Dallo studio di BCG BrightHouse è emerso che i dipendenti sono meno soddisfatti quando lavorano per aziende che non hanno uno scopo definito. Tra gli aspetti considerati più importanti l'atmosfera sul posto di lavoro, la qualità delle relazioni con i colleghi e l'equilibrio tra lavoro e vita privata
Tra i dipendenti e i manager di Francia, Regno Unito, Italia, Germania e Svezia, gli italiani sono quelli meno soddiffatti. A rivelarlo è il nuovo studio realizzato da BCG BrightHouse, società che offre servizi di strategia, marketing e comunicazione.
Scopo aziendale e soddisfazione
Alle aziende italiane manca sopratutto lo scopo. Gli intervistati di Svezia, Regno Unito e Germania hanno dichiarato di essere d'accordo per oltre il 70% sul fatto che la loro azienda abbia uno 'purpose' chiaramente definito. L'Italia si posizione in fondo alla classifica: a pensarelo è solo il 45%. L'aspetto più interessante, come ha sottolineato lo studio, è che a questo dato è correlato il senso di orgoglio che i dipendenti provano per il loro lavoro. Non stupisce dunque che Svezia e Regno Unito siano in testa con i tassi di soddisfazione più alti, mentre in Italia solo il 51% degli intervistati ha riferito un senso di orgoglio.
Equilibrio vita-lavoro
Agli intervistati è stato chiesto quali fossero per loro gli elementi che definiscono un'azienda ideale. Tra le risposte più frequenti: l'atmosfera sul posto di lavoro, la qualità delle relazioni con i colleghi e l'equilibrio tra lavoro e vita privata. La filosofa francese Julia de Funès ha motivato questo cambiamento nella relazione con il lavoro sostenendo che: "Le nostre vite personali sono ora più importanti dei nostri percorsi di carriera. Con gli eventi recenti (Covid, guerra, cambiamento climatico), è difficile pianificare, quindi le persone si concentrano sul presente invece di proiettarsi sul futuro".
Cambio di paradigma
Gli intervistati non hanno mostrato dubbi sulle caratteristiche desiderate per i leader della futura azienda. I dipendenti vogliono leader attenti, empatici e che coinvolgano la prospettiva dei dipendenti nel processo decisionale. Malène Rydahl, autrice ed executive coach danese, ha affermato che ciò riflette un cambiamento più ampio: "Stiamo passando da un "vecchio" stile di gestione (dagli anni '80 in poi) incentrato su ciò che le persone fanno, a un "nuovo" stile in cui ciò che conta è ciò che i dipendenti 'sono'. Questo nuovo stile crea desideri e legami".