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BigMama: "Sono cresciuta nella solitudine: un libro per combatterla"

Lifestyle

Ludovica Passeri

Abbiamo incontrato l'artista al Salone del Libro di Torino, dove ha presentato "Cento Occhi" in uscita il 14 maggio. BigMama si racconta senza filtri: il cancro, la violenza sessuale, il body shaming

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A BigMama la rabbia non basta, per parafrasare una delle sue hit “La rabbia non ti basta”, e neanche la musica. “Avevo bisogno di approfondire dei capitoli della mia vita che con le canzoni non riuscivo a spiegare nella loro complessità”, ha detto a Sky TG24. L’abbiamo incontrata al Salone del Libro di Torino dove ha presentato il suo libro in uscita il 18 maggio “Cento Occhi”, edito da Rizzoli. Più che un memoir è un manuale di sopravvivenza con le istruzioni per affrontare le prove della vita. “Parlo della malattia, delle violenze: sono i punti che quando rileggo mi provocano imbarazzo, e questo vuol dire che ho fatto centro.  Vorrei che i miei genitori non lo leggessero”.  Con lei l'inseparabile Lodovica, la ragazza che vorrebbe portare all’altare.

 

In questo libro condividi molto. Come hai riattivato ricordi anche molto dolorosi?

Per me è importante condividere passaggi della mia vita perché sono cresciuta nella solitudine dei miei problemi, nessuno mi ha mai aiutata, neanche dentro casa, perché i miei genitroi sono i migliori del mondo ma tutti sbagliamo, e io non ho mai chiesto aiuto. Scrivere è stato terapeutico, perché aprirmi agli altri in primis mi fa sentire meno sola, ma poi aiuta tante persone. Leggendo ciò che ho da dire, c'è qualcuno che scoprirà di non essere l’unico a cui è successo e se c’è una persona che ha il coraggio di parlarne in un libro, allora magari mi viene voglia di alzare la cornetta del telefono e denunciare l'uomo che mi tormenta.



Arriviamo a uno dei passaggi più difficili. La violenza sessuale subita a 16 anni in un bagno.

Le donne là fuori non necessitano solo di parole di conforto, ma di ascoltare storie simili alla propria per avere il coraggio di denunciare, di parlare, di liberarsi da un peso. Io nel mio libro spiego di non essere assolutamente stata colpevole di quello che mi è successo. Non si può essere colpevoli del destino. Spero che le persone che lo leggono recepiscano questo messaggio.

A 20 anni scopri di avere un linfoma. Hai affrontato la chemioterapia, sei guarita.

Racconto tante brutte storie, ma questa è la più bella. Sono la testimonianza vivente che se ne può uscire. Diciamolo a quante più persone possibile.



Il tuo è un corpo che ha subìto molto. Ancor prima della malattia e della violenza, il body shaming: dal “Sei chiatta” dei compagni ai commenti offensivi di un professore. Qual è oggi il rapporto col tuo corpo?

Il corpo condiziona tanto il mio libro, perché effettivamente ha condizionato tanto la mia vita. Io ne parlo come se fosse un contenitore in cui c’è tutto ciò che ho dentro e purtroppo si è imposto negativamente nella mia infanzia e adolescenza. È come se facessi uno “zoom in” di esperienze della mia vita, piccoli “frame”, in cui spiego in che modo il mio corpo abbia avuto impatto, però poi effettivamente parlo di me. Il corpo è un contenitore. E nel libro racconto soprattutto la visione che gli altri avevano e hanno del mio corpo, non la mia.

 

Ti piace la parola “Body positivity”?

“Body positivity" è una bellissima parola da utilizzare per quanto mi riguarda perché vuol dire rispettarsi e amarsi a prescindere dal corpo nel quale si abita. Difficile entrare nella testa delle persone e far capire di essere belli e di valere. Il tempo è un grande amico, cura tanto. Io dico di credere nei sogni, perché quando capisci di essere bravo in quel che ti piace, qualsiasi cosa sia, cambia la prospettiva intorno a te, scopri di avere un valore che prima non potevi neanche sospettare di avere.

 

Sei ancora arrabbiata?

No, ho lasciato la rabbia da parte molti anni fa. Ora sono in una fase razionale e questo libro lo testimonia.

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