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Earth Day, Carraro (Ipcc): “Con la guerra negoziati sul clima più difficili”

Ambiente

Alberto Giuffrè

Il rettore emerito dell’Università Ca’ Foscari e vicepresidente dell’Ipcc, cioè il braccio scientifico dell’Onu che si occupa di clima a Sky TG24: “L’impatto della guerra per il momento è limitato”. La transizione? “Non è soltanto necessario ma è conveniente”. E sulla Cop27 spiega: “Non avrei scelto l’Egitto”

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“L'azione per ridurre le emissioni di gas serra per contenere il cambiamento climatico non è soltanto necessaria ma è conveniente”. E la convenienza trascina investimenti e trascina azioni, sia private che pubbliche. Non a caso “Investire nel nostro Pianeta” è il tema scelto quest’anno per la Giornata della Terra, la più grande iniziativa al mondo dedicata all’Ambiente, giunta alla sua 52esima edizione. In occasione dell’Earth Day abbiamo fatto il punto sulla lotta alla crisi climatica con Carlo Carraro, rettore emerito dell’Università Ca’ Foscari e vicepresidente dell’Ipcc, cioè il braccio scientifico dell’Onu che si occupa di clima (L'INTERVISTA INTEGRALE).

 

Come influisce la guerra sui negoziati per il Clima?

“L'impatto per il momento è piuttosto limitato. Le ultime negoziazioni sono state quelle che hanno portato all'approvazione dell'ultimo rapporto Ipcc.  Sono state negoziazioni difficili perché il clima di collaborazione internazionale non è più quello di prima ma è stato comunque un successo. Il documento che supporta l'azione climatica dei governi è stato approvato da tutti i 195 paesi all'unanimità, Russia compresa. Anche i Paesi più riluttanti hanno approvato un documento molto importante per stimolare l'azione climatica nei prossimi anni”.

 

E come influisce sulla transizione?

Sicuramente ci sono interessi che stanno sfruttando la situazione a tutti i livelli. Però la situazione attuale mette in chiaro come la transizione vada accelerata. A livello di Unione europea questo messaggio è stato chiaro. Tutti i leader europei hanno approvato un documento che spinge ad accelerare la transizione verso fonti rinnovabili e quindi abbandonare le fonti fossili in generale, accelerando rispetto a quello che era inizialmente previsto. Anche per sottrarsi a eventuali ricatti da parte della Russia o di altri fornitori”.

 

Ha da poco coordinato un rapporto voluto dal commissario Gentiloni sulla Nuova Era dell'Europa. Cosa è emerso da questo lavoro?

“Se dovessi sintetizzare direi: la transizione non è soltanto energetico-climatica ma deve essere anche sociale. Abbiamo bisogno di creare dei cuscinetti degli ammortizzatori per compensare chi soffrirà o perderà di più. Deve essere anche digitale, perché senza delle infrastrutture digitali adeguate non si può fare la transizione energetica o quella climatica. Deve essere sostenuta da un piano di investimenti pubblici e privati che va sotto il nome, nel nostro rapporto, di Next Generation 2.0. Cioè un prolungamento dell'attuale Next Generation EU.

 

Da dove ripartirà la Cop27, la conferenza sul Clima dell’Onu che quest’anno si terrà in Egitto?

Dai punti non ancora implementati, come il cosiddetto Articolo 6 o i meccanismi per cui gli investimenti fatti nei paesi in via di sviluppo verranno riconosciuti ai paesi sviluppati come minori emissioni. Ecco tutti questi elementi di implementazione, il famoso rule book di Glasgow, devono essere affinati e tradotti in azione. Non basta un accordo su carta, servono poi organizzazioni governance capacità realizzativa che ancora non sono state definite.

 

È immaginabile una Cop senza la Russia?

Finora la Russia ha partecipato a tutti i meeting internazionali sul clima, compresi quelli di due settimane fa che hanno condotto all'approvazione dell’ultimo rapporto Ipcc. È auspicabile che si riesca a distinguere l'azione su un problema globale, che riguarda tutti i paesi e che riguarda il futuro dell'umanità da un problema auspicabilmente contingente come la guerra.

 

E se l’Italia decidesse di non partecipare, sulla base delle tensioni diplomatiche con l’Egitto?

Io penso che sarebbe stato preferibile fare la Coop altrove e non in Egitto. Ma l'azione sul tema cambiamento climatico, come dicevo prima, ha un respiro sia temporale che geografico ben più ampio.

 

Riusciremo a limitare l’innalzamento della temperatura media globale sotto il grado e mezzo rispetto ai livelli preindustriali?

È molto difficile. Ma questo non significa che se non raggiungiamo l’obiettivo del grado e mezzo ci sia poi la catastrofe.