Il giornalista Marco Maisano ha lavorato per mesi sul caso dell'anonimo dinamitardo. Visionati i reperti del caso, custoditi al porto del capoluogo friulano, i progressi fatti dalla scienza e la banca dati del Dna a disposizione potrebbero portare ad importanti risultati e nuovi indizi
Dopo 16 anni dall'ultimo attentato, la magistratura riaprirà le indagini sul caso Unabomber. Sarà la Procura di Trieste a farlo, come ha annunciato ai quotidiani del gruppo Gedi, Il Piccolo e Messaggero Veneto. Il procuratore capo Antonio De Nicolo, accogliendo una istanza presentata dal giornalista Marco Maisano - autore, conduttore televisivo, al lavoro su podcast per OnePodcast - e da due donne vittime di Unabomber, Francesca Girardi e Greta Momesso. Titolari del nuovo fascicolo saranno De Nicolo e il pm Federico Frezza, ultimo pm a essersi occupato di Unabomber, le cui azioni vanno dal 1994 al 2006.
Le prove e le nuove tecnologie
Maisano, con Ettore Mengozzi e Francesco Bozzi, ha lavorato per mesi proprio sul caso Unabomber e, visionati i reperti del caso, custoditi al porto di Trieste, ha trovato un capello bianco su un uovo inesploso che era stato acquistato da un uomo di Azzano Decimo al supermercato Continente di Portogruaro nel 2000 e due capelli e peli repertati recuperando un ordigno inesploso trovato in un vigneto, a San Stino di Livenza. Secondo il giornalista, i progressi fatti dalla scienza, e con la banca dati del Dna a disposizione, da quel materiale si potrebbero ricavare indizi importanti per individuare Unabomber. "Verificheremo se da tutto il materiale organico allora repertato è stato estratto o meno il Dna - ha anticipato De Nicolo al Piccolo - È possibile che in alcuni casi, con i metodi utilizzati allora, non fosse ritenuto estraibile, mentre con quelle attuali magari sì. Quindi dobbiamo constatare se c'è del materiale utilmente sottoponibile a indagini genetiche".
Il caso archiviato
Della serie di 28 attentati dinamitardi che causarono danni a persone e cose nel Nord-Est con piccole quantità di esplosivo nascosto negli oggetti più disparati, da un inginocchiatoio a una candela, un uovo o un tubo, fu accusato un ingegnere bellunese, Elvo Zornitta. La sua posizione fu archiviava nel 2016 dalla Procura di Trieste quando fu scoperto che la prova regina di un lamierino tagliato con una forbice sequestrata nel piccolo laboratorio annesso alla casa dell'ingegnere, era stata manomessa da un poliziotto, Ezio Zernar, poi condannato proprio per questo episodio. Nella motivazione dell'archiviazione il pm Frezza ipotizzava che Unabomber non fosse una ma più persone.