La sua missione è avvicinare le persone al mercato dell’arte in maniera chiara, facilmente comprensibile e professionale: è nato così il progetto Art Nomade Milan. L'INTERVISTA
Genovese di nascita, milanese d’adozione, Elisabetta Roncati col suo progetto Art Nomade Milan ha sposato la sua formazione universitaria economica/manageriale con la passione per la cultura. Nasce con questa finalità Art Nomade Milan, un blog che recensisce eventi e cura approfondimenti per qualsiasi forma di espressione artistica e culturale, senza preclusioni ma con particolare attenzione all’arte tessile, africana ed islamica. Qui si radica il concetto di nomade poiché, nella concezione di Elisabetta, l’arte travalica i confini nazionali, creando una comunità di appassionati e professionisti globale.
Oggi si usa spesso la parola arte: quale è la tua definizione?
Rappresenta l’espressione umana, poi si può discutere a 360 gradi sulle sue forme. Di certo questo lockdown ha portato una voglia di esternare, un senso di liberazione. Però per arrivare all’arte vera ce ne passa, ora andiamo verso l’estremo opposto: io sono per l'espressività e il lasciare fluire quello che viene ma tutto ha un limite. Non deve essere sacrale se no il pubblico si allontana ma oggi resta difficile a volte seguire gli artisti se si cade nella trappola dei facili proventi apparenti. Bisogna fare attenzione all’equazione "creo e divento ricco", si svolazza troppo da un settore all’altro perché tutto è creatività e arte.
Arte è anche cultura: credi che in Italia si faccia abbastanza per promuoverla?
No e mi spiace essere un po’ esterofila; facciamo poco, l'ho visto col digitale quando la pandemia ha obbligato alcuni operatori, pubblici o privati, a scontrarsi con i mezzi digitali. Io stessa quasi mi vergognavo perché quando parlavo con altri professionisti spesso ero bistrattata. Va sottolineato che all’estero sono le istituzioni private che si muovono mentre qui per lo più sono pubbliche e quindi ci sono i bandi che rallentano tutto.
Quando nasce Art Nomade Milan?
Lavoravo all’epoca in una galleria d’arte e mi ero ritrovata con dei coetanei che, visti i mei studi economico-manageriali, volevano istruirmi su valori economici e artistici in base anche ai giudizi dei critici d'arte. Avevo delle lacune, lo ammetto, e ho fatto corsi di specializzazione e poi da grafomane ho aperto un blog. In seguito sono arrivati i social e il mio progetto si è consolidato.
Hai un fascino particolare per l’arte islamica e quella africano: cosa ti attira?
Quando ho cercato corsi di specializzazione sul mondo islamico o del Medio Oriente e africano, non ho trovato praticamente nulla come dottorato e parliamo del 2017 non della preistoria. Ho iniziato a lavorare con gli Emirati Arabi frequentando corsi, poi nella galleria dove all'epoca lavoravo arrivavano opere d'arte del mondo tessile. Quando da Genova mi sono trasferita a Milano ho scoperto la cultura e l'immigrazione dall’Africa; ascoltando i tg volevo capire di più sul fenomeno migratorio perché le notizie mi sembravano filtrate e volevo andare alla fonte poiché leggendo i giornali notavo divergenze. Gli oggetti lignei le case d’aste italiane non li battevano e per peritare quei pezzi si rivolgevano o a persone anziane o a consulenti chiamati dall’estero. Essendo l'Italia testa di ponte tra quei mondo non può celarsi, serviva una nuova generazione.
Genova ha una grande storia artistica, pensiamo solo al percorso dei Rolli: viene valorizzata adeguatamente?
Ho lavorato con i Musei Civici di Genova proprio per i Rolli, c’è ancora tanta difficoltà, noto una chiusura tra Milano e Genova, per fare un esempio. Prendiamo l'attività social, che sulle grandi città funziona: Genova oltre a essere tagliata fuori dall'Alta Velocità, resta nel suo cantuccio. Ma aggiungo che si sta lavondo per crescere, iniziative ce ne sono. Poi c'è il caso: l'ultima edizione dei Rolli, oltre a essere la prima post pandemia, è stata penalizzata dall'allerta rossa metereologica. Ci sarebbe ancora tanto da valorizzare. Ti faccio un esempio: a Milano praticamente ogni settimana c'è una week dedicata e a Genova? Niente. Eppure camminare nei vicoli è un viaggio nella storia e nella cultura.
Il cinema è sempre stato attratto dal mondo dell’arte: hai dei film che ogni volta che incroci…rivedi?
In realtà ci sono sempre nuovi film da vedere legati al mondo dell’arte, il problema è che rimangono in sala solo tre giorni. Attraverso di loro riesco sempre a carpire informazioni in più, è un bel modo di apprendimento. L’arte devi indurla, devi fare attenzione a evitare i cali di attenzione ma devi lanciare sempre la palla.
Quale è il quadro che vorresti in camera tua?
Ho tanta arte antica o moderna, ho un papà collezionista di antiquariato. Ho una veduta di Venezia e se potessi comprerei un Canaletto ma 2,4 milioni di euro non li ho. Mi affascina il legame con l’acqua e il mare, sarà per le origini liguri. Ho un disegno Pablo Echaurren fondatore degli Indiani Metropolitani: vidi una mostra sul '68, ho conosciuto il fenomeno e me ne sono appassionata. Ho un'opera di Lucio Del Pezzo, una di Franco Mazzucchelli e poi voglio avvicinarmi alle nuove leve ma trovo qualche difficoltà: il piacere deve essere la prima molla, un'opera la acquisto perché mi piace, se faccio altre considerazioni più manageriali magari mi fermo. In generale ti dico che vario molto e mescolo.
Da qui a fine anno quali sono gli appuntamenti con te da non perdere?
Il sito è la mia finestra più professionale, chiunque può raggiungermi attraverso i social, sono sempre presente agli eventi. Il 18 novembre sarò a Roma per Arte in Nuvola. E ti confido che mi piace il mondo della fanzine.