Da Lady Oscar a Occhi di gatto, da Jem a Pollon, la regina indiscussa delle sigle per serie e cartoni animati si racconta al vicedirettore Omar Schillaci nella nuova puntata del ciclo di interviste dedicate ai protagonisti dello spettacolo. Tra una canzone e l’altra, riproposte dai suoi concerti, emergono anche ricordi, riflessioni intime e progetti per il futuro
Cristina D’Avena è la protagonista della nuova puntata di “Stories Live”, il ciclo di interviste ai protagonisti dello spettacolo di Sky TG24 (LO SPECIALE). Ospite del vicedirettore della testata Omar Schillaci, con la regia di Francesco Venuto, la regina indiscussa delle sigle per serie e cartoni animati, da Lady Oscar a Occhi di gatto, da Jem a Pollon, si racconta anche attraverso aneddoti poco conosciuti della sua vita professionale e privata. Tra una canzone e l’altra, riproposte dai suoi concerti, emergono anche ricordi (“Feci il primo provino a Bologna perché furono proprio i frati dell’Antoniano a dare il mio nome per Bambino Pinocchio, scritta da Augusto Martelli e arrivata in Hit Parade”), riflessioni intime (“Non so ancora se ci si può sentire realizzati senza figli. Il mio Peter Pan interiore mi diceva ‘non ti preoccupare, hai tanto tempo avanti’, ma non è proprio così …) e progetti per il futuro (“Mi piacerebbe molto tornare in tv, mi manca tantissimo”).
La spiegazione di un successo lungo quarant’anni, Cristina D’Avena, che ha collaborato con decine di musicisti e artisti ed è stata la colonna sonora di generazioni intere, lo individua nel fatto che “i cartoni provocano flashback della propria gioventù” e se “non mi sono mai sentita imprigionata nel mondo dei cartoni, mi è invece molto dispiaciuto sentire dire ogni tanto che quelle dei cartoni animanti erano canzoni di serie B. Mentre sono state scritte anche da artisti come Massimiliano Pani, Piero Cassano (Matia Bazar), Gianfranco Fasano. E’ un genere musicale, non canzoncine”. Una strada lunga iniziata con l’esordio assoluto a tre anni allo Zecchino d’Oro, poi con i primi brani da solista e con il Piccolo Coro dell’Antoniano, fino all’interpretazione di oltre settecento brani. Per quanto riguarda le scelte artistiche dice: “Questo era il mio destino. Tutto quello che mi è successo dal primo momenti ad oggi è tutto arrivato senza cercarlo. Un po' come se il destino mi avesse preso per mano”. “Mi piace talmente tanto quello che faccio – spiega - che non mi sono mai stancata da voler cercar di fare altro. Anche perché, se volessi cimentarmi con il pop, ad esempio, lo potrei fare senza abbandonare la mia comfort zone. Penso inoltre che il mio pubblico non rimarrebbe molto bene se lo abbandonassi. Non lo farei mai”.
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Sulla sua vita giovanile racconta di “una famiglia molto unita, che mi ha dato e insegnato tanto. Ho passato una bella infanzia e una meravigliosa adolescenza”. Rivela di aver studiato medicina (“mi piacerebbe finire, mi mancano solo gli esami dell’ultimo anno e agli esami tutti volevano che cantassi la canzone dei Puffi”) sia perché gli piaceva, sia perché lo desiderava il padre medico (“voleva che terminassi, ma nonostante questo era un mio fan”), e la sua morte dieci anni fa – confessa – “è un dolore che non si spegne mai”. Il suo percorso di vita l’ha portata ad arrabbiarsi di più (“prima ero più tollerante, mi dispiace, e vorrei riuscire a cambiare questa cosa”). Mentre rispetto al fatto di essere considerata oggi anche un sex symbol è serena: “Mi piace anche tirar fuori la mia femminilità, il mio mondo di donna. Senza mai andare oltre, però”. Ammette di essere “un’eterna bambina, il mio Peter Pan viene fuori abbastanza spesso” e confessa le sue più grandi paure: “L’aereo mi fa una paura pazzesca” come il tradimento sia in amore che in amicizia (“è una cosa che mi fa molto, molto male”).