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Teatro Elfo, l'amore tra Cechov e Olga Knipper in "È tanto che non bevo champagne"

Spettacolo

Il 14 febbraio alle 20.30 lo spettacolo "È tanto che non bevo champagne…Dieci quadri sulla lontananza. Le lettere di Anton Cechov e Olga Knipper", progetto visivo di Francesco Frongia Ferdinando Bruni e Ida Marinelli, sarà in streaming sul sito del teatro (fino a domenica 21, ore 20.30) 

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Un lavoro sull’assenza e sulla lontananza. Un progetto di Francesco Frongia che coglie la natura profonda del carteggio tra Anton Čechov e Olga Knipper (la grande attrice che fu interprete delle sue opere e compagna nella vita) e rende omaggio alla loro storia d’amore portando le loro parole lontano dalla scena. Un gioco visivo e virtuale che, sfruttando la tecnica del green screen, diventa oggi più che mai (con un paradosso solo apparente) un atto d’amore per il teatro. Ferdinando Bruni e Ida Marinelli danno voce e corpo ad Anton e Olga, come già avevano fatto due anni fa per una lettura scenica all’Elfo Puccini. Ma in questo progetto originale non è un palcoscenico ad accoglierli: le loro figure attraversano lo spazio e il tempo, abitano luoghi solitari, case abbandonate e deserte, teatri vuoti. 


La loro sterminata corrispondenza, in cui si alternano tenerezza e disincanto, ironia e disperazione, sorrisi e lacrime, rievoca la silhouette di due persone che ci sembra possano entrare dalla nostra porta da un momento all’altro, ma che nel momento in cui ci voltiamo per accoglierle si dileguano per tornare nei luoghi lontani e abbandonati dei loro anni e della loro esistenza. Sono proprio loro i teneri fantasmi che vediamo comparire e scomparire nei dieci quadri di questo video.

Ottocento lettere e una trama fitta di parole 


«Ottocento lettere, una trama fitta di parole che si dipana fra la Crimea e Mosca, attraverso le distanze siderali della Russia di fine ottocento a testimoniare un rapporto amoroso che vive nella tensione febbrile dell’assenza, della lontananza. Una lontananza inevitabile: la malattia di lui lo costringe a cercare il clima (relativamente) tiepido della Crimea, il lavoro di lei la costringe sui palcoscenici di Mosca. Ma forse è proprio questa lontananza a rendere possibile il loro rapporto. Almeno dal punto di vista di lui. “Cagnolina, coccodrillo, bassotto, vecchietta, amami o sposerò un millepiedi, ma benedetta la distanza che ci separa”. “Prometto di essere un marito meraviglioso, ma datemi una moglie che, come la luna, non compaia nel mio cielo ogni giorno.”


È tanto bello scriversi, in fondo le parole sono il loro mondo e quando non sono Jalta e la salute traballante a tenerli divisi, ci si inventa un viaggio solitario
a Nizza, o a Firenze, perché chi non è mai stato in Italia non ha mai veramente vissuto: le lettere, i telegrammi ci metteranno di più ad arrivare e sarà ancora più bello riceverli. 

Le storiche giornate di prova sul palcoscenico del Teatro d’Arte di Mosca diventano la routine che fa da sfondo alla nostalgia di Olga (quella che fra i due soffre di più per la separazione) e le battute e le situazioni più celebri delle commedie di Anton Pavlovic tornano a essere il cicaleccio fastidioso della vita di provincia in Crimea e ci si stupisce quanto il teatro sia debitore a una quantità di seccatori e di signore in improbabili mises verde ramarro che hanno fornito materiale per alcuni dei capolavori più emozionanti dell’arte di tutti i tempi. Poi lui dileguerà definitivamente in un albergo della foresta nera, svanirà come le bollicine della sua ultima coppa di champagne, ma questo non sarà certo un motivo sufficiente perché lei non continui, a scrivergli, oltre il tempo della sua esistenza terrena. In fondo un amore che è vissuto per la maggior parte nel tempo nelle pagine di una lettera può sperare di procrastinare il momento del distacco definitivo fra i due amanti. Olga vivrà una lunga vita, attraverserà tutta la prima metà del novecento e la sua scomparsa avverrà in un’epoca e in un contesto storico lontano anni luce da quello degli anni del suo matrimonio e, molto probabilmente, anche lei come noi, per ritrovare il suo – il nostro – Anton sarà tornata con tenerezza e commozione a rileggere quelle lettere antiche, anche lei, come lui tanti anni prima, avrà avuto la sensazione inafferrabile di vederlo rientrare dalla sua porta». Ferdinando Bruni