Secondo il rapporto "Le equilibriste: la maternità tra ostacoli e visioni di futuro", di Save the Children, le donne italiane sono tra le più penalizzate al lavoro nell'Ue. Peggio di noi solo la Grecia. Gravidanza sempre più avanti negli anni: 31,7 l'età media del parto
Il ritratto delle madri italiane è quello di donne che portano avanti una gravidanza sempre più avanti negli anni - 31,7 l'età media del parto - e che spesso sono costrette a rinunciare al lavoro e al tempo libero a causa degli impegni famigliari e di un welfare che non riesce a sostenerle. È questa l’immagine che si ricava dai dati contenuti nel secondo rapporto "Le equilibriste: la maternità tra ostacoli e visioni di futuro" sulla condizione materna in Italia, diffuso l’11 maggio da Save the Children, alla vigilia della Festa della Mamma.
<blockquote class="twitter-tweet" data-lang="en"><p lang="it" dir="ltr">Le donne in Italia diventano madri sempre più avanti negli anni <a href="https://t.co/Ur9W6c6Ur9">https://t.co/Ur9W6c6Ur9</a></p>— Save the Children IT (@SaveChildrenIT) <a href="https://twitter.com/SaveChildrenIT/status/862608230861721600">May 11, 2017</a></blockquote> <script async src="//platform.twitter.com/widgets.js" charset="utf-8"></script>
Divario tra Nord e Sud: Trentino prima regione "mother friendly" d'Italia
Sono tre le aree di indicatori prese in esame: cura, lavoro e servizi per l'infanzia. E, dalla seconda edizione del Mothers' Index (Indice della Madri) italiano, emerge come la scelta di diventare madre nel nostro Paese possa pregiudicare la condizione sociale, professionale ed economica di una donna a seconda della Regione nella quale si mette al mondo un figlio. Nel Rapporto di Save the Children si notano, in particolare, squilibri tra il Nord e il Sud. Anche quest’anno, il Trentino Alto Adige si conferma la regione "mother friendly" per eccellenza, seguita da Valle d'Aosta, Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte. Emblematico il caso del Veneto, che rispetto allo scorso anno, sale di tre posizioni, dalla nona alla sesta. Mentre è la Sicilia l’ultima in classifica, preceduta da Calabria, Puglia, Campania e Basilicata. "La condizione delle madri in Italia è ancora critica. Il divario tra Nord e Sud è drammatico e inaccettabile. Ed in ogni caso, anche nelle regioni del Nord, siamo ancora lontani da un modello virtuoso che renda la maternità una risorsa piuttosto che un impedimento”, spiega Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.
I tre indicatori a livello regionale
Nell’ambito del primo indicatore, quello della cura - che comprende una serie di indicatori tra cui i tassi di fecondità delle donne e la distribuzione interna del lavoro famigliare - è la Lombardia la prima, ma è anche la Regione che, insieme a Umbria e Calabria, ha ottenuto un forte miglioramento dovuto soprattutto ad un abbassamento significativo dell'indice di asimmetria, cioè della distribuzione della cura e del lavoro famigliare tra donne e uomini. I dati sull'impiego femminile, invece, rispecchiano a grandi linee l'indice generale di Save the Children, con al primo posto il Trentino Alto Adige e poi Valle d'Aosta, Emilia-Romagna e Lombardia. L'area dei servizi per l'infanzia, cioè quell'area che monitora la competitività delle Regioni in base agli asili nido e ai servizi integrativi ed innovativi per la prima infanzia, conferma la Valle d'Aosta e il Trentino Alto Adige come le migliori. La Toscana in questo caso, rispetto alle altre due aree di indicatori, si posiziona tra le prime cinque Regioni virtuose.
Occupazione femminile: Italia 27esima nell'Ue. Peggio solo la Grecia
Il rapporto mette anche in evidenza che, rispetto ai loro colleghi uomini, in Italia le donne vengono pagate meno. Questo fattore le rende più vulnerabili e a rischio di povertà. In questo quadro, la conseguenza più diretta è un abbassamento del livello di qualità della vita che può pregiudicare le scelte famigliari. Le disparità salariali, i part-time, le riduzioni dell'orario di lavoro e i contratti precari sono le situazioni più frequenti a cui le donne devono adattarsi per non perdere il loro posto nel mercato di lavoro. L'Italia, nell’Ue, è in 27esima posizione per quanto riguarda l’occupazione femminile tra i 25 e i 49 anni. Ciò significa che è al penultimo posto e che dietro al nostro Paese rimane solo la Grecia. A livello mondiale, sul divario di genere, il nostro Paese si posiziona al 50esimo posto complessivo su 144, con una forte flessione rispetto al 2015, quando era in 41esima posizione. Un risultato negativo che riguarda soprattutto gli indicatori relativi al mercato del lavoro e alle opportunità economiche per le donne che vedono scendere l’Italia al 117esimo posto.
Dal congedo parentale agli asili nido: l'Italia e l'Ue
Save The Children evidenzia anche alcuni casi di politiche nazionali da prendere come modelli. Alcuni Paesi europei, come Svezia e Finlandia, prevedono quote di congedo parentale riservate esclusivamente alle madri e ai padri, che devono essere utilizzate obbligatoriamente, pena la perdita del diritto. Ma nell’Ue i padri tendono ad usufruire del congedo parentale ancora poco, con medie che vanno dal 20% al 30%, e in Italia si arriva solo al 10%. In Germania la parental allawance ha permesso al 34% dei padri tedeschi di passare a casa in media 3,1 mesi nei primi anni di vita del figlio. In Italia il congedo di paternità prevede solo due giorni obbligatori, più altri due facoltativi. Con la legge di Bilancio del 2017 è previsto un ulteriore giorno di congedo retribuito al 100%.
Per quanto riguarda l’accesso agli asili nido e dell’infanzia, solo nove paesi in Europa hanno raggiunto l'obiettivo del 33% di bambini sotto i tre anni chefrequentano il nido. L'Italia è di poco sopra il 27% considerando le presenze sia nei nidi pubblici che in quelli privati.
Mamme italiane e part-time: lo sceglie il 34,6%
L’Italia rappresenta un caso a se stante rispetto all’Europa anche per la scelta che molte donne fanno di lavorare part-time. Nel nostro Paese succede a una lavoratrice su tre (34,6%), contro una media Ue del 30%. Con l'aumentare del numero di figli, aumenta anche la percentuale di donne che fa ricorso a questo orario di lavoro, passando dal 36,8% delle donne con un figlio al 41,2% delle donne con due figli fino al 43,1% delle donne con tre o più figli. Con l'aumentare del numero di figli, aumentano anche le possibilità di rimanere disoccupate, mentre per gli uomini le percentuali di occupazione sono molto più alte.