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Scavi archeologici di Populonia, dai reperti la storia di Ledeltius

Cronaca
©Ansa

Lo scavo gestito da un team di studiosi dell'Università di Siena e Università di Oxford. Lo schiavo liberato lavorava come contabile e pedagogo nella casa di un esponente politico ai tempi della Repubblica romana

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Il frammento di una bambola di ceramica, appartenuta a una bambina di epoca romano-repubblicana, alcuni stili per scrivere sulle tavolette cerate e soprattutto un calamaio in ceramica a vernice nera, integro, con su inciso un nome: la lettera L (molto probabilmente abbreviazione di Lucius), la lettera T (la lettera iniziale di un gentilizio ancora non identificato) e Ledeltius, nome greco latinizzato. Sono questi i reperti portati alla luce dagli scavi condotti in una domus aristocratica, distrutta da un incendio attorno al 50 a.C., al Parco archeologico di Populonia, di preciso al Parco di Baratti. Raccontano la storia di uno schiavo che riconquistò la sua libertà di nome Ledeltius, appunto, contabile – e probabilmente pedagogo dei figli – di un politico di spicco nella Populonia dell’epoca. A fare la scoperta, il team di Stefano Camporeale, docente del dipartimento di Scienze Classiche e Beni Culturali dell'università di Siena e Marta Coccoluto e responsabile del Parco, e Niccolò Mugnai della Faculty of Classics della University of Oxford. Lo scavo è aperto al pubblico e i reperti saranno mostrati in anteprima in occasione degli appuntamenti intitolati "Gli archeologi raccontano", giovedì 11 e giovedì 18 luglio, alle ore 18 all'acropoli di Populonia. 

Il passato del liberto Ledeltius

 

"Non sappiamo dove sia nato Ledeltius - dicono gli esperti - ma è molto probabile che sia passato dal grande mercato degli schiavi dell'Egeo, dove le persone cadute in schiavitù ricevevano un nuovo nome, greco, poi in qualche modo è arrivato in Italia e a Populonia, sempre in stato servile. Non abbiamo certezza che il nostro schiavo fu acquistato perché istruito e acculturato, ma è molto probabile, dato che una figura di contabile, nonché di maestro e precettore, era strettamente necessaria alla vita della casa, intesa come il luogo per l'esercizio del potere clientelare del suo proprietario".

Chi era il proprietario della domus?

 

Su chi fosse questo proprietario illustre la ricerca sul campo ha aperto alcune ipotesi ancora da confermare: "potrebbe essere stato un magistrato, sicuramente il più importante di Populonia, nel I secolo a.C. municipio romano, e anche tra i più eminenti dell'Etruria romana, a giudicare dalla grande e lussuosa dimora dove risiedeva, dotata anche di una piccola terma privata". La casa, infatti, fu distrutta da un incendio intorno al 50 a.C., nell'epoca delle guerre civili che caratterizzò il periodo finale della Repubblica romana.

Un calamaio in ceramica a vernice nera rinvenuto al Parco archeologico di Populonia - ©Ansa

L'incendio che ha "fermato" tutto al 50 a.C.

 

Ancora non si sa con precisione quale fu la causa dell'incendio, ma tutta la casa crollò e non fu più ricostruita. “La casa fu abbandonata in tutta fretta dal proprietario e dalla sua famiglia”, spiegano ancora. Come a Pompei o Ercolano, la vita qui si fermò improvvisamente e pertanto tutto il contenuto della domus si trova ancora lì. Quanto sta venendo alla luce sono proprio le tracce della vita quotidiana nella casa, gli archeologi stanno scavando in zone che corrispondono alle aree di servizio, dove si trovavano le cucine e le dispense ". Ecco allora tornare alla luce attrezzi per la cucina e il camino, porzioni di mobili come chiodi e cerniere, ceramiche per la tavola e per la dispensa, pezzi di giocattoli in terracotta, lampade in ceramica, pedine da gioco, chiavi e serrature, e tutto quello che era in uso in una casa. Tutto questo oltre a grandi stanze con pavimento a mosaico, terme private e sale per i banchetti rinvenute nelle zone corrispondenti alle stanze più importanti della domus, quelle cioè dove il dominus di Ledeltius accoglieva i suoi ospiti.