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Salvare gli oceani, l’Onu lancia il decennio del mare

Ambiente
©Getty

Con la “Decade of Ocean Science for Sustainable Development (2021-2030)” le Nazioni Unite promuovono un’iniziativa per mobilitare la comunità scientifica, i governi, il settore privato e la società civile intorno a un programma comune di ricerca e di innovazione, a tutela della salute degli oceani, messa sempre più a dura prova. L’intervista di Sky TG24 a Francesca Santoro, membro della Commissione Oceanografica Intergovernativa dell’Onu

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Copre il 71% della superficie terrestre, la sua salute è fondamentale per la vita sulla Terra e per il benessere umano, ma lo conosciamo ancora troppo poco. Il mare è in sofferenza a causa del riscaldamento globale, dell’inquinamento, della pesca intensiva di alcune specie di pesci. E il suo futuro è a rischio. Per questi motivi l’Onu ha deciso di dedicargli il "Decennio del mare", a partire dal gennaio 2021. L’iniziativa - il cui titolo ufficiale è “Decade of Ocean Science for Sustainable Development” (Decennio delle Scienze del Mare per lo Sviluppo Sostenibile”) - punta a sensibilizzare e mobilitare sul tema e a far progredire la conoscenza sugli oceani per elaborare soluzioni collettive. Tra gli scopi c’è anche quello di favorire la cooperazione internazionale nel campo delle scienze oceaniche e coordinare programmi di ricerca. Tra le iniziative anche un Oceanthon, un hackathon digitale rivolto ai giovani talenti. Francesca Santoro, funzionaria dell’Unesco e membro della Commissione Oceanografica Intergovernativa dell’Onu, ha risposto ad alcune domande a pochi mesi dal lancio dell’iniziativa (SKY OCEAN RESCUE - LO SPECIALE).

In cosa consiste il decennio del mare a livello globale?

Le Nazioni Unite hanno dichiarato il 2021 –2030 la Decade of Ocean Science for Sustainable Development (Decennio delle Scienze del Mare per lo Sviluppo Sostenibile), iniziativa nata dall’impegno dell’Intergovernmental Oceanographic Commission (COI) dell’UNESCO che mira a mobilitare la comunità scientifica, i governi, il settore privato e la società civile intorno a un programma comune di ricerca e di innovazione tecnologica. Se numerosi sono i problemi da affrontare per tutelare la salute del mare, la necessità più urgente è trovare collettivamente soluzioni trasformative sia a sfide esistenti che a quelle future. Le soluzioni saranno tante e varie e differiranno nella loro forma e scala per rispondere al meglio alle esigenze regionali, nazionali e locali contesti. Le soluzioni proposte dovranno evolversi e adattarsi per rispondere a un clima che cambia, e includeranno anche proposte che mirino ad aumentare l’interfaccia tra scienza e politica.

 

Tutte queste soluzioni richiederanno una chiara comprensione delle barriere al cambiamento del comportamento umano su larga scala: se tali barriere non vengono superate, allora le soluzioni sviluppate attraverso l’aumento della conoscenza dell’oceano avranno un impatto limitato. Il Decennio si occuperà anche di far comprendere ai governi, ma anche alle fondazioni, che per aumentare la conoscenza dell’oceano servirà sviluppare la ricerca oceanografica. Gli investimenti nazionali sulla ricerca oceanografica sono ancora molto bassi con una media dell'1% dei budget nazionali per la ricerca. Il Decennio servirà anche per avviare una grande campagna di comunicazione e di educazione all’oceano, ocean literacy, che mira a creare una «Generazione Oceano», una generazione che è pienamente consapevole dell’importanza dell’oceano per il nostro pianeta, per la nostra salute, per il nostro futuro.  

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Quali sono i focus italiani di questa iniziativa?

