Paolo Castaldi, tra i più amati autori di grafic novel a tema calcistico (da “Diego Armando Maradona” a “Zlatan”) offre una versione particolarissima di quel “11 luglio 1982” (edito da Feltrinelli) a 40 anni esatti dalla vittoria nel Mundial di Spagna
Per chi c’era. Ma anche per chi non c’era e avrebbe voluto esserci. Come raccontare in modo originale un evento storico di cui tutti parlano attorno a te, per anni, ma che non hai vissuto? Partendo proprio dai racconti di chi c’era: perché se hai meno di (come minimo) 45 o 46 anni, tutti i “vi ricordate” delle celebrazioni e delle rievocazioni in tv, sui social, tra amici, non valgono. Paolo Castaldi, tra i più amati autori di grafic novel a tema calcistico (da “Diego Armando Maradona” a “Zlatan”) offre una versione particolarissima di quel “11 luglio 1982” (edito da Feltrinelli) a 40 anni esatti dalla vittoria nel Mundial di Spagna, quella della tigna di Bearzot, del presidente Pertini in tribuna al Bernabeu, della rinascita del bomber Paolo Rossi che sarà per sempre, dopo quella torrida estate, Pablito.
“In realtà – racconta Castaldi a Sky Tg24 – è stata la Feltrinelli a chiedermi se volevo raccontare i 40 anni da quello storico trionfo; inizialmente ho un po’ tergiversato, visto anche che avevo già pubblicato due libri sul tema calcio, poi però col passare dei giorni mi è venuta voglia di raccontare quello che in famiglia si raccontava spesso: il viaggio da Milano in Sicilia, in treno, proprio la notte della finale, attraverso un Paese in festa che si scopriva, forse per la prima volta, unito”.
Quindi la storia del treno non è una invenzione letteraria?
“No, no, è verissima. La sfiducia verso la nazionale di Bearzot era così diffusa che mio padre comprò i biglietti per mia madre e mio fratello (io non ero ancora nato) per la sera di domenica 11 luglio, neanche ipotizzando che potessimo andare in finale. E così il racconto di quella storica impresa ascoltata attaccati alle radioline è la metafora di un viaggio attraverso uno stivale in festa. Arrivare alla stazione di Roma Tiburtina e sentire l’altoparlante che, con la voce un po’ impostata tipica delle comunicazioni dell’epoca, annunciava ‘L’Italia è in vantaggio, ha segnato Paolo Rossi’, beh dà l’idea del trasporto con cui tutto il Paese visse quell’evento, un Paese che quella sera e quella notte restarono bloccati, congelati, sospesi, ad esempio il controllore che mostro in più momenti non controllò proprio niente: valeva un po’ tutto, quella notte, chissà chi è salito o sceso da quel treno, durante quel lungo viaggio!”.
Un viaggio che è una metafora di un Paese che si riscopriva (e si univa) dopo gli anni di piombo, gli attentati, la paura. “È una vittoria che unisce un’Italia ancora molto divisa, quella degli anni ’70, quella dei terroni che lavoravano al nord: quelli del mio racconto erano treni presi al 90% da meridionali emigranti, che tornavano a casa per l’estate o a raggiungevano i parenti alla casa al mare, la gente alla stazione di Milano la sentivi dare raccomandazioni a mia madre, che è milanese e che raggiungeva i nostri parenti in Sicilia, ‘attenta al portafogli quando arrivi giù’… Insomma non era così scontato festeggiare uniti: è forse il primo avvenimento che unisce il popolo da nord a sud”.
E forse dà il via agli anni ’80, gli anni dell’edonismo, della voglia di leggerezza, della Milano da bere, della tv commerciale. “Nel fumetto racconto di una celebre lettera di una casalinga, pubblicata nel ‘78 sul Corriere della sera, che chiede al giornale di dedicare meno spazio alla politica: è un messaggio per l’epoca rivoluzionario, perché non occuparsi di politica, non stare né a destra né a sinistra, negli anni ’70, era semplicemente non accettabile, se non ti schieravi eri escluso, emarginato, perché erano gli anni dell’ideologia portata all’estremo. Quel mondiale, quella festa del tutto inattesa, quella voglia di spensieratezza dopo anni così bui segnano un punto di svolta storico della società italiana”.
In questo contesto, si innesta la storia della tua famiglia, una delle tantissime famiglie italiane che andava dai parenti al sud, per le vacanze.
“Anche quella, come questa, era una estate caldissima, di super siccità, si vedevano i primi segni di quel cambiamento climatico di cui all’epoca ancora non ci si rendeva conto: noi andavamo da mio nonno siciliano, eravamo in tanti nella casa al mare in estate, tra zii, cugini, nipoti e parenti vari a cena eravamo almeno in 15; il viaggio di solito lo facevamo in auto, lo ricordo da bambino, si partiva da Milano la sera, per viaggiare finché si poteva di notte (all’epoca non avevamo l’aria condizionata in auto!), e si arrivava all’ora di pranzo del giorno dopo, era un viaggio infinito. Quell’estate, io non c’ero ancora, mio padre prese i biglietti del treno, per mia madre e mio fratello maggiore, proprio quella sera: perché nessuno si aspettava che l’Italia andasse in finale, era impensabile”.
È il tuo terzo grafic novel ambientato nel mondo del calcio, si è chiuso un ciclo o aspettiamo un quarto?
“Nel mio futuro per ora non lo vedo un altro libro sul calcio, ma chi può dirlo: la verità è che mi diverto a farli, poi se vedo una bella storia mi viene voglia di raccontarla! Il Diego di quando ero bambino, lo Zlatan della mia età adulta, e ora una storia autobiografica su una ‘storia italiana’ per eccellenza. Con finale a sorpresa. Poi chissà”.
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