Uno studio condotto presso la fondazione Santa Lucia Irccs di Roma, in collaborazione con l’istituto di farmacologia traslazionale del Cnr, è riuscito a dimostrare l'efficacia di un farmaco in un modello preclinico di Sla nel rallentare la progressione della neurodegenerazione e nell’aumentare la sopravvivenza dei modelli murini
Un nuovo possibile bersaglio terapeutico da prendere di mira nell’ambito dei trattamenti contro la Sclerosi laterale amiotrofica (Sla), malattia neurodegenerativa progressiva dell'età adulta, dovuta alla compromissione dei motoneuroni (le cellule responsabili della contrazione dei muscoli volontari) spinali, bulbari e corticali, che conduce alla paralisi dei muscoli volontari fino a coinvolgere anche quelli respiratori. È stato identificato da uno studio condotto presso la fondazione la Santa Lucia Irccs di Roma, in collaborazione con l’istituto di farmacologia traslazionale del Cnr, che è riuscito a dimostrare l'efficacia di un farmaco, già in uso per altre patologie, in un modello preclinico di Sla nel rallentare la progressione della neurodegenerazione e nell’aumentare la sopravvivenza dei modelli murini. Si tratta della Trimetazidina, che sarebbe in grado di normalizzare i meccanismi molecolari alla base delle disfunzioni metaboliche correlate con la Sla, di cui soffre una buona parte dei pazienti affetti dalla patologia.
Lo studio nel dettaglio
Nel corso dello studio, pubblicato sul British Journal of Pharmacology e finanziato da Fondazione AriSLA, il farmaco è stato sperimentato su un modello murino di Sla. Dall'analisi è emerso che la Trimetazidina è riuscita a ripristinare il corretto bilancio energetico cellulare e a ostacolare lo sviluppo di processi infiammatori e neurodegenerativi, sia nel midollo spinale sia nel nervo periferico. Come spiegato dai ricercatori, questa azione neuroprotettiva si è manifestata rallentando la degenerazione dei motoneuroni e della giunzione neuromuscolare e incrementando la forza muscolare. “Il nostro laboratorio si occupa da anni della comprensione dei meccanismi molecolari che sono alla base delle disfunzioni metaboliche precoci nella Sla”, ha spiegato Alberto Ferri, ricercatore del Cnr-Ift e responsabile del Laboratorio di neurochimica della Fondazione Santa Lucia Irccs di Roma. “L’utilizzo di questo farmaco, che agisce come modulatore metabolico e già utilizzato nella terapia delle disfunzioni coronariche, ha permesso di normalizzare la spesa energetica in un modello preclinico, migliorando le performance motorie e prolungando in modo significativo la sopravvivenza degli animali. Siamo soddisfatti di questi risultati, che hanno contribuito a disegnare uno studio clinico pilota condotto dal gruppo di ricerca australiano dell’Università di Queensland, con cui abbiamo collaborato, per verificare innanzitutto la sicurezza di questo farmaco in pazienti fragili come quelli affetti da Sla”, ha concluso il ricercatore.