In Evidenza
Altre sezioni
altro

Per continuare la fruizione del contenuto ruota il dispositivo in posizione verticale

Coronavirus, Mattia: "Non pesa l'etichetta di paziente 1, ma le bugie"

Cronaca

Il racconto del 37enne di Codogno, diventato suo malgrado il primo italiano a cui è stato diagnosticato il Covid19. “La cena con un cinese, le due maratone in una settimana: tutto falso”

Condividi:

"L'etichetta di Paziente 1 non mi è mai pesata, le bugie sì. La cena con un cinese, le due maratone in una settimana: tutto falso. Mi è pesata la popolarità che ne è conseguita, devo continuamente respingere le richieste di interviste o di ospitate televisive". Mattia Maestri si racconta in un'intervista a Sportweek, in edicola sabato, a tre mesi dalla notte in cui a Codogno il trentasettenne è diventato il primo italiano a cui è stato diagnosticato il Covid19 (qui tutte le notizie sull'emergenza coronavirus del 21 maggio), prima del ricovero all'ospedale San Matteo di Pavia.

La voglia di tornare a correre

Maestri parla delle due settimane in terapia intensiva, della figlia nata pochi giorni dopo le sue dimissioni, e della sua voglia di tornare a correre, passione condivisa con la moglie e con un gruppo di fedelissimi, i compagni del Gruppo Podistico Codogno '82 che ha voluto coinvolgere nell'intervista. "Nel periodo del mio ricovero - ha spiegato, come si legge in un'anticipazione del servizio - hanno sostenuto la mia famiglia. Si sono anche iscritti ai social per difendermi". 

approfondimento

Coronavirus, nata a Milano la figlia del paziente 1

Il ricovero del paziente 1

Mattia è stato ricoverato in condizioni disperate nella notte tra il 21 e il 22 febbraio al San Matteo di Pavia. 38 anni, maratoneta e giocatore di calcio, oltre che volontario alla Croce Rossa e ricercatore della multinazionale, si era presentato una prima volta all'ospedale di Codogno nel pomeriggio del 18 febbraio, senza però avere i sintomi che avrebbero potuto portare a identificarlo come caso 'sospetto' di Covid-19. Dopo gli accertamenti e le terapie necessarie, nonostante la proposta di ricovero, Mattia ha deciso di tornare a casa. Poche ore dopo la situazione è peggiorata. La mattina del 20 febbraio è stato necessario l'intervento del rianimatore e il ricovero nel reparto di terapia intensiva. Dopo che la moglie ha informato i medici di una cena di fine gennaio tra il marito e alcuni amici, tra cui uno appena rientrato dalla Cina, è stato effettuato il tampone. Così è avvenuta la scoperta del primo caso in Lombardia e in seguito degli altri casi positivi.

approfondimento

Coronavirus Italia, le news del 21 maggio su contagi e fase 2