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Cucchi, lettera dell'Arma dei Carabinieri alla famiglia: noi parte civile contro militari

Cronaca

Lettera del generale Nistri: "Crediamo nella giustizia e riteniamo doveroso che ogni singola responsabilità nella tragica fine di una giovane vita sia chiarita, e lo sia nella sede opportuna, un'aula giudiziaria". Ilaria Cucchi: "Sono meno sola" (VIDEO)

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"Crediamo nella giustizia e riteniamo doveroso che ogni singola responsabilità nella tragica fine di una giovane vita sia chiarita, e lo sia nella sede opportuna, un'aula giudiziaria". Così il comandante generale dell'Arma, Giovanni Nistri, in una lettera alla famiglia di Stefano Cucchi dell'11 marzo indirizzata a Ilaria Cucchi e pubblicata oggi da La Repubblica (IL CASO CUCCHI). Intanto, Francesco Tedesco, imputato per omicidio preterintenzionale, chiede scusa "alla famiglia Cucchi e agli agenti della polizia penitenziaria, imputati al primo processo".

Ilaria Cucchi: sono meno sola

Immediata la replica di Ilaria Cucchi che affida ai social le sue parole: "Ora sono meno sola. La lettera del generale Nistri è tornata a scaldarmi il cuore. A scacciare il senso di abbandono che ho vissuto in questi nove anni. Oggi finalmente posso dire che l'Arma è con me" (VIDEO). Poi rivolge un appello ai giudici:  "Abbiano coraggio e responsabilità ed acquisiscano quei documenti di verità imbarazzanti che fanno ora paura solo agli imputati di oggi. Ci sarà anche mia madre,  nonostante la sofferenza per la grave malattia, ad ascoltare Tedesco  che le racconterà come è stato ucciso suo figlio".

La lettera dell'Arma

"Gentile Signora Ilaria Cucchi - è l'incipit - ho letto con grande attenzione la lettera aperta che ha pubblicato sul suo profilo Facebook. Sabato scorso, a Firenze, nel rispondere a una domanda di una giornalista, pensavo a voi e alla vostra sofferenza, che ho richiamato anche nel nostro ultimo incontro. Pensavo alla vostra lunga attesa per conoscere la verità e ottenere giustizia. Mi creda, e se lo ritiene lo dica ai suoi genitori, abbiamo la vostra stessa impazienza che su ogni aspetto della morte di Suo fratello si faccia piena luce e che ci siano infine le condizioni per adottare i conseguenti provvedimenti verso chi ha mancato ai propri doveri e al giuramento di fedeltà".

"Abbiamo la vostra stessa impazienza  prosegue Nistri nella lettera perché il vostro lutto ci addolora da persone, cittadini, nel mio caso, mi consenta di aggiungere: da padre. Lo abbiamo perché anche noi  la stragrande maggioranza dei carabinieri, come lei stessa ha più volte riconosciuto, e di ciò la ringrazio crediamo nella giustizia e riteniamo doveroso che ogni singola responsabilità nella tragica fine di un giovane vita sia chiarita, e lo sia nella sede opportuna, un'aula giudiziaria".

"Pronti a costituirci parte civile"

"Proprio il rispetto assoluto della legge - argomenta Nistri nella lettera - ci costringe ad attendere la definizione della vicenda penale. Come vuole la Costituzione, la responsabilità penale è personale. Abbiamo bisogno che sia accertato esattamente, dai giudici, "chi" ha fatto " che cosa". Nell'episodio riprovevole delle studentesse di Firenze, il contesto era definito dall'inizio. C'erano responsabilità dei militari sin da subito impossibili da negare, almeno nell'aver agito all'interno di un turno di servizio e con l'uso del mezzo in dotazione, quando invece avrebbero dovuto svolgere una pattuglia a tutela del territorio e dei cittadini. In questo caso, abbiamo purtroppo fatti sui quali discordano perizie, dichiarazioni, documenti. Discordanze che saranno però risolte in giudizio. Le responsabilità dei colpevoli porteranno al dovuto rigore delle sanzioni, anche di quelle disciplinari".

E conclude: "Io per primo, e con me i tanti colleghi, oltre centomila, che ogni giorno rischiano la vita - conclude Nistri - soffriamo nel pensare che la nostra uniforme sia indossata da chi commette atti con essa inconciliabili e nell'essere accostati a comportamenti che non ci appartengono. Con sinceri sentimenti. Giovanni Nistri ".