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Terapia riabilitativa post-ictus, messo a punto un nuovo approccio

Salute e Benessere
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Lo studio è stato frutto della collaborazione tra l’Istituto di neuroscienze dell’area della ricerca di Pisa del Cnr, l’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna e il dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa. Al centro della ricerca, un approccio combinato tra la riabilitazione robotica e la modulazione della serotonina, conosciuto come "l'ormone della felicità"

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L’efficacia di un nuovo approccio combinato tra riabilitazione robotica e modulazione della serotonina, più comunemente conosciuto “ormone della felicità”, su un modello di ischemia cerebrale in corteccia motoria. E’ quello che hanno messo a punto gli esperti dell’Istituto di neuroscienze dell’area della ricerca di Pisa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-In), l’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna e il dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, lavorando su un approccio che “punta a trasferire i risultati provenienti dalla ricerca di base alla pratica clinica e getta nuove basi per la terapia riabilitativa in seguito a ictus”, come si legge in un comunicato diffuso sul portale del Cnr.

Il ruolo della serotonina

Lo studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica “Progress in Neurobiology”, ha permesso di “utilizzare un modello transgenico che consente di attivare selettivamente le cellule cerebrali che producono serotonina somministrando un farmaco attraverso un’iniezione”, ha sottolineato Sara Conti, tra i ricercatori protagonisti del progetto. Ma in cosa consiste l’innovazione legata a questo nuovo approccio riabilitativo? “L’attivazione della serotonina aumenta la plasticità cerebrale nelle aree adiacenti alla lesione ischemica, rendendole più recettive al rimodellamento delle connessioni che viene guidato dalla riabilitazione”, ha sottolineato la studiosa. In sostanza, hanno spiegato ancora gli esperti, grazie alla somma tra l’aumento della plasticità cerebrale e l’esercizio fisico tipico della riabilitazione, è stato possibilie raggiungere “un recupero funzionale delle capacità motorie, misurato non solo mediante test comportamentali ma anche utilizzando parametri di cinetica e cinematica del movimento”. Dunque, nei pazienti, non solo è migliorato il movimento ma è anche tornato ad essere paragonabile a quello precedente alla lesione ischemica.

La combinazione con il buspirone

 “Per rendere lo studio veramente traslazionale e facilmente adattabile alla pratica clinica, abbiamo replicato i risultati ottenuti con il modello transgenico usando un farmaco già approvato per l’uso sull’uomo, il buspirone”, ha sottolineato invece Matteo Caleo, ricercatore del Cnr. Si tratta di un farmaco che, nello specifico, “agisce aumentando l’efficacia della serotonina mediante il legame con il recettore specifico (5HT1A) ed ha un effetto più mirato rispetto ai comuni farmaci”, ha spiegato, aggiungendo che lo stesso abbia la capacità di diminuire gli effetti collaterali. In particolare, infatti, la combinazione tra il buspirone e la riabilitazione robotica ha contribuito a rendere tale strategia terapeutica “più facilmente applicabile alla pratica clinica”. Gli studiosi, dopo questa ricerca, si metteranno al lavoro per sperimentare metodiche sempre meno invasive e maggiormente mirate da combinare con i protocolli riabilitativi personalizzati. Obiettivo, quello di massimizzare il recupero motorio proprio in seguito ad ictus.

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