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Giornata internazionale del Mediterraneo: lo stato di salute del nostro mare. GRAFICI

Ambiente
©Getty

L’8 luglio si celebra la giornata internazionale dedicata al Mare Nostrum. Qualche numero per capire meglio come se la passa

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Un mare ricco di storia, cultura, bellezza e biodiversità. Ma anche un ecosistema molto fragile esposto a grandi rischi che richiede di essere tutelato. Anche per questo l’8 luglio di ogni anno si celebra la giornata mondiale del mar Mediterraneo, un’occasione per aumentare la consapevolezza sullo stato di salute del Mare Nostrum e sui pericoli che lo minacciano. 

 

Vediamone alcuni con l’aiuto di qualche numero e grafico. 

La plastica

Ogni anno, secondo un rapporto del WWF, 570 mila tonnellate di plastica entrano nella acque del Mediterraneo. In pratica, spiega l’organizzazione che si batte per la salvaguardia dell’ambiente e delle specie animali, è come se ogni minuto fossero calate in acqua 33.800 bottigliette di plastica. Senza azioni specifiche, da qui al 2050 queste cifre non possono che aumentare considerando il fatto che la produzione di rifiuti plastici nel periodo dovrebbe quadruplicare.

 

La sfida per i Paesi dell’area è da una parte di limitare la produzione, dall’altra di rendere più efficaci ed efficienti i sistemi di smistamento e riciclo dei rifiuti plastici. Come si nota nella tabella qui di seguito, solo la Francia tra gli stati maggiormente responsabili dell’inquinamento plastico del Mediterraneo riesce ad arrivare ad una percentuale di smaltimento superiore al 25%.

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Un altro aspetto su cui il WWF richiama l’attenzione sono i cosiddetti “hotspot”, ovvero quelle aree in cui si concentra una maggiore quantità di detriti di plastica. Come si vede nella mappa qui sotto, questi “punti caldi” coprono tutte le fasce costiere del Mare Nostrum, dalla costa spagnola a quella turca passando per l’Italia, precisamente nell'area intorno al Delta del Po

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La pesca

Secondo la FAO l’area marina che tiene insieme il Mediterraneo e il Mar Nero è quella soggetta a maggiore sfruttamento ittico in relazione alla sostenibilità mettendo a rischio la sopravvivenza di decine di specie acquatiche. Per l’agenzia Onu, la percentuale di pesce pescato a livelli biologicamente insostenibili raggiunge in questa zona il 62,2% la più alta tra tutte le zone in cui sono suddivisi gli oceani del globo. 

 

Ai Paesi che pescano nel Mediterraneo viene quindi chiesto uno sforzo supplementare di attenzione su questo aspetto, in particolare a quelli che sono maggiormente responsabili dello sfruttamento dell’ecosistema, come la Turchia e l’Italia. 

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Innalzamento del mare

Anche il Mediterraneo, come tutti gli altri mari, subisce le conseguenze del riscaldamento climatico. Tra queste l’innalzamento del livello delle acque con le relative conseguenze che questo fenomeno può avere sulle coste, come mostrano i dati del Copernicus Marine Service, il programma di monitoraggio satellitare della terra dell’Unione europea.

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Ovviamente l’aumento del livello delle acque rischia di avere un impatto anche sull’Italia. Secondo l’Enea, entro il 2100, se l’innalzamento proseguirà a questi ritmi, oltre 5.600 chilometri quadrati di coste del nostro Paese saranno a rischio. Tra questi, anche 385 km di spiagge. Un fenomeno che avrà conseguenze anche sull’economia, a cominciare dai principali porti dello Stivale esposti ad un innalzamento stimato tra 96 cm (Savona) e 1 metro e 6 cm (Venezia). 

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Aumento del calore

Anche l’area mediterranea è interessata dal riscaldamento globale. L’aumento delle temperature è testimoniato anche dalla quantità di calore presente nelle acque, un valore in costante crescita nel periodo 1993-2997 che, come osserva il Copernicus Marine Service, ha subito un’accelerazione a partire dal 2005. 

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La crescita della temperatura nella regione, tra le altre cose, mette a rischio, la sopravvivenza di alcune specie, tra queste le tartarughe marine, come afferma uno studio del WWF e come hanno messo in luce ormai parecchi studi scientifici i cui risultati “suggeriscono che un’attenzione speciale è necessaria per conservare l’ecosistema marino del Mediterraneo in corrispondenza con il riscaldamento del clima”.