La compagnia è in tournée a Milano con il balletto che il coreografo francese creò per rendere omaggio all’antica forma di teatro popolare simbolo della cultura giapponese. Sul palco, in una Tokyo moderna, riemerge la memoria. Tra danza, canto e samurai. VIDEO - FOTO
“Non è né necessario né auspicabile che un regista moderno intervenga sull’opera perfetta per deformarne la struttura e spostarne le linee di forza che una elaborata tradizione ha reso inalterabili. Tuttavia, si può sognare kabuki e costruire sulle sue coordinate una creazione moderna che affondi nelle radici della tradizione, nei capolavori del genere, per poi prendere una strada autonoma e differente che si protenda verso l’affascinante giovinezza della nostra epoca”. E’ nato così, come spiegava lo stesso Maurice Béjart, The Kabuki, il balletto creato per il Tokyo Ballet su musiche di Toshiro Mayuzumi in scena al Teatro alla Scala di Milano (FOTO). Un lavoro con cui il celebre coreografo francese scomparso nel 2007 ha reso omaggio all’antica forma nipponica di teatro popolare. A quella fusione perfetta tra canto, danza e mimo, che ancora oggi racchiude l’essenza della cultura del Sol Levante. Patrimonio immateriale dell’Unesco, il kabuki negli anni ha ispirato e fatto innamorare artisti di diversa estrazione. Dal pittore Claude Monet alla scrittrice Marguerite Yourcenar. Da Lindsay Kemp a Maurice Béjart.
Un dialogo tra tradizione e modernità
Così, partendo da una Tokyo moderna, con tanto di schermi televisivi, giubbotti e musica heavy metal, la memoria emerge come la lama di una spada. E sul palco tra kimono, lanterne e quel trucco capace di trasformare i volti in maschere, riprende vita la storia dei 47 samurai rimasti senza padrone. “Noi viviamo il nostro tempo perché viviamo oggi è nell’oggi siamo moderni. Possiamo indagare il passato per vivere e costruire il nostro avvenire. Chusingura è un capolavoro del teatro kabuki che non appartiene solo alla cultura del Giappone ma anche a quella dell’intera umanità. Creare un balletto moderno partendo da questi propositi ci fa capire che, al di là delle epoche, la verità umana di un fatto storico ha valore universale” sottolineava Béjart.
E la sua coreografia è un dialogo costante tra movimenti propri dell’antica tradizione giapponese e il suo stile sofisticato e contemporaneo di danza classica. Tra l’animo dei samurai e quello del Giappone di oggi. “Béjart ha colto lo spirito del Giappone, questa forza interiore delle persone. E ci ha insegnato come esprimerlo” sottolinea a Sky TG24 il primo ballerino della compagnia Yasuomi Akimoto.
Una compagnia custode dei capolavori di Béjart
Proprio con The Kabuki il Tokyo ballet fece la sua prima apparizione alla Scala nel 1986. In questa tournée, dall’11 al 14 luglio, la compagnia, creata 55 anni fa per dare voce o, meglio, corpo alla danza occidentale, ha portato in scena anche titoli del repertorio classico e contemporaneo. Come Serenade di George Balanchine e Dream Time di Jiří Kylián, oltre alla versione de Le sacre du Printemps firmata dallo stesso Béjart che scelse proprio la compagnia nipponica come depositaria di alcuni suoi capolavori.
Un programma eterogeneo che evidenzia quella versatilità che contraddistingue da sempre il Tokyo Ballet.