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Veneto, una conchiglia fossile enorme aiuta a fare luce sul gigantismo

Scienze
Università di Padova

È stata scoperta quindici anni fa da un appassionato di paleontologia in una cava di Possagno. È lunga 33 centimetri e appartiene a una specie finora sconosciuta, caratterizzata da notevoli e particolarissime protuberanze del guscio

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Ha delle dimensioni fuori dal comune il fossile di conchiglia trovato quindici anni fa in una cava di Possagno (Veneto) da Bruno Bizzotto, un appassionato di paleontologia di Treviso: è lunga ben 33 centimetri. Si tratta di un risultato senza precedenti, considerando che la più grande tra quelle viventi è misura circa 13 centimetri e il record tra quelle fossili trovate finora era di 28 centimetri. Dopo il ritrovamento e i necessari restauri, la conchiglia, appartenente alla famiglia delle cipree (diffusa soprattutto nei mari tropicali), è stata data in deposito al Museo di Geologia e Paleontologia dell’Università di Padova. Nel corso di un progetto di revisione della fauna a molluschi fossili dell’Eocene del Veneto, diretto dall’Università di Firenze in collaborazione con l’Università di Padova, il fossile è stato “riscoperto” e “valorizzato”. In particolare, ha permesso di fare luce sui meccanismi del gigantismo in natura.

Le caratteristiche della conchiglia

“La nuova specie di ciprea fossile (Vicetia bizzottoi) è la più grande mai rinvenuta, risale a un intervallo di tempo compreso tra 38 e 34 milioni di anni fa e proviene da una delle cave dismesse di argilla presenti a Possagno, in provincia di Treviso”, spiega Luca Giusberti del Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova. “Studi come questo potrebbero contribuire alla valorizzazione delle vecchie cave di Possagno, ricchissime di fossili ancora  da studiare, ma purtroppo destinate a essere ripristinate, sottraendole così alla scienza e alla pubblica fruizione come geositi”, aggiunge il ricercatore. Per studiare il fossile, il Museo di Geologia e Paleontologia dell’Università di Padova si è rivolto al Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze. Dall’analisi è emerso che l’esemplare fa parte di una nuova specie, caratterizzata da notevoli e particolarissime protuberanze del guscio.

 

Le cause del gigantismo

Nel corso dello studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Reports, i ricercatori hanno indagato i fattori che hanno portato alla genesi della gigantesca specie di conchiglie. “Abbiamo fatto un confronto tra le collezioni di cipree presenti nel Museo di Storia Naturale dell’Ateneo fiorentino e quelle di Padova e paragonato questi dati con quelli della letteratura scientifica”, spiega Stefano Dominici, coordinatore della ricerca e curatore del Museo di Geologia e Paleontologia. “Abbiamo scoperto così che il gigantismo è comparso più volte nell’evoluzione delle cipree e si verifica per una particolare forma di selezione, chiamata “selezione di specie”, descritta per la prima volta da Niles Eldredge e Stephen Jay Gould nel 1972 e di interesse generale per la biologia evoluzionistica”, aggiunge l’esperto.

 

Il legame col cambiamento climatico

Dalla ricerca è emerso anche che queste conchiglie giganti si sono evolute ai limiti estremi dell’area di diffusione del gruppo a cui appartengono, in acque più profonde o comunque più fredde, dove l’ossigeno si scioglie in quantità maggiore. “Le cipree rispondono dunque alla cosiddetta “Regola di Bergmann”, fenomeno per cui al diminuire della temperatura aumentano le dimensioni delle specie, gli individui diventano maturi più tardi e vivono più a lungo. Tra i tanti fattori condizionanti questa regola - verificata in tanti animali marini viventi, come le balene, ma finora raramente dimostrata su base paleontologica - uno fisiologico è la disponibilità di ossigeno. Si capisce, perciò, l’interesse crescente dei biologi marini verso il fenomeno del gigantismo. Uno degli effetti del riscaldamento globale è, infatti, la diminuzione delle dimensioni massime raggiunte dalle varie specie: saranno, dunque, i giganti i primi candidati all’estinzione se il cambiamento climatico continuerà”, conclude Dominici.

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