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Epidemie, conoscere le specie animali aliene aiuta a prevenirle

Salute e Benessere

La ricerca, coordinata da Nicola Ferrari, docente presso il dipartimento di Medicina veterinaria e scienze animali dell’Università Statale di Milano, è stata pubblicata su Science of the Total Environment

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Dall’inizio dell’emergenza legata al Covid, si susseguono le ricerche di scienziati ed esperti per cercare di capire come prevenire le prossime epidemie e pandemie del futuro. Nonostante le molte informazioni già raccolte negli anni, quello che sembra sfuggire ai ricercatori è capire come si sviluppano - e dove soprattutto - le nuove infezioni, in modo da agire tempestivamente. Un nuovo studio pubblicato su Science of the Total Environment fa luce proprio sulle specie aliene, responsabili di questi contagi.

Cosa sono le specie animali aliene

“Le specie alloctone invasive (Ias) sono molto note a biologi e agricoltori in quanto sono una minaccia per la conservazione della biodiversità e fonte di ingenti danni economici, ma meno conosciute dagli operatori di sanità pubblica e animale. Proprio perché specie introdotte dall’uomo al di fuori dal proprio areale naturale, le Ias possono, infatti, alterare la distribuzione e la trasmissione degli agenti infettivi, portando all’insorgenza o alla re-insorgenza di malattie di rilevanza per la salute umana e animale”, ha affermato Nicola Ferrari, docente al dipartimento di Medicina veterinaria e scienze animali dell’Università Statale di Milano, coordinatore del progetto. Le infezioni in questione sono causate da virus che le specie animali portate fuori dal loro habitat naturale possono trasmettere all’uomo. Conoscerle al meglio potrebbe aiutare a prevenire nuovi focolai epidemici.

 

Cosa dice lo studio

Prendendo in riferimento le specie mammifere non autoctone dell’Unione Europea, i ricercatori sono stati in grado di identificare, in media, solo il 30% dei patogeni ospitati negli animali esaminati. Scendendo nel dettaglio, è stato possibile riconoscere 345 agenti patogeni nel procione, 124 nello scoiattolo grigio e 75 nella nutria. Le analisi hanno sottolineato, però, come le informazioni diffuse siano caratterizzate da alti livelli di incertezza, in quanto, considerando solo i patogeni di interesse per la sanità pubblica e animale - quali rabbia e malattia di Lyme -, non si ha un quadro completo della situazione. “I risultati emersi evidenziano come esista un forte gap conoscitivo verso le infezioni delle Ias, con una conseguente potenziale forte sottostima del rischio infettivo a esse legato. La mancanza di informazioni esaustive evidenzia la necessita di una maggiore e più organica raccolta dei dati epidemiologici su queste specie, nonché dello sviluppo di metodiche per la valutazione e mitigazione del rischio infettivo che tengano conto dei forti gap conoscitivi attualmente esistenti”, ha concluso Ferrari.

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