Così il boss mafioso durante gli interrogatori, depositati oggi, resi ai pm di Palermo il 7 luglio scorso nel carcere de L'Aquila. Sarebbe morto due mesi dopo
"Mi avete preso per il male sennò non mi prendevate. Con la mente ho ricostruito tutto, come è stato il discorso, so che non c'è stato nessun traditore. La mattina che mi hanno arrestato la prima cosa che uno pensa è che qualcuno ha tradito. E' stato tradito Gesù Cristo…". Così Matteo Messina Denaro durante gli interrogatori resi ai pm di Palermo il 7 luglio scorso nel carcere de L'Aquila. Sarebbe morto due mesi dopo.
"Nessun traditore"
"Il colonnello mi ha detto 'le assicuro che non l'ha tradita nessuno' e io non gli ho creduto. Poi ragionando ho detto: vero è. Ho letto le carte e mi sono fatto pure una logica", aggiunge il boss. "Mi avete preso per la malattia o per un errore mio, dirlo a mia sorella. Perché gliel'ho detto? Non volevo farmi trovare morto e nessuno in famiglia sapeva niente". E' stato un appunto dettagliato sulle condizioni di salute del boss, scritto dalla sorella Rosalia e da lei nascosto nell'intercapedine di una sedia, a dare agli investigatori l'input che ha portato, il 16 gennaio 2023, all'arresto del capomafia. Lo scritto è stato scoperto dai carabinieri del Ros il 6 dicembre 2022 mentre piazzavano delle cimici nell'abitazione della donna.
"Parlare? Mai dire mai"
Consapevole di essere alla fine della vita, il capomafia apre uno spriaglio al procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido che lo invita a contribuire "a ricostruire dei pezzetti di verità". "Non sono interessato, poi nella vita mai dire mai intendiamoci. Io non sono stato mai un assolutista nel senso che non è che perché dico una cosa sarà sempe quella, io nella mia vita ho cambiato tante volte idea, però con delle basi solide…", afferma Messina Denaro. Il verbale è stato depositato oggi all'udienza preliminare a carico dell'amante storica del boss, Laura Bonafede.
"A mia mamma lo Stato ha distrutto la casa"
Poi Matteo Messina Denaro si lamenta con i pm delle indagini a carico dei suoi familiari: "Io ho una famiglia rovinata... ma alla fin fine quale colpa ho avuto io? Posso avere colpe personali: impiccatemi, datemi tutti gli ergastoli che volete; ma la mia famiglia sta pagando da una vita questo tipo di rapporto con me, perché mi viene sorella o mi viene fratello...". "Io so soltanto una cosa - aggiunge - però non sto facendo nessun atto di accusa... che mi avete distrutto una famiglia, rasa al suolo, ci sono dei sistemi che non vanno, lasciamo stare le condanne, ci sono dei sistemi che non vanno; ora sento dire: case distrutte... perché mia mamma che è: latitante o mafiosa? La legge, lo Stato le ha distrutto la casa, i mobili fatti a pezzettini. Cioè dove lo volete trovare un dialogo, quando ci sono questi comportamenti?", dice ai magistrati mostrando un evidente risentimento.
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"Facevo vita da uomo libero"
"Che vita facevo a Palermo? Libero come quella di Campobello, perché bene o male voi avete scandagliato quella di Campobello (il paese in cui ha trascorso gran parte della latitanza, ndr), ma in genere sempre quella vita faccio, cioè lo stesso fac-simile", sottolinea in merito alla sua latitanza. "Le mie amicizie - rimarca - non è che iniziano e finiscono solo nel mondo che voi considerate mafioso, non è così, le mie amicizie erano dovunque".
"Ero una garanzia nel mio ambiente"
"Sono, diciamo tra virgolette, un mafioso per come mi considerate voi, un poco anomalo, non mi sono inimicato nessuno nel territorio, intendo il mio paese. Chiunque mi vuole bene. Lei stamattina pensava di trovare un Rambo, invece non ha tovato niente", sostiene il padrino, in tono più dimesso del solito, affaticato, disposto ad ammettere solo quel che davvero non può negare. "Io sono sempre stato in quello che voi ritenete mafiosità una garanzia per tutti. Non ho mai rubato niente a nessuno. Parlo del mio ambiente, non ho mai cercato di prevaricare, né in ascese di potere, né per soldi", spiega. Ai magistrati che gli chiedono da dove vengano i soldi trovati a casa della sorella Rosalia, poi arrestata, risponde: "mi servivano per mantenermi. Il denaro trovato a mia sorella è sicuramente origine di mia madre perché erano soldi di famiglia, ovviamente se mia madre mi poteva aiutare mi aiutava". "Lei pensa che io uscivo a fare rapine o chiedere estorsioni? - chiede ai magistrati - Non ho mai chiesto estorsioni a nessuno, non ho mai fatto traffici di droga, non ho mai fatto rapine. I soldi erano nella disponibilità della mia famiglia, mia madre ha sempre cercato di conservare e dare a tutti, specialmente a me".
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Le insinuazioni sulle stragi
Infine il boss insinua verità ancora da scoprire sulla strage di Capaci. "Ci sono cose a cui nessuno è mai arrivato, perché a me sembra un poco riduttivo dire che Falcone è stato ucciso per la sentenza del maxi processo. Se poi voi siete contenti di ciò, bene venga, sono fatti vostri, ma la base di partenza non è questa...". "Quello che sto dicendo è verità... tutti questi chiamiamoli pentiti hanno detto, sì, qualche pezzo di verità, gli hanno fatto fare dei processi, va bene; ma ognuno ha portato acqua al suo mulino. Poi, se per portare acqua al suo mulino, dicono cose anche che possono coincidere con quello che cercate voi o con quello che interessa a voi, ben venga, giusto? ", continua. "Voi siete contentati che il giudice Falcone sia stato ucciso, perché ha fatto dare 11 ergastoli? Perché di 11/12 ergastoli si trattava, nel maxi processo...", insiste insinuando moventi complessi che poi, però, non spiega. Messina Denaro definisce l'attentato di Capaci come la "cosa più importante, quella da dove nasce tutto, le stragi, l'input". E con fare accusatorio, alludendo al depistaggio delle indagini sull'attentato costato la vita al giudice Paolo Borsellino, prosegue: "Perché vi siete fermati a La Barbera, La Barbera era all'apice di qualcosa", riferendosi all'ex poliziotto Arnaldo La Barbera ritenuto la mente dell'inquinamento dell'inchiesta che ha portato alla condanna di innocenti. "Se fosse vivo ci sareste arrivati o vi sareste fermati un gradino prima?", chiede ai pm.