L'iniziativa è stata lanciata dalla società Bio-on che ha messo al servizio dei ricercatori di tutto il mondo, gratuitamente, il proprio prodotto per sviluppare progetti innovativi e presentare possibili nuovi campi di applicazione. SPECIALE SKYTG24: Un mare da salvare
L'iniziativa della società Bio-on
Quella di Bio-on è una sfida internazionale lanciata al mondo della ricerca nel campo delle bioplastiche. La società italiana, infatti, invierà a tutti coloro che presenteranno i progetti più innovativi la quantità di bioplastica necessaria per i loro esperimenti. "Pensiamo – ha detto il Ceo di Bio-on, Marco Astorri – sia un segnale importante, per la comunità scientifica e anche per il mercato perché mettiamo a disposizione in modalità 'open source' la nostra tecnologia che ha ottenuto finora oltre 60 brevetti e ha dimostrato di poter essere applicata in molteplici ambiti". Automotive, design, materiali flessibili o rigidi per il packaging, biomedicale e giocattoli sono solo alcuni dei campi di applicazione della tecnologia. "Ma siamo convinti – ha aggiunto Astorri - che ci siano ancora tantissimi modi per offrire al mondo questo straordinario materiale che nasce dalla natura". Tutte le bioplastiche PHAs, sigla che sta ad indicare i "poli-idrossi-carbonati", sono ottenute da fonti vegetali rinnovabili. Secondo la Bio-on che le ha prodotte, garantirebbero le medesime proprietà delle plastiche tradizionali, col vantaggio di essere eco-sostenibili e biodegradabili al 100%, in modo naturale e a temperatura ambiente.
L'inquinamento da plastica
Ogni anno negli oceani finiscono circa otto milioni di tonnellate di plastica. E si stima che questi numeri potrebbero raddoppiare nel giro di 15 anni. La Ellen Macarthur Foundation ha calcolato che di questo passo, entro il 2050 negli oceani potrebbe esserci più plastica che pesci. Le plastiche biodegradabili, in questo senso, rappresentano un passo avanti fondamentale per lo sviluppo sostenibile, considerando che per smaltire una bottiglia di plastica tradizionale, ad esempio, ci vogliono almeno 450 anni. Un tempo che il pianeta non può aspettare perché - nel frattempo - i danni alla flora e alla fauna marine sono incalcolabili.