L’Italia con la sua posizione nel Mediterraneo deve giocare un ruolo centrale in questo Decennio. L'Italia ha inoltre un' importante tradizione sulle scienze del mare, mi piace qui ricordare che la prima campagna oceanografica della storia compiuta alla fine del 1600, è stata coordinata da un italiano, Luigi Ferdinando Marsili, i cui risultati compongono forse il primo trattato scientifico dell'oceanografia moderna. Per questo primo evento italiano abbiamo deciso di concetrarsi su tre dei sette risultati attesi del decennio. Ovvero un oceano resiliente, produttivo e sano. Questi risultati attesi sono strettamente correlati a questioni come cambiamento climatico, prevenzione e gestione dei rischi naturali, pesca sostenibile ed anche a un tema che sta diventanto sempre più di attualità. Ovvero la connessione tra salute del mare e salute umana. Un esempio di questa stretta connessione è il fatto che gli organismi marini sono una fonte eccellente di nuovi enzimi e sostanze chimiche che vengono sempre più utilizzati per sviluppare farmaci usati nella cura del cancro e dell'alzheimer. Le variazioni all’interno delle specie possono produrre differenze nei composti e nelle concentrazioni a seconda dei diversi ambienti marini, perciò è essenziale tutelare il patrimonio genetico e la biodiversità di questi ambienti. Inoltre, molti sono gli  studi che dimostrano la connessione tra salute umana, sia fisica sia mentale, il wellbeing, e la vicinanza al mare. Alcuni ricercatori chiamano questa connessione «Blue gym effect». 

Qual è l'obiettivo dell'Oceanthon?

L’obiettivo dell’Oceanthon è quello di riunire giovani esperti di varie discipline e campi, dalle scienze del mare all’economia, dal design al marketing per pensare a soluzioni innovative ad alcune delle sfide che dovremo affrontare per il prossimo Decennio. Vogliamo infatti dimostrare che tutti hanno un ruolo da giocare nello sviluppo delle soluzioni e soprattutto che innovazione, digitalizzazione e sostenibilità devono andare di pari passo. Il nostro sarà infatti un hackathon interamente digitale che vedrà le diverse squadre impegnarsi per 48 ore per proporre idee innovative a questioni come le energie rinnovabili, il turismo sostenibile e la difesa delle nostre coste da fenomeni come l’innalzamento del livello del mare, ma anche a tutte le questioni che riguardano la necessità di aumentare la consapevolezza di tutto sull’importanza dell’oceano per il nostro futuro.

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Sul fronte dei cambiamenti climatici non è infrequente sentir parlare di “decade persa”, un’occasione mancata di porre le basi per la soluzione del problema. Qual è la sua speranza per la prossima decade, con particolare riferimento al mare?

La mia speranza è che ci sia una mobilitazione di tutti dai governi al settore privato dai cittadini alle scuole e università, ma anche del mondo della comunicazione, dell’arte e della musica. Il mare ispira e coinvolge tutti e questo è sicuramente un punto di partenza importante. Inoltre molti sono quelli che individuano nell’oceano una cosiddetta nuova frontiera di sviluppo economico e di posti di lavoro. L’occasione da non perdere e la mia speranza è che questo sviluppo segua i principi dello sviluppo sostenibile. Spero inoltre che molti ragazzi decidano di intraprendere una carriera legata alla tutela del mare. E non parlo esclusivamente di dedicarsi alla ricerca scientifica. Molto sono i modi in cui ognuno di noi può contribuire a salvare il nostro mare.   

 

Tra climate change e pandemia, il mondo si trova a fronteggiare emergenze globali in cui la scienza gioca un ruolo cruciale. Eppure la sua centralità sembra essere messa in dubbio. Qual è la chiave per tenerla sempre al giusto posto nella consapevolezza della società?

Credo che sia estremamente importante lavorare sulla cosiddetta science literacy. Questa pandemia ha dimostrato che molti non conoscono né il metodo scientifico né che la scienza è per definizione associata al concetto di incertezza. Se i ragazzi, e quindi poi gli adulti, non capiscono in cosa la scienza può essere utile e cosa vuol dire produrre dei dati o analizzarli il rapporto tra scienza e società sarà sempre complicato. Uno dei principi che vogliamo portare avanti con il Decennio delle Scienze del Mare è che la scienza è al servizio della società. Jane Lubchenco, una delle più importanti oceanografe del mondo, ha proposto un nuovo contratto tra scienza e società. Questo contratto rappresenta un impegno da parte di tutti gli scienziati a dedicare le proprie energie e talenti ai problemi più urgenti e in proporzione alla loro importanza. I bisogni nuovi e insoddisfatti della società includono informazioni, comprensione e tecnologie più complete per consentire alla società di muoversi verso un mondo più sostenibile, ecologicamente, economicamente e socialmente. Per affrontare questa sfida saranno necessarie una nuova ricerca fondamentale, una trasmissione più rapida ed efficace della conoscenza nuova ed esistente ai responsabili politici e ai responsabili delle decisioni e una migliore comunicazione di questa conoscenza al pubblico.  

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