La Cassazione ha confermato la condanna a carico di un 37enne che aveva organizzato il rave party dopo essersi introdotto nella veranda di una casa lungo il litorale messinese momentaneamente disabitata
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Non può essere concessa la "causa di non punibilità" per il reato di violazione di domicilio a chi organizza 'rave party' in verande sul mare liberamente accessibili dalla spiaggia, ma appartenenti ad abitazioni private momentaneamente 'libere' dalla presenza dei padroni di casa. Lo sottolinea la Cassazione – con la sentenza numero 37881 depositata oggi - che ha confermato la condanna a carico di un 37enne di Messina che aveva organizzato un 'rave party' dopo essersi introdotto nella veranda di una casa sul mare lungo il litorale messinese, momentaneamente disabitata. Il 37enne è stato anche condannato - dalla quinta sezione penale - al pagamento delle spese processuali e a versare tremila euro alla Cassa delle Ammende.
La vicenda
Il 37enne aveva noleggiato il gruppo elettrogeno, dandosi parecchio da fare per far arrivare gente nella 'notte brava' di musica. Dopo la condanna di primo grado seguita da quella emessa dalla Corte di Appello di Messina il 23 ottobre 2020 (la cui entità non è nota), il 37enne ha insistito nel dire che mai si sarebbe immaginato che quella veranda fosse di qualcuno in quanto si trovava in stato "sostanzialmente abbandonato". Da nessun indizio - ha insistito - si poteva desumere "l'altruità della veranda" che, per di più, era "liberamente accessibile". E questa circostanza, ha fatto presente la difesa dell'imputato, doveva per forza portare al riconoscimento della causa di non punibilità.
La decisione della Cassazione
Ma gli 'ermellini' hanno tirato dritto e replicato che "proprio le particolari condizioni del luogo (la presenza di un manufatto, rappresentato dalla struttura della veranda, il rapporto di pertinenzialità con un'abitazione e l'esistenza di cancelli) rendevano immediatamente percepibile l'altruità del luogo, nonostante la sua libera accessibilità dalla spiaggia". Ad avviso della Cassazione, dunque, il ricorso del 37enne è "manifestamente infondato" anche in considerazione del fatto che la Corte di Appello "ha dato atto della 'gravita' " di quanto avvenuto "per la sfrontata invasione di un luogo di privata dimora utilizzato per fini di profitto, imbrattato e destinato arbitrariamente all' afflusso di un gran numero di persone". Non ci sono margini, ma anzi solo "ragioni ostative" al riconoscimento "dell'invocata causa di non punibilità".