Gli inquirenti di Perugia, coordinati dal procuratore Raffaele Cantone, stanno vagliando gli accessi alle banche dati effettuati dall'uomo, accusato del reato di accesso abusivo a un sistema informatico. La difesa: "Ha sempre fatto il suo lavoro nel rispetto delle regole e non ha mai divulgato notizie a terzi. Il suo lavoro era investigare, lo fa da quasi trent’anni"
La Procura di Perugia continua a indagare sulla presunta attività di dossieraggio illegittimo che sarebbe stata portata avanti da Pasquale Striano, membro della Guardia di Finanza, ai tempi dei fatti in servizio alla Procura nazionale antimafia. “Il mio assistito non ha mai fatto alcun dossier, ha sempre fatto il suo lavoro nel rispetto delle regole”, ha detto all’Adnkronos Massimo Clemente, avvocato difensore dell’ufficiale indagato. Anzi: “Ha sempre svolto il suo compito con rigore, senso del dovere e non ha mai divulgato notizie a terzi", ha precisato. Gli inquirenti, coordinati dal procuratore Raffaele Cantone, stanno adesso vagliando gli accessi alle banche dati effettuati dall’uomo, ritenuti non legittimi. Si cerca appunto di stabilire se, con le informazioni carpite accedendo agli archivi contenenti segnalazioni di operazioni finanziare sospette, sia stata operata un'attività di dossieraggio, come ritengono gli investigatori. Al finanziere - nel frattempo trasferito a un altro ufficio a L'Aquila - viene contestato il reato di accesso abusivo a un sistema informatico. Secondo quanto è trapelato negli ultimi giorni, si sarebbe interessato ai dati di centinaia di persone, fra cui anche il ministro della Difesa Guido Crosetto. L’indagine, partita a Roma e poi trasferita a Perugia, è nata proprio dall’esposto del rappresentante del governo, a seguito della pubblicazione sulla stampa di notizie riservate relative alla sua precedente attività professionale. Crosetto parla di "un sistema di dossieraggio illegittimo, fatto per indebolire le istituzioni e perseguire interessi opachi".
Il legale dell'indagato: "Il suo lavoro era investigare, mai fatto alcun dossier"
L'avvocato dell'indagato assicura che il suo assistito - come già fatto "davanti ai magistrati romani" - non avrà difficoltà a farsi interrogare "nuovamente davanti ai pm di Perugia”. Poi precisa: "Il suo lavoro era investigare, lo fa da quasi trent’anni. Faceva parte di un gruppo che si occupava di indagini sulla criminalità organizzata. E se nel corso delle attività si è imbattuto in nomi di politici il suo lavoro è sempre stato sottoposto al vaglio dell’autorità giudiziaria. Non ha mai usato le indagini per attività di dossieraggio”.
Colosimo (Antimafia): "La politica non cede ad alcun tipo di ricatto"
"La commissione parlamentare Antimafia farà la sua parte per dimostrare che la politica non è più debole ma è forte e non cede a nessun tipo di ricatto o compromesso", ha detto la presidente dell'Antimanfia Chiara Colosimo (Fdi) al Tg1 in riferimento all'inchiesta.
vedi anche
Caso dossieraggio, Crosetto: mondo che mina le istituzioni
Costa (Azione): "Perché indagini a Perugia? Competenza scatta se un magistrato è indagato o persona offesa"
Intanto, il deputato di Azione Enrico Costa avanza delle perplessità sul perché il caso sia finito a Perugia. "I giornali spiegano che nell'inchiesta sull'accesso indebito alle Sos della super procura ci sarebbe un solo indagato, un finanziere. Perché dunque l'inchiesta è finita a Perugia, visto che questa competenza scatta in caso di magistrato indagato o persona offesa?", ha scritto su Twitter. L'articolo 11 bis del codice di procedura penale stabilisce infatti che di tutti i casi in cui sono coinvolti i magistrati del distretto di Roma, come persone offese dal reato o indagati, devono occuparsi i loro colleghi perugini. Al momento, però, non sono trapelate notizie sul coinvolgimento di magistrati nell'inchiesta.