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La missione Rosetta ha risolto il mistero dell'azoto nelle comete

Scienze

La scoperta è stata possibile grazie ai dati della missione dell'Esa, secondo cui sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko sono presenti sostanziali quantità di sali di ammonio, identificate nei materiali di superficie 

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L’azoto c’è, solamente che è nascosto in alcune riserve saline superficiali. Quanto meno sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, su cui grazie alla missione Rosetta dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa) e allo spettrometro italiano Virtis gli esperti sono riusciti a fare una scoperta molto interessante. In particolare, un team di ricercatori guidati da Oliver Poch del Cnrs, in Francia, è riuscito a mappare la composizione superficiale di questo oggetto celeste, particolarmente scuro a causa di una miscela di composti di carbonio e minerali opachi, ma anche di chiazze di ghiaccio d’acqua e ghiaccio secco.

La presenza di sali di ammonio

I ricercatori francesi, con la collaborazione di esperti dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), sono riusciti infatti a riprodurre in laboratorio un composto che sembra dimostrare le stesse caratteristiche di emissione nell’infrarosso, proprio come registrato da Virtis sulla cometa 67P. Tale impronta infrarossa, fino ad oggi sconosciuta, sarebbe spiegata proprio dalla presenza di sali di ammonio, uno ione composto da quattro atomi di idrogeno e uno di azoto. I risultati di questa indagine, riporta proprio il sito di Inaf, sono stati pubblicati anche sulla rivista “Science”.

L’importanza della missione Rosetta

Le analisi condotte dagli astrofisici che si occupano della missione Rosetta, alla fine delle loro elaborazioni, hanno indicato dunque che l'azoto apparentemente mancante su 67P è, in realtà, nascosto "in sostanziali quantità di sali di ammonio, che sono state identificate nei materiali di superficie della cometa". Si tratta, spiegano ancora gli esperti, di materiale primordiale, che risale probabilmente alle origini del nostro sistema planetario. Questo rilevamento, visto che si tratta di comete che sono considerate alla stregua di fossili del Sistema Solare, può consentire adesso di studiare più nel dettaglio la nebulosa di gas e polveri dalla quale si è formato il nostro sistema planetario. L'analisi dei dati di Rosetta, tra l’altro, si è già rivelata molto utile in passato per gli astrofisici, fornendo loro indicazioni sostanziali sul fatto che i mattoni della vita sono arrivati sulla Terra dallo spazio interstellare e che potrebbero avere origine comune anche a molti pianeti esterni al Sistema Solare.