Aviaria, virus rilevato in acque reflue. Monito Oms: “Attenzione a latte crudo”
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Negli Stati Uniti continua a preoccupare la diffusione del virus tra i bovini da latte, specie dopo la positività al test delle acque reflue di nove città del Texas: questo potrebbe significare che gli animali sono asintomatici. “Il virus dell'influenza aviaria H5N1 è stato rilevato nel latte crudo negli Stati Uniti, ma i test preliminari mostrano che la pastorizzazione lo uccide. Per ora non c’è da temere la diffusione tra gli esseri umani”, ha detto alcuni giorni fa Tedros Ghebreyesus dell’OMS
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- Continua a far paura l’influenza aviaria negli Usa, che dopo il salto di specie è oramai endemica tra i bovini da latte. I controlli e il monitoraggio sul virus H5N1 proseguono. È stato rilevato nelle acque reflue di nove città del Texas nel periodo tra il 4 marzo al 25 aprile, quando sono stati registrati i focolai di aviaria negli allevamenti bovini e un caso umano
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- Gli scienziati negli Stati Uniti stanno monitorando le acque reflue per individuare segni del virus dell'aviaria H5N1, in un momento in cui l'epidemia di questa influenza tra i bovini da latte americani continua a crescere. Con casi confermati in dozzine di allevamenti in nove stati, e circa 300 persone sottoposte a test o monitoraggio dei sintomi dopo il rilevamento di un caso umano, i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) hanno avviato una campagna di monitoraggio delle acque reflue
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- Presso una manciata di siti USA, l'agenzia ha già individuato picchi di influenza A - di cui l'H5N1 è un sottotipo - nelle acque, e sta indagando sulla fonte, ha dichiarato alla Reuters Amy Kirby, responsabile del team delle acque reflue del CDC. Più di 600 strutture negli Stati Uniti riportano dati al CDC sulla presenza di influenza A nelle acque
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- Per gli scienziati queste prove indicherebbero la presenza di animali infetti in modo asintomatico (quando è sintomatico anche il colore e la consistenza del latte cambiano) e quindi una maggior diffusione dell’epidemia tra mucche di quel che viene monitorato con i test. In un recente studio su 150 prodotti lattiero-caseari commerciali che rappresentano impianti di lavorazione in 10 Stati Usa diversi, il team di Andrew Bowman, epidemiologo veterinario della Ohio State University, ha trovato RNA virale nel 40% di essi
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- Queste ricerche forniscono un dato sulla tendenza dell’epidemia ma, rassicurano le autorità, non sono motivo di preoccupazione per gli esseri umani e per i consumatori di latte: non si ritiene, infatti, che la presenza di frammenti genetici virali rappresenti un rischio per la salute umana, poiché la pastorizzazione del latte (cioè il riscaldamento a 72 gradi per 15 secondi) può lasciare traccia di Dna o Rna di batteri o virus morti, o comunque inerti che non trasmettono il virus
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- In una recente dichiarazione in merito resa alla stampa l’8 maggio, Tedros Ghebreyesus, direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ha confermato: "Il virus dell'influenza aviaria H5N1 è stato rilevato nel latte crudo negli Stati Uniti, ma i test preliminari mostrano che la pastorizzazione lo uccide. Il consiglio dell'Oms in tutti i Paesi è di consumare latte pastorizzato"
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- Secondo Ghebreyesus, “il virus finora non mostra segni di adattamento alla diffusione tra gli esseri umani. Sulla base delle informazioni disponibili l'Oms continua a valutare il rischio per la salute pubblica come “basso” per la popolazione generale e “da basso a moderato” per le persone esposte ad animali infetti”. Il virus H5N1 è stato identificato nel 1996 nelle oche in Cina e nelle persone a Hong Kong nel 1997. Dal 2003 “sono stati segnalati 878 casi umani di influenza aviaria” ha detto il Direttore generale Oms
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- “L'adattamento del virus all'uomo non è ancora efficiente. È difficile dire se si adatterà all'uomo tanto da diventare trasmissibile da persona a persona. Si può escludere? No. Succederà sicuramente? Non lo sappiamo”, ha dichiarato Gianni Rezza, docente straordinario di Igiene all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano
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- La scoperta del virus nelle acque reflue “è abbastanza preoccupante perché evidenzia un'enorme diffusione del virus. Una diffusione più ampia di quella fotografata dai contagi segnalati”, ha dichiarato il virologo dell'Università Statale di Milano, Fabrizio Pregliasco