La Triennale omaggia Elio Fiorucci, per conoscere il grande creativo nella sua profondità
SpettacoloIl nuovo appuntamento con la rubrica Flash ci accompagna all’interno della Triennale di Milano per quella che è la più importate mostra mai dedicata a Elio Fiorucci. Una retrospettiva che intende proporre un nuovo sguardo sulla figura di questo creativo visionario. Fino al 16 marzo alla Triennale di Milano.
Fiorucci creativo e Fiorucci imprenditore, ma anche Elio uomo. E’ questo l’aspetto più evidente che emerge visitando la retrospettiva che Triennale dedica a Elio Fiorucci, perché l’intento è proprio quello di accompagnare il visitatore nella profondità dell’anima di questo creativo visionario.
“Penso che Milano abbia un debito gigantesco verso Elio Fiorucci”, afferma Stefano Boeri, Presidente di Triennale Milano. “Abbiamo voluto riempire, proprio qui dove il fenomeno Fiorucci è nato ed esploso, il vuoto di una formidabile amnesia. Milano, grazie a Fiorucci, è stata infatti per almeno due decenni uno dei magneti delle idee più avanzate della cultura giovanile internazionale e la culla delle contaminazioni più fertili e audaci non solo tra moda, design, arte visiva e pubblicità, ma anche tra cultura e commercio. Invadendo di colori e forme la Milano cupa degli anni Settanta e poi esportando la sua cometa cromatica nel mondo, Elio Fiorucci ha dato alla sua città il regalo di un primato nella creatività internazionale.”
Elio fiorucci, creativo d'avanguardia e imprenditore visionario
Gillo Dorfles lo definì il Duchamp della moda, proprio per la sua capacità di colorare il mondo che lo circondava di creatività e fantasia.
Classe 1935, milanese doc, ma soprattutto anticonformista. Elio Fiorucci è stato un designer d’avanguardia ed un imprenditore visionario.
“Fiorucci è stato un protagonista indiscusso della cultura, dell'arte, della moda, della pubblicità, del design, dell'arte visiva degli anni 60/70/80”, ci racconta Stefano Boeri. “E’ stato un personaggio abbastanza unico, perché ha saputo guidare in modo silenzioso, ma con una precisione e anche con una forza intellettuale fortissima, i personaggi più diversi. Dobbiamo a Fiorucci il fatto di aver introdotto il design radicale a Milano, perché porta lui Branzi, è lui che entra in relazione con Sottsass, con De Lucchi e poi li invita a New York per realizzare il suo studio e in concomitanza apre il suo grande negozio. Insomma, davvero era un caleidoscopio di idee straordinarie.”
La biografia intellettuale di Elio Fiorucci
Un racconto biografico che parte dal tema scritto da un giovane Elio sui banchi di scuola fino a fotografie, documenti d’archivio e soprattutto registrazioni della sua voce.
“Ci sono tante chiavi di lettura anche del materiale di Fiorucci brand che si capiscono quando si capisce che Elio Fiorucci era comunque un bambino che è scappato da Milano durante la guerra. C’è il tema della fuga, del viaggio…”, ci ha spiegato Judith Clark, curatrice della mostra. “E’ una biografia intellettuale, ma comunque si vede la vita che influisce sui progetti.”
Colori fluo, abiti vintage, musica, e quei jeans che hanno liberato i giovani dell’epoca dalle costrizioni. Una moda colorata e mai volgare, quello street style che caratterizzava la sua estetica, perché “la strada”, diceva, “è la mia scuola”.
L’allestimento teatrale di Fabio
Il progetto di allestimento mette in risalto la teatralità delle diverse parti che compongono il racconto. L’intera mostra è attraversata dalla voce di Elio Fiorucci che ripercorre alcuni momenti personali e che viene messa in dialogo con le voci di altri protagonisti della storia dello stilista, dando vita a una narrazione che si intreccia al racconto del marchio.
“Credo che la scelta della curatrice Judith Clark, e anche del progettista dell'allestimento Fabio Cherstich sia molto giusta”, spiega Stefano Boeri. “Ed è un po’ quello che facciamo in Triennale: raccontare il profilo umano dei protagonisti dell'arte, del design e della cultura e non solo le opere. Grazie anche alla ricostruzione della biografia di Fiorucci fatta attraverso la sua voce - perché siamo riusciti a recuperare una straordinario documento che è sostanzialmente un testo da lui commentato - chi viene a visitare questa mostra ripercorre la sua vita a partire da un tema fatto sui banchi di scuola in cui già si capisce però qual è l'aspirazione del bambino Fiorucci, fino ad arrivare agli anni più maturi, agli anni anche difficili”.
Il concept store in galleria Passarella, primo esempio di shopping experience
"Io ricordo la Milano degli anni ‘70 come una città difficile, cupa, attraversata da conflitti aspri, un po’ in bianco e nero”, racconta Boeri. “Effettivamente avvicinandosi a Galleria Passarella si sentiva pulsare questa sorta di esplosione cromatica. Poi entrare all’interno del negozio voleva dire guardare le vetrine che in realtà riportavano quello che stava succedendo a New York, a Londra, a Tokyo e questa cosa era bellissima, era ossigeno puro. Lui fu poi capace di creare qualcosa di originale e di esportarlo, perché in fondo il negozio di Fiorucci New York era un luogo di incontro per intellettuali e artisti di tutte le nazioni, di tutti gli orientamenti e quindi questa sua capacità di pensare alla moda - lui lo dice proprio così - come una “televisione non elettronica che riceve trasmette” era geniale. La moda, diceva, è uno strumento di comunicazione di massa e in effetti anche questo è vero perché sono pochi gli oggetti presenti che non siano anche un pezzo della memoria privata e più intima di molti di noi. Quindi è riuscito a entrare e arrivare anche nella dimensione personale della vita quotidiana.