare étoile Roberto Bolle che ha appena compiuto 50 anni. Maestro, questa sua terza volta come direttore del Corpo di Ballo della Scala inizia con una prima. Sta infatti per andare in scena Peer Gynt, il balletto di Edward Clug che arriva per la prima volta alla Scala. Un balletto narrativo e molto teatrale, una coreografia onirica ed esistenziale tratta dall’omonimo testo di Henrik Ibsen e dalla musica di Edvard Grieg. Come lo descriverebbe? È la prima volta che viene affrontato da una compagnia italiana. Clug, il coreografo, è qui alla Scala, sta provando con i nostri danzatori e devo dire che sono prove molto particolari. C'è tanto contemporaneo ma anche tanto teatro. I danzatori parlano, urlano, ridono, è uno spettacolo molto articolato. Anche in scena ci sono elementi scenici molto importanti. E poi la musica è straordinaria, con il coro che aumenta ancora di più la potenza di quello che accade. Tutto questo porta il balletto ancora più su e la compagnia in questo momento è “a mille”. Sento una tensione positiva veramente molto bella. Ci sono tantissimi ruoli e devo dire che ho scoperto anche due o tre artiste che non avrei pensato potessero dare così velocemente quello che chiede il coreografo. In arrivo, il 15 maggio, anche il Gala Fracci. Lei ha dichiarato di voler riportare in questa serata un repertorio più vicino a quello che ha caratterizzato la carriera della grande danzatrice italiana. Ci può anticipare qualcosa? Carla ha interpretato tantissimi ruoli e potremmo fare gala all'infinito. Ci sono anche dei balletti che si sono un po’ persi e che vorrei provare a recuperare. Ho cercato di fare proprio questo: trovare dei ruoli che sono stati creati per lei e che poi sono stati un po' dimenticati. Certamente non mancheranno i grandi capolavori. Sarà un omaggio della compagnia, insieme a qualche ospite, a Carla Fracci, stella immortale della danza. E sulla nuova stagione che sta preparando? Lei nelle sue precedenti direzioni ha portato anche coreografie che non si erano mai viste qui alla Scala, come Woolf Works di Wayne McGregor… Ho lavorato e sto lavorando anche per portare coreografi che non sono mai venuti in questo teatro. Credo sia un’opportunità per la compagnia ma anche per il pubblico che può vedere balletti che non conosce. Sarà una stagione equilibrata, come sempre, tra il classico, il neoclassico e il contemporaneo, con dei grandi nomi della danza che non sono mai stati presentati in questo teatro. Roberto Bolle ha appena compiuto 50 anni. È un danzatore che ha scritto, e continua a scrivere, la storia di questo teatro e non solo, vista l’eco internazionale che ha avuto. Ed è stato nominato étoile proprio quando c’era lei come direttore del Corpo di Ballo della Scala nel 2003, che ricordo ha di quel momento? Ricordo la grande emozione. Ero arrivato da poco e avevo notato subito sia Roberto Bolle che Massimo Murru, che avevano la denominazione di “artisti residenti”. Così andai dal sovrintendente Carlo Fontana per chiedergli di nominare entrambi étoile, come Alessandra Ferri. E lui mi diede subito l’ok. Aspettai l'arrivo delle lettere, le presi e, all'insaputa di tutti, alla fine di una lezione entrai in sala ballo per consegnarle davanti a tutta la compagnia. Scattò subito un grande applauso per loro da parte di tutti i colleghi. Roberto era molto emozionato. E da lì ha continuato la sua crescita e carriera. E continua ancora. Si diventa étoile della Scala quando si ha qualcosa di eccezionale. Oggi è facile capire cosa ha di eccezionale Roberto ma allora cosa l’aveva colpita? La serietà con cui affrontava il suo lavoro, l'impegno, la dedizione, la consapevolezza delle sue qualità, lo studio continuo per migliorarsi. Mi ha sempre affascinato vedere questa ricerca della perfezione in Roberto come in Rudolf Nureyev. È una qualità rara. Roberto è un frutto della Scuola di Ballo della Scala che lei dirige da oltre 20 anni, come molti altri danzatori di questa compagnia. Quali sono i punti di forza dell’Accademia? Senza dubbio la grande tradizione che abbiamo. Questa scuola ha più di duecento anni di vita e ha formato tantissimi artisti, étoile, primi ballerini, danzatori. Merito dello staff di insegnanti che hanno grande professionalità, passione, impegno. E poi i nostri allievi hanno la possibilità di fare tantissimi spettacoli e questo è fondamentale. Perché per i ragazzi prima si sale sulla scena e meglio è. Nella danza si ricomincia ogni giorno da capo. Anche se la sera prima si ha avuto il più grande successo della vita ci si ritrova ogni mattina alla sbarra a confrontarsi con i propri limiti e difetti, a studiare ogni giorno… Sì, questo è un po' il motore della vita dell'artista e del ballerino che ogni giorno si rimette non in discussione ma sicuramente in moto per non perdere tutto quello che ha acquisito e costruito. La sbarra è essenziale, tutti i giorni. La lezione, le prove, lo spettacolo. Questa è la vita di un danzatore. Qual è secondo lei oggi il ruolo del teatro di cui si è appena celebrata la giornata internazionale? Un ruolo di riflessione, di bellezza e anche di consapevolezza. Il teatro è sempre emozionale, che sia uno spettacolo classico, onirico o all’avanguardia. Il teatro prende lo spettatore e lo porta sempre più vicino al bello, ogni volta un passo in più.

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