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Caso Ferragni, indagato per truffa aggravata anche il manager Fabio D’Amato

Cronaca
Facebook Fabio D'Amato

La decisione è stata resa nota ieri nel provvedimento del pg della Cassazione che ha stabilito la competenza territoriale della Procura di Milano nelle indagini sulle iniziative benefiche sponsorizzate dal brand della influencer

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La bufera su Chiara Ferragni travolge anche i suoi più stretti collaboratori. Anche Fabio D'Amato, manager della influencer, risulta infatti indagato per truffa aggravata per i casi del pandoro e delle uova di Pasqua nell'inchiesta della Procura di Milano. Questo è quanto è emerso dal provvedimento diffuso ieri dalla Procura generale della Cassazione sulla competenza territoriale della Procura milanese ad indagare.

Indagini affidate alla Procura di Milano

Come stabilito dalla Procura generale della Cassazione, sarà la Procura di Milano quella competente a indagare sul caso Ferragni-Balocco per la vicenda dei pandori griffati. Il fatto che la sede dell’azienda dolciaria fosse a Cuneo aveva sollevato il conflitto di competenza territoriale tra gli inquirenti milanesi e quelli della città piemontese. Tuttavia, dal momento che i contratti tra le società dell'influencer e l'azienda dolciaria piemontese, in relazione alla sponsorizzazione del pandoro 'Pink Christmas', sono stati siglati a Milano, la pg ha stabilito la competenza del capoluogo lombardo. Chiara Ferragni è inoltre indagata a Milano anche per i casi delle uova di Pasqua della Dolci Preziosi e della bambola prodotta in collaborazione con Trudi. Gli inquirenti e gli investigatori meneghini avevano quindi ritenuto nel loro atto i tre episodi legati dal "vincolo della continuazione", nell'ambito di un presunto "medesimo disegno criminoso".

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La decisione della pg della Cassazione

La "enfatizzazione della finalità benefica" nella campagna promozionale del pandoro Pink Christmas, "amplificata dai mezzi di comunicazione" usati, tra cui i social, ha indotto "in errore i consumatori", che hanno "ritenuto", attraverso l'acquisto del dolce a più di 9 euro a fronte di "circa 3,68 euro" di quello "tradizionale", di "contribuire alla finalità benefica", la "cui serietà era garantita anche dalla credibilità di una influencer da circa 30 milioni di follower", ossia Chiara Ferragni. Lo scrive la Procura generale della Cassazione nel decreto con cui ha assegnato l'indagine per competenza a Milano. Il sostituto pg scrive anche che la Cassazione "ha di recente affermato che la sola menzogna è di per sé sufficiente ad integrare gli elementi costitutivi del delitto di truffa", essendo un forma tipica di "raggiro". Nel decreto il pg della Cassazione spiega anche che dall'analisi del materiale informatico, acquisito dalla Gdf, risulta che la "strategia di comunicazione" per la vendita di quel pandoro è "sempre stata condivisa tra i soggetti coinvolti nella vicenda". E "nelle intenzioni delle parti non sembra mai emergere la volontà di legare l'importo della liberalità alle vendite" del dolce.

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