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Ilva, futuro appeso a un filo: il 28 cda decisivo

Economia

Vittorio Eboli

Feste di Natale col fiato sospeso per gli oltre 10mila lavoratori dell’ILVA di Taranto: urge oltre un miliardo di soldi freschi, i soci restano in stallo e il dossier torna sul tavolo del Governo nell’ultimo Consiglio dei ministri dell’anno

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Lo spettro della chiusura torna ad affacciarsi sull’ILVA: dopo il nulla di fatto dell’ultima assemblea prima di Natale, il 28 dicembre è in calendario un ennesimo consiglio d’amministrazione di Acciaierie per l’Italia, la società che gestisce l'impianto di Taranto: la produzione è ai minimi termini, le casse sono vuote, i due soci – quello pubblico, Invitalia, e quello privato, Arcelor Mittal – non trovano l’accordo su chi deve mettere mano al portafogli.

Servono tanti soldi: 320 milioni subito, solo per sopravvivere nell'immediato; più un miliardo di aumento di capitale, che serve per acquisire gli stabilimenti: oggi infatti sono nel perimetro della società solo in amministrazione straordinaria, cioè concessi in prestito dallo Stato, vanno comprati per potersi ripresentare alle banche con qualcosa da mettere a garanzia per nuove linee di credito.

Il miliardo è previsto nel Decreto Aiuti Bis del 2022, ma Palazzo Chigi intende sbloccarlo solo a fronte di un impegno pro quota di Arcelor Mittal: i franco-indiani hanno la maggioranza di Acciaierie, il 62%, ma nessuna intenzione di mettere soldi per primi. Il 28 dicembre lo stallo torna sul tavolo del Governo: “L’unica cosa certa è che Ilva continuerà a produrre”, ha rassicurato il ministro delle imprese URSO dopo l’incontro pre-natalizio coi sindacati.

Le strade possibili sono tre.

1. La nazionalizzazione, con la salita di Invitalia al 60% (tramite la trasformazione dei 680 milioni già immessi come finaziamento in capitale azionario); richiesta a gram voce dai sindacati, ma il Governo su questo è spaccato.

2. L’arrivo di altri partner col disimpegno di Arcelor: difficile trovare interessati, si riparla dell’ucraina Metinvest, che cerca nuovi poli dopo la distruzione della Azovstal.

3. Extrema ratio, la messa in liquidazione della società, con conseguente nomina di un commissario e il drastico, definitivo, ridimensionamento.