Alessandro Michele: “Valentino è mitologia, certe volte è una co-direzione”

Alessandro Michele dice di non essere a proprio agio a parlare davanti a una platea di ascoltatori ma non è poi così vero, visto che alla fine del suo intervento a Forces of Fashion, seconda edizione dell'evento lungo una giornata organizzato da Vogue Italia nella Capitale, i presenti all'ex Mattatoio vorrebbero sentirlo raccontarsi ancora per ore. Il nuovo direttore creativo di Valentino è un grande oratore, capace di creare spazi magici anche quando non è alle prese con disegni e tessuti. Per lui questo è un momento speciale, condito dalle emozioni del debutto in passerella con la Maison romana che non lo hanno ancora abbandonato. Nella conversazione con Francesca Ragazzi, la responsabile dei contenuti editoriali di Vogue Italia, parte proprio da qui, dei punti di raccordo che legano Parigi a Roma, la sua città e la sua fonte di ispirazione perenne. Da Roma a Parigi, attraverso l'archivio di Valentino “Le città mi piacciono, mi piace camminare. Parigi, poi, è così simile a Roma. Dal palazzo che ho ereditato con Valentino, si può camminare con gli occhi. Stare lì mi fa stare bene”. Alessandro Michele quando parla di Valentino spalanca gli occhi e fa ampi gesti con le mani, quasi a rendere tangibile la grandezza dell'universo che si è trovato davanti quando è stato nominato direttore creativo della Maison, lo scorso marzo. Non fa mistero, lo stilista, di essersi precipitato a vedere l'archivio del brand nel primo giorno del suo nuovo lavoro. “Ero troppo curioso”, ammette. "Lì dentro ci ho trovato intrappolata la vita che rifiutava di pensare alla morte”. In queste parole c'è anche la chiave di lettura della sua prima collezione da Valentino “che qualcuno ha visto come polverosa, passé”, dice. Era tutto il contrario. “Pavillon Des Folies”, la collezione Primavera/Estate 2025 di Valentino celebra la vita con frivolezza, in comunione con lo spirito degli abiti che Michele ha scoperto nell'archivio, “indossati da persone che sono state amate, abbracciate, invitate da qualche parte”, aggiunge favoleggiando sui vestiti, oggetti per cui nutre una devozione religiosa. “Valentino è mitologia” Poteva andare ovunque Michele, fermo da qualche anno dopo l'addio a Gucci dove ha costruito un'identità solida conseguendo risultati straordinari, ma ha scelto Valentino, riconoscendosi nella casa di moda, come accade nelle grandi storie d'amore. “Mi sembrava un posto abbastanza unico come non ce ne sono in Italia, né in Francia. Pensando a Valentino non pensavo a un brand ma a un posto dove erano successe delle cose. Valentino sembra un film, qualcosa che non si è mai fermato, eccentrico, vitale, pieno di storia. Pieno di cose che non tocchi, non solo di vestiti”. Da qui, il dialogo quotidiano tra lui e il mito: Valentino Garavani. “È una co-direzione, a volte”, sorride, Michele, raccontando come si rapporta ogni giorno alla creazione tra le mura dell'atelier romano di Piazza Mignanelli. “Puoi sentire la materia creativa, io la manipolo ma non è sempre facile, perché Valentino è mitologia. Anche da Gucci era così, in un certo senso, ma qui la sensazione che certe cose si tramandino è fortissima. È un fluire e io imparo moltissimo, ogni giorno. Sul lavoro mi piace sentirmi un adolescente. Di natura sono molto curioso”. Ed è proprio questo che seduce di Alessandro Michele. Chiunque provi a seguirlo - anche sui social, dove pubblica istantanee delle sue ispirazioni che provengono da mondi eterogenei e lontani - se lo immagina come un ragazzo appassionato, entusiasta e avido di conoscenza. Per lui, classe 1972, l'immaginazione ha sempre contato moltissimo. “Questo lavoro nasce da un rapporto molto profondo tra cose animate e inanimate, nasce dall'essere distaccato dal quotidiano. Io passo il tempo a fare questo. Mentre cammino c'è sempre qualcosa che mi rapisce, dal baffo di un dipinto alla chiusura di una collana. Ho un grande rapporto con gli oggetti, li rispetto molto, sono parte di me”. Le persone “il grande bene da proteggere” Difficile pensare quindi che anche lui sia stato uno dei protagonisti di questa stagione convulsa della moda, caratterizzata da cambiamenti continui e velocissimi ai vertici dei brand e negli uffici creativi. “È un momento strano”, ammette Michele che ha iniziato a lavorare nella moda nei primi anni Novanta e si definisce per questo un tirannosauro del settore. Lui, che ha vissuto a cavallo di rivoluzioni gigantesche, resta dell'avviso che le persone rimangono il grande bene da proteggere. “Io giro con un clan, persone che per me sono famiglia, è con loro che affronto il cambiamento, che è una realtà inevitabile, non solo nella moda”. Il discorso si allarga all'attenzione per i report, i numeri, le prestazioni, centrali nel discorso creativo oggi più che mai. Lo stilista non nega l'importanza di tutto questo ma rifiuta di farsi sommergere da una logica che mette i numeri davanti alle persone. “I numeri, volendo, non esistono. Le persone sì. Io sono Alessandro, non sono un direttore creativo. Questo non va dimenticato”. La moda è una materia gassosa, prosegue lo stilista, è come il cinema, “chi prova ad intrappolarla la distrugge”. Bellezza, affetto, allegria, sono questi gli ingredienti di un processo creativo riuscito, dice e chiede: “C'è un altro modo per fare questo lavoro? In tutte le cose ci deve essere grazia, un senso della misura”. Da Valentino ha trovato tutto questo e, in più, “gli abiti sono meravigliosi, raccontano tante cose, sono un grande serbatoio di umano”.

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