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Cyberattacchi, il report: in Italia sotto attacco il 24% delle strutture sanitarie

Cronaca

Alberto Giuffrè

Il documento della società Sham in collaborazione con l’Università di Torino: sei strutture su dieci tra quelle interpellate, nel settore pubblico e privato, considerano i rischi cyber come una priorità

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All’inizio c’è stato l’effetto sorpresa. Nonostante gli attacchi informatici agli ospedali non fossero una novità, l’inizio della pandemia ha fatto registrare una impennata clamorosa di cyberattacchi anche alle strutture sanitarie. Nei primi mesi dell’emergenza la società Kaspersky aveva rilevato in tutto il mondo un aumento del 30.000% di casi di phishing, siti web dannosi e malware. Oggi, alle minacce, si aggiunge soprattutto la consapevolezza. È quanto emerge da uno studio della società Sham in collaborazione con l’Università di Torino. In Italia sei strutture su dieci tra quelle interpellate, nel settore pubblico e privato, considerano i rischi cyber come una priorità. Una priorità che impatta nell’attività di tutti i giorni. La stessa ricerca ci dice che il 24% delle strutture del nostro Paese ha subito attacchi informatici.

Quali attacchi hanno subito le strutture

Se si va a guardare nel dettaglio si scopre che si tratta soprattutto di accessi abusivi ai sistemi ma, anche se con cifre più basse, non deve essere sottovalutata la fetta che riguarda i ransomware. Forse il tipo di attacco più pericoloso. Ricordiamo in cosa consiste: basta un click su un link in una mail o l’apertura di un allegato maligno per infettare un computer. A quel punto i dati all’interno della macchina vengono crittografati, il contagio si diffonde a tutta la rete e i sistemi si bloccano. Anche una sala operatoria o un reparto di terapia intensiva potrebbero essere bloccati: è quanto accaduto in alcuni Paesi durante la fase più acuta dell’emergenza coronavirus. La situazione viene portata alla normalità soltanto dopo il pagamento di un riscatto. Da qui il termine ransom.

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Il furto dei dati

C’è poi un’altra fonte di guadagno per i criminali, quella che riguarda i dati sanitari che hanno un enorme valore nel mercato nero digitale. Insomma, la sicurezza informatica, suggerisce il report, è parte integrante della sicurezza delle cure e senza questa sicurezza non può esistere completa digitalizzazione della sanità. 

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