Teatro, cinema, doppiaggio, televisione. L'amore per il calcio, il ricordo di Aldo Moro, Forrest Gump e soprattutto il ritorno di Renè Ferretti in Boris 4. L’attore si racconta al vicedirettore Omar Schillaci nella nuova puntata delle interviste dedicate ai protagonisti dello spettacolo
È Francesco Pannofino il protagonista della nuova puntata di “Stories”, il ciclo di interviste ai principali interpreti dello spettacolo di Sky TG24. Ospite del vicedirettore della testata Omar Schillaci, con la regia di Roberto Contatti, l’attore si racconta in “La qualità secondo Francesco Pannofino”, in onda giovedì 27 ottobre alle 21 su Sky TG24 (in replica sabato 29 alle 21 e domenica 30 alle 15) e sempre disponibile On Demand. Un viaggio nella sua lunga carriera tra l’amore per il calcio, il ricordo di Aldo Moro, Forrest Gump e soprattutto il ritorno di Renè Ferretti in Boris 4.
Aspettando la quarta stagione di Boris
A dodici anni dalla terza stagione e a undici dal film è, infatti, arrivata l'attesa quarta stagione della serie cult comedy Boris per raccontare ancora una volta, con un linguaggio fuori dagli schemi, il dietro le quinte del mondo del cinema e della televisione italiani. Scritta e diretta da Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscolo è disponibile dal 26 ottobre su Disney+ con tutti gli otto episodi da trenta minuti prodotti da The Apartment, società del gruppo Fremantle. “La prima stagione andò in onda nel 2007, poi ne abbiamo fatte tre - ha ricordato Pannofino -. Abbiamo fatto il film. Poi, purtroppo è venuto a mancare Mattia Torre che era uno dei tre autori di Boris. E allora anche noi, tutti quanti, ci eravamo rassegnati all'idea che ormai l'avventura fosse finita. Poi invece, miracolosamente, le cose belle riemergono sempre e abbiamo fatto la 4ª stagione, naturalmente adeguandola ai tempi: c'è la piattaforma ad esempio. E quindi anche con la modernità dei protocolli, i codici di comportamento, i personaggi di Boris alle prese con queste innovazioni. In questa quarta stagione siamo a Cinecittà”. “Credo che quelli che amano Boris abbiano voglia di rivedere i personaggi ai quali sono molto affezionati. Qui si creano dei paradossi veramente molto, molto divertenti”.
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Ripercorrendo la sua carriera
La chiacchierata di 40 minuti, dai tratti divertenti, oltre a raccontare nel dettaglio la serie e il personaggio sopra le righe di Renè Ferretti ripercorre alcune delle tappe fondamentali della vita e della carriera dell’attore. Partendo proprio dalle sue radici: “Siamo in Liguria, a Pieve di Teco, un piccolo comune dell'entroterra ligure di ponente, in provincia di Imperia. Mio padre era carabiniere e faceva servizio lì e quindi si è sposato con mia madre e dalla Puglia, tutti e due pugliesi, sono andati a vivere lì e siamo nati io e mio fratello. Ho fatto l'asilo lì. Poi in prima elementare mio padre fu trasferito a Imperia e quindi ho fatto le elementari e le medie. Poi ulteriore trasferimento a Roma. Avevo 14 anni e da lì sono romano". Da bambino: “Amavo giocare a pallone, lo amo ancora adesso però probabilmente i risultati non sono eccellenti, giocavo abbastanza bene ero un po’ fissato e passavo così molto tempo. Poi c'era la scuola. Amavo molto giocare a pallone, stare con gli amici”. Da giovane avrebbe voluto fare “il calciatore ma quello che va ai Mondiali, fa segnare l'Italia all'ultimo minuto e le fa vincere il Mondiale. Io ero bravo ma non ero un funambolo e poi non avevo il fisico”. Un episodio particolare nel periodo dell’università quando è stato testimone dell'agguato di via Fani e del sequestro di Aldo Moro: “Abitavo in via Mario Fani, dove abita ancora mia madre. Quella mattina stavo andando a prendere l'autobus per andare all'università perché c'era la lezione di algebra che sarebbe stato il primo esame che avrei dovuto dare. Sono passato lì all'incrocio dove è successo il fatto. Dopo venti metri mi sono fermato all’'edicola e ho comprato il giornale. Stavo guardando la prima pagina e sono partite le raffiche. Io sono scappato dalla parte opposta, poi sono tornato. Ho visto la strage di via Fani”. “Erano tempi veramente difficili”. E poi il mestiere di doppiatore: “All’inizio c’era soltanto la Rai. C'erano solo i canali Rai e il cinema per fare il doppiaggio, quindi i doppiatori erano circa 200 in tutta Italia. Poi c'è stata questa svolta delle tv private che acquistavano materiale dal Sudamerica da tutte le parti del mondo, dal Canada, Svezia e quindi arrivavano queste serie, i cartoni animati, telenovele anche brutte alcune, però che ci davano 1500 puntate e lì c'era bisogno di truppe cammellate che facessero i doppiatori. E io mi trovai in quella mandata, diciamo che doppiatori da 200 diventarono 2000”. Passando per la voce di George Clooney in Ocean Eleven (“Un cast stellare, tutti attori famosissimi. E poi George in quel film era forte perché era simpatico ma nello stesso tempo determinato. Era il capo di questa banda”) a Denzel Washington di Malcom X: “Ottimo film e ottimo Denzel, un grande attore. L'ho doppiato quasi 30 volte. Il conto preciso non lo so. Lui è uno che ti suggerisce come dire la battuta dagli occhi, con lo sguardo fa capire cosa pensa. Non è facile. Sono cresciuto insieme a lui perché lo doppio da molto tempo. Dovevo fare Malcom X e mi ricordo che fu una fatica enorme, perché faceva i comizi, parlava a 300 all'ora, stargli dietro non era facile”. E il Tom Hanks di Forrest Gump: “Aveva questo modo di parlare un po’ così. Utilizzava molto l'accento dell'Alabama che non è riproducibile in italiano. Quindi bisognava trovare una caratterizzazione nel parlare”. E alla domanda su cos’altro gli piacerebbe fare nella vita ha risposto: “Guarda la verità è che sono talmente contento e felice di quello che è successo, che sarei veramente ingiusto a chiedere qualcosa in più”.