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Def, il significato del Documento di economia e finanza

Economia
Ansa/Ipa

È il principale strumento di programmazione economica del governo e riporta gli obiettivi di politica economica del Paese e le riforme che l’esecutivo intende attuare. Introdotto nel 1988, deve essere inviato al Parlamento entro il 10 aprile di ogni anno e poi aggiornato a settembre. È suddiviso in tre parti. Quello del 2024 è l'ultimo prima della revisione delle regole di governance economica Ue, in vista dell’entrata in vigore del nuovo Patto di Stabilità

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Il Documento di economia e finanza (Def) è il principale strumento di programmazione economica del governo e riporta gli obiettivi triennali di politica economica del Paese, le stime sull’andamento delle finanze pubbliche e dell’economia nazionale e le riforme che l’esecutivo intende attuare. Di fatto, anticipa le norme che verranno approvate nei mesi successivi. Introdotto dalla legge 362 del 1988 – all’epoca si chiamava Documento di programmazione economico-finanziaria (Dpef) - , è stato poi adeguato agli impegni e ai tempi dettati dall’Unione europea. Anche se non ha efficacia vincolante, serve a indicare ai partner commerciali dell’Italia, ai suoi creditori sul mercato e all’Unione Europea quali sono le prospettive a breve e medio termine. Quello del 2024 è l'ultimo Documento di economia e finanza prima della revisione delle regole di governance economica Ue, in vista dell’entrata in vigore del nuovo Patto di Stabilità.

Cosa contiene

Il Def, che viene proposto dal governo e deve essere approvato dal Parlamento, dal 2011 è suddiviso in tre parti: il Programma di stabilità, la sezione di Analisi e tendenze della finanza pubblica e il Programma nazionale di riforma. La sezione del Programma di stabilità, curata dal dipartimento del Tesoro, deve essere sottoposta alle autorità dell’Unione europea in base a quanto stabilito dal Patto di stabilità e crescita, e deve indicare “gli obiettivi di politica economica e il quadro delle previsioni economiche” per il triennio successivo, evidenziando anche gli scostamenti dal precedente Programma. La sezione di Analisi e tendenze della finanza pubblica, a cura della Ragioneria generale dello Stato, riporta l’analisi e le previsioni per le finanze pubbliche. Il Programma nazionale di riforma, concordato dal dipartimento del Tesoro con quello delle Politiche comunitarie, deve invece indicare le riforme che il Paese intende attuare.

Le scadenze e la Nota di aggiornamento

Nel 2011 il Def è stato anticipato alla prima metà dell’anno – la scadenza per la presentazione al Parlamento è al 10 aprile – per coordinarsi meglio con le procedure di bilancio degli altri Stati membri dell’Unione Europea. La prima e la terza sezione del Def, rispettivamente il Programma di stabilità e il Programma nazionale di riforma, devono essere inviati alla Commissione europea entro il 30 aprile, mentre la parte di Analisi e tendenze della finanza pubblica è unicamente prevista dalla normativa italiana. La legge prevede anche che ogni anno entro gli ultimi giorni di settembre il governo presenti la Nota di aggiornamento al Def (Nadef), che contenga gli aggiornamenti alle previsioni inserite nel Def. Nella Nota di aggiornamento il governo può anche aggiornare gli obiettivi del Programma di stabilità e del Programma nazionale di riforme.

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Le criticità

Come spiega il sito della Treccani, l’applicazione delle procedure di programmazione nel nostro Paese, iniziata dal 1988 in anticipo rispetto ad altri Paesi, ha registrato diverse difficoltà. Questo è dovuto in particolare “alla scarsa attendibilità delle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica e al debole legame tra la costruzione dello scenario programmatico e la predisposizione delle concrete misure di finanza pubblica da adottare nel corso delle sessioni di bilancio degli anni di riferimento”. Il rafforzamento delle procedure di programmazione economico-finanziaria, raccomandato dalle istituzioni internazionali “dovrebbe presupporre un arricchimento dei contenuti informativi del documento, una maggiore credibilità delle previsioni e una solidità procedurale tale da assicurare l’effettiva adozione delle misure programmate”. La recente riforma dello strumento, “adottata nel contesto del nuovo modello di governance europeo, nel raccordare più strettamente le procedure di programmazione interne con quelle europee, dovrebbe produrre un rafforzamento delle prime nel senso auspicato”.

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