Si tratta di un comedy show ma soprattutto uno spettacolo di “propaganda satirica”: in un momento storico in cui il paese sembra aver perso i concetti fondamentali di solidarietà, condivisione, inclusione e partecipazione
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Il Tour Buonista creato da Massimiliano Loizzi è una storia composta da tante storie che affrontano i temi sociali per cui si battono le onlus e le associazioni coinvolte, e che con le loro complessità e speranze, raccontano chi siamo e si fanno, oggi più che mai, occasione per interrogarci su dove vogliamo andare e cosa vogliamo essere. Inclusione e diversità sono tra le dimensioni più dibattute oggi, e non c’è errore più diffuso di quello di pensare che qualcosa, in quanto presunto “normale” sia anche buono e ineluttabile, ma non saranno le uniche tematiche trattate nello spettacolo: razzismo, accoglienza, stereotipi di genere, politicamente corretto, antifascismo e resistenza, il Tour Buonista parlerà anche di questo, partendo dalla confessione di un uomo disperato e di sinistra, che potrebbe essere ognuno di noi.
Massimo partiamo dalla storia dello spettacolo e partendo dal conetto di buonista, chi è oggi il buonista?
Il senso è domandarselo. Ho pensato a un tour che fosse buonista perché ne parliamo nello spettacolo e ragioniamo sul perché certe parole in alcuni contesti siano diventate parolacce quando dovrebbero essere abbracciate da tutti. Come siamo arrivati a tutto questo? Nello spettacolo io finisco in questura prelevato dalla cabina elettorale e a ritroso ricostruisco cosa è successo, la mia vita e quella del paese.
Credi che la figura del buonista sia la versione 2.0 di quello che una volta si diceva democristiano?
In Italia abbiamo questa vocazione, si nasce ribelli e si muore democristiani. Oggi il buonista è chi ostenta, oggi ci vogliono fare credere che il like siano partecipazione quando è divulgazione. Il democristiano accontentava tutti, il buonista è diventato, nostro malgrado, negativo. Il politicamente corretto spesso cela un razzismo: prima le donne, i gay e le persone di colore non avevano rappresentanza e ancora non ci siamo abituati che ora la abbiano.
Lo spettacolo parte dall’idea dell’uomo di sinistra: è un sopravvissuto oppure è l’avamposto di un movimento che sta tornando?
Nel 2001 ero a Genova e mi aggrego a chi ha detto che il tentativo è degno quanto la riuscita. Noi il mondo volevamo cambiarlo vent’anni fa oggi vogliono cambiarlo i ventenni attuali. Se Elon Musk vuole andare su Marte un motivo ci sarà. Difficile definirlo un avamposto se penso a quello che diceva già molti anni fa Giorgio Gaber. Ma sopravvissuto è ingiusto verso i ventenni che cercano un nuovo linguaggio. Non so risponderti e volutamente.
L’incipit dello spettacolo è in una cabina elettorale, luogo protagonista di tanti film: la nonna di Carlo Verdone in “Bianco Rosso e Verdone”, sono in “Baaria” di Giuseppe Tornatore: perché è così evocativa?
C’è anche in “Sud” di Salvatores. Vado a votare con i miei figli per fare vedere che libertà è partecipazione. E’ come entrare in un confessionale, si sta lì al chiuso e il confessore è la scheda, è una questione individuale che è però parte di un rito collettivo.
L’enorme crisi che ti assale in cabina è politica o esistenziale?
Entrambe. Non se uccidermi o suicidarmi. Inizio a urlare perché arriva la frase della presidente di seggio che dice dei candidati che tanto uno vale l’altro perché è tutto un magna magna. Mi piace raccontare storia personali che possono diventare universali.
L’associazionismo è presente, tra le altre, con Emergency e Arci: i giovani sono attenti a queste realtà? Perché a volte ho la sensazione che realtà quale l’Arci stiano perdendo il senso della comunità.
L’idea studiata con Arci nazionale è di uno spettacolo per riportare la politica dentro i circoli Arci, elemento del quale si sono svuotati. I ventenni di oggi hanno una idea di volontariato ancora più orizzontale. A Emergency sono legato come a Mediterranea, Rescue. Ti racconto un episodio accaduto con mia figlia: mi ha chiesto come cambiamo il mondo così grande noi che siamo così piccoli e io le ho risposto un pezzo alla volta. Ecco per ogni spettacolo piantiamo tre Mangrovie in Mozambico. A fine tour faro uno spettacolo a bordi di Life Support, una nave di Emergency, nell’attesa durante lo spettacolo gonfio un canotto che gira per la sala raccogliendo fondi.
Concordi con chi dice che i ventenni di oggi sono il miglior futuro dal secondo dopo guerra a oggi? D’altra parte sono quelli che hanno riscoperto il senso responsabile e civile della piazza.
In un certo senso sì ma resta difficile dare un giudizio. Le generazioni che falliscono sono un giudizio che può essere dato a posteriori. I ventenni del ’68 erano una bella generazione anche se con dei difetti. Oggi lottano per salvare il pianeta ma con i telefonini in mano che inquinano. Però non hanno riferimenti ideologici, personalmente mi sento più vicino alle generazioni più adulte.
Alla fine di ogni spettacolo aggiungi un tassello al puzzle su chi sei e dove vuoi andare?
In questo spettacolo più che negli altri; ho sempre fatto satira e punto a fornire una riflessione attraverso le risate: la satira deve mettere il dito dove fa male. Scoprire che il pubblico investe e che si commuove, che mi aspetta alla fine per approfondire mi riporta all’idea degli anni Settanta che proponeva il teatro come luogo di riflessione. Per questo ai mei figli dico che papà fa una cosa bella.
Dopo il 28 maggio che accadrà?
Il 10 giugno ho un’altra data a Milano, per l’estate ne arriveranno altre. E poi ci sarà lo spettacolo a bordo!