Il 6 aprile di 500 anni moriva Raffaello. Verrà celebrato su Sky Arte con Raffaello - Il principe delle arti alle ore 19.40. Aspettando la messa in onda cominciamo a entrare nella sua vita con Anna Orlando, storico dell’arte e curatore, advisor per Arte e Patrimonio Culturale del Comune di Genova
(@BassoFabrizio)
Sono trascorsi 500 anni da quando, per un banale attacco febbrile, è morto Raffaello. Stava, da anni, lavorando alla Trasfigurazione, la sua conquista della perfezione. Verrà celebrato su, storico dell’arte e curatore, advisor per Arte e Patrimonio Culturale del Comune di Genova Sky Arte con Raffaello - Il principe delle arti alle ore 19.40. Aspettando la messa in onda cominciamo a entrare nella sua vita in compagnia di Anna Orlando, storico dell’arte e curatore, advisor per Arte e Patrimonio Culturale del Comune di Genova.
Oggi, 6 aprile, sono i 500 anni della morte di Raffaello. Da dove partiamo per il nostro viaggio nel suo mondo?
Ci sono due cose da evidenziare di cui una assai singolare: muore nell'aprile del 1520 per un attacco febbrile, una coincidenza curiosa visto cosa sta succedendo esattamente cinque secoli dopo.
La seconda?
Quando muore stava lavorando alla “Trasfigurazione”, un'opera che lascia incompiuta e a cui stava dietro da anni, visto che era ossessionato dalla perfezione.
Che non era una prerogativa solo sua, giusto?
Ciascuno di noi dovrebbe avere come obiettivo la ricerca della perfezione in qualunque ambito della vita. Perfezione è un concetto oggettivo, ma anche soggettivo. È chiaro che lui, Michelangelo e Leonardo nei primi cinque anni di quel secolo di Rinascimento, il Cinquecento, raggiungono il punto più alto di una parabola che dopo di loro dovrà scendere, come scrisse Giorgio Vasari nelle sue “Vite dei pittori”.
La raggiungono?
Sì, anche se ne può discutere.
La “Trasfigurazione” rientra nella visione rinascimentale di un mondo perfetto?
Sì e no. Raffaello ci lavora a partire dal 1516 e fa convivere due poli opposti: la perfezione raggiunta dal Rinascimento, un momento di insuperabile bellezza allo stato puro e poi nelle forme, nell'equilibrio…pensiamo alle “Madonne” di Raffaello e Leonardo, o anche al “David” di Michelangelo. Ma nella parte bassa del dipinto c’è anche la premonizione dell’opposto che seguirà: il Manierismo prima, ossia i vari tentativi di imitare l’arte magistrale dei tre grandi del Rinascimento, e poi il Barocco: il mondo è cambiato, si perde quell’equilibrio che dava serenità.
Come lo leggiamo nella “Trasfigurazione”?
Alcune figure sono composte e convenzionali, ma altre, soprattutto nella parte inferiore, sono animate da sentimenti forti e caratterizzate da una gestualità più convulsa. Hanno la sensibilità di un Barocco ante litteram: l’equilibrio ben rappresentato dalla centralità dell'Uomo Vitruviano di Leonardo, quel senso di “io controllo tutto” non ci sarà più. Arrivano le rivoluzioni scientifiche e le guerre a cambiare il mondo.
Chi sono i geni nell’arte?
Sono i visionari, quelli che in anticipo sentono gli umori di quello che seguirà. Raffaello è uno di quelli; protagonista di uno dei tre momenti davvero unici per l’arte, che sono l'epoca greco-romana classica, il Rinascimento e il Neo Classicismo nel Settecento. La sua arte è mentale e perfetta. Ma alla fine presagisce la rivoluzione che verrà dopo il Rinascimento con il Barocco.
Oggi siamo perfetti o imperfetti?
Siamo più vicini al Barocco, che il secolo dei contrasti. L’uomo è al centro non con la testa ma con il cuore e l’anima; con il sentire e con i drammi interiori.
Raffaello faceva emergere i sentimenti?
Vengono descritti ma in modo controllato. Oggi questo non fa di lui un contemporaneo, lo è di più il Michelangelo della “Pietà Rondanini”, non c’è più nell’aria quella perfezione. Anche Leonardo è più contemporaneo, intendo quello delle ombre della “Vergine delle Rocce” o dell’enigmatica “Gioconda”.
La luce c'è in Raffaello?
Sì ma non crea ombre, non ci sono i chiaroscuri né i tagli di luce drammatici di Caravaggio. È tutto lontano dal dramma.
Come diventa un genio?
Si forma nella piccola ma ricca Urbino: è figlio di un pittore di corte del Duca di Montefeltro. In una corte rinascimentale si viveva come su un’isola perfetta, un micro cosmo ideale. La prima sua opera nota è un affresco fatto da bimbo ed è una “Madonna col Bambino”, un tema che ritornerà spesso: sua mamma muore che è piccolo e dunque l'immagine della maternità lo accompagnerà sempre. Le corti sono state culle d'arte. Lì si agiva convinti che la cultura potesse dare un contributo alla vita nella sua quotidianità e dunque ci si circondava di bellezza.
Che cosa accade quando muore Raffaello?
I suoi allievi cercando di prendere il suo posto: ciascuno ambisce a diventare il suo migliore erede. Il primo a imporsi è Giulio Romano che manda a Genova una Pala con la “Lapidazione di Santo Stefano”: è il 1521 ed è considerato un capolavoro. Poi si sposta a Mantova alla corte estense. Ma la vera diaspora avviene nel 1527 con il Sacco di Roma.
Tra gli allievi c'è anche Perin del Vaga.
Lui arriva a Genova nel 1527 alla “corte-non corte” di Andrea Doria, il grande ammiraglio che non era un principe tecnicamente ma veniva considerato tale. Per la Repubblica fa una cosa unica: impreziosisce la sua villa con affreschi di Giulio Romano, Perin del Vaga e chiama Montorsoli per la grande fontana del giardino. La sua riforma del 1528 è fondamentale per Genova: c'è l'alleanza con la Spagna e viene sancito che il Doge abbia un incarico biennale, scelta che riduce il rischio che vengano assassinati rispetto a quando era una nomina a vita.
L’arte è sempre al centro della politica, delle contrattazioni.
Per i mecenati ha una triplice funzione: consente di essere circondati da cose belle, dà prestigio e poi è strategica politicamente, basti pensare alle opere d’arte come doni. Fatto che tra l’altro consente la circolazione delle opere. Anche gli artisti si scambiavano doni: Raffello regala un suo disegno a Dürer, e riceve da lui un acquerello. Altro genio Dürer! Ma questa è un’altra storia…