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“Moby Dick alla prova”, Elio De Capitani porta in scena Orson Welles

Spettacolo
Foto Marcella Foccardi

In prima nazionale al Teatro dell’Elfo di Milano, da stasera fino al 6 febbraio, l’opera teatrale tratta dal celebre romanzo di Melville riadattata da Elio Capitani, regista e interprete. Un’intensa rappresentazione dello scontro, titanico e insensato, tra natura e uomo. “Parla di noi, oggi, come solo l’arte sa fare. Cogliendo il respiro dei secoli, tra passato e futuro, nel respiro di ogni istante della nostra vita”

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Una prima nazionale, un piccolo capolavoro poco conosciuto. Debutta stasera al Teatro dell’Elfo Moby Dick alla prova, l’opera teatrale di Orson Welles tratta dal celebre romanzo di Melville riadattata da Elio De Capitani. Una nuova produzione, che nasce dalla collaborazione tra l’Elfo e il Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, che sarà in scena fino al 6 febbraio (con repliche poi al Teatro Carignano di Torino dall’8 al 20 febbraio).

La prima volta a Londra nel 1955

Moby Dick alla prova fu messo in scena la prima volta nel 1955 al Duke of York’s Theatre di Londra. Orson Welles, oltre ad essere autore del testo, era anche regista e interprete. Nello spettacolo, una compagnia di attori di teatro abbandona le prove del Re Lear, un uomo spietato e ossessionato dalla vendetta, per dedicarsi a Moby Dick, il cui protagonista è un carattere della stessa pasta emotiva di Lear: il capitano Achab.

Welles andò in scena in prima persona per lottare personalmente con le sue balene bianche. “Fu un successo – ricorda De Capitani – Eppure al pubblico non dà né mare, né balene, né navi. Solo un palco vuoto, una compagnia di attori, se stesso in quattro ruoli: è Achab e padre Mapple, ma è anche Re Lear ed è un impresario teatrale che convince la sua compagnia ad allontanarsi da Shakespeare e a seguirlo in una nuova avventura. Soprattutto Welles al pubblico dà il suo testo, su cui ha lavorato per mesi, trovando appunto una via indiretta per affrontare la sfida di mettere in scena il romanzo: passare per Re Lear, lo spettacolo che la compagnia sta recitando ogni sera, che getta un ponte tra Melville e Shakespeare, scivolando dall’ostinazione di Lear (che la vita, atroce maestra, infine redimerà) all’ostinazione irredimibile, fino all’ultimo istante, del capitano Achab”.

Intensa rappresentazione dello scontro tra uomo e natura

Un testo teatrale potente, quello di Welles, in cui i versi si sposano con il canto. Un’intensa rappresentazione dello scontro, titanico e insensato, tra uomo e natura. “Il testo di Welles è un esperimento molteplice – osserva De Capitani - il blank verse shakespeariano, una sintesi estrema del romanzo, personaggi bellissimi, restituiti in modo magistrale, compreso Achab, e parti cantate. Noi abbiamo realizzato questo spettacolo ‘totale’, con in più la gioia di una sfida finale impossibile: l'apparizione del capodoglio. E con un semplice trucco teatrale siamo riusciti a crearla in scena. Antico, fatto di stoffa e aria”.

E sul cast, che definisce “un equipaggio straordinario”, sottolinea: “Una ciurma d’attori più che pronti alla sfida. Un gruppo che salda le eccellenze artistiche di tre generazioni dell’ensemble dell’Elfo, nel quale anche molti dei giovani hanno un curriculum ricco di premi; quando i teatri erano chiusi, con la vita ferma fuori dalle mura del teatro, gli attori, i musicisti e le maestranze hanno trovato l’assoluta concentrazione e le prove sono diventate un ritiro totalizzante”.

Uno spettacolo che parla di noi, oggi

 

Lo spettacolo è stato creato nei mesi del secondo lockdown. “Poi lo abbiamo lasciato lì perché siamo stati costretti a fermarci - ricorda De Capitani – Ho visto così il video di quello che avevamo fatto, quasi come uno spettatore, e sono rimasto stupefatto. Siamo riusciti a creare un altro mondo, interi oceani su un palcoscenico senza niente. Con pochissimi oggetti. Con una grande forza corale come i canti. Con questi teli bianchi che sono vele ma possono diventare anche balene, mare, fantasmi, orizzonte”. E conclude: “Moby-Dick parla di noi, oggi. Ne parla come solo l’arte sa fare. Cogliendo il respiro dei secoli – tra passato e futuro – nel respiro di ogni istante della nostra vita”.

L’installazione Umanità contro

Lo spettacolo è accompagnato da un’installazione del MUSE – Museo delle Scienze di Trento, intitolata Umanità controopera che indaga il rapporto tra umanità e natura.

Il MUSE – Museo delle Scienze di Trento, con la collaborazione di PAMS Foundation, ha infatti curato l’allestimento che, collocato nel foyer del teatro, propone allo spettatore un’esperienza innovativa di interazione tra il linguaggio del teatro e quelli dell’illustrazione e dell’esperienza partecipativa.

Giocando sulla mutevole prospettiva del fruitore rispetto alle grandi illustrazioni curate dall’artista trentina Sara Filippi Plotegher, l’installazione propone una rilettura dell’iconica lotta tra Achab e Moby Dick offrendo una nuova prospettiva rispetto alla più rilevante sfida della contemporaneità: un nuovo rapporto con la natura che deve prima di tutto passare per una ‘resa dei conti’ interna alla nostra specie.