Jorge Mario Bergoglio

Dieci anni da Francesco

Ci sono vite che incidono sulle vite di tutti, ci sono storie che cambiano la Storia. Quando il 28 febbraio 2013 il bianco elicottero con a bordo un Papa dimissionario si elevò accanto al Cupolone, sorvolò il Colosseo, e lasciò Roma direzione Castelgandolfo, la Chiesa si sentì orfana, e molti nel mondo piansero per la clamorosa e inattesa rinuncia fatta da Joseph Ratzinger: iniziò la Sede Vacante, il periodo di interregno in attesa di un nuovo Pontefice. Ma quando, il 13 marzo 2013, dopo un conclave velocissimo, al balcone centrale della Basilica di San Pietro si affacciò l’argentino Jorge Mario Bergoglio, una ondata di entusiasmo tornò a percorrere il cattolicesimo. In quel momento il mondo seppe chi era il nuovo capo in terra della Chiesa cattolica, vicario di Cristo e successore di Benedetto XVI: l’argentino Jorge Mario Bergoglio, primo gesuita e primo latinoamericano della storia a salire sul soglio di Pietro.

Nel precedente conclave, secondo quanto era trapelato dalle segretissime riunioni nella Cappella Sistina, nelle urne d’acciaio poste sotto il Giudizio Universale di Michelangelo era stato lui il cardinale più votato dopo Ratzinger. Questa volta, con sua stessa grande sorpresa, il collegio cardinalizio lo scelse come successore di Pietro. “Mi sorpresi anche io”, ebbe poi modo di dire il papa emerito Benedetto XVI, “credevo che nel conclave precedente avesse già avuto la sua occasione”. Ma in quel conclave, nel 2005, i due non erano stati antagonisti: quando Bergoglio seppe che i voti che raccoglieva servivano a bloccare l’elezione di Ratzinger, per poi eventualmente convergere su un altro candidato che poteva in questo modo ottenere la maggioranza richiesta, chiese ai suoi amici di votare il cardinale tedesco. Che così divenne Papa. E quando dopo l’elezione di Bergoglio i due Papi vestiti di bianco, quello in carica e quello emerito, si incontrarono per la prima volta, preludio di una convivenza inedita, grande fu l’emozione trasmessa da quelle immagini, che per la prima volta era possibile vedere nella bimillenaria storia della chiesa cattolica. Ed era stato soprattutto il discorso che Bergoglio tenne a tutti i cardinali riuniti nelle riservatissime riunioni del Preconclave a convincere i suo confratelli che, nonostante l’età avanzata, era proprio lui, il cardinale di Buenos Aires, l’uomo giusto per guidare la chiesa nel nuovo frangente storico: il testo letto da Bergoglio parlava di riforme e di cambiamenti, era un appello a un nuovo corso nella chiesa, non nella dottrina ma nella pratica, che nell’attenzione agli ultimi e a chi era fuori dallo steccato cattolico poneva il suo fulcro. Un vero programma di pontificato.

Item 1 of 3

Un pontificato dalle caratteristiche insolite: dopo l’elezione Francesco sale in pullman con i cardinali, lascia l’appartamento papale e resta nella residenza di Santa Marta, la mattina dopo essere diventato Papa a sorpresa va nella Basilica di Santa Maria Maggiore, dove poi si recherà sempre prima e dopo ogni viaggio per deporre fiori davanti all’Immagine della Madonna “Salus Populi Romani”. Lì andava Sant’Ignazio, il fondatore dei gesuiti, lì andava Bergoglio da cardinale le pochissime volte che veniva a Roma, non avendo mai, ed è significativo, voluto assumere incarichi nella Curia Romana, probabilmente per diffidenza verso il potere esercitato da Roma. E quel primo giorno si scoprono alcuni Leit Motiv del suo pontificato. Ama telefonare ad amici e a gente sconosciuta che si rivolge a lui, e usa una parola ”Misericordia” che diverrà il filo d’oro che lega i suoi anni da Papa. Ai sacerdoti della Basilica ripete parole che poi diverranno una delle cifre del Pontificato:

“Misericordia, abbiate sempre misericordia con tutti. Non dimenticate la Misericordia”.

Un programma riassunto nel nome scelto come Papa, e che nessuno prima di lui aveva mai osato proporre. Nell’incontro con i giornalisti pochi giorni dopo l’elezione, il 16 marzo 2013, raccontò: “Nell'elezione, io avevo accanto a me l'arcivescovo emerito di San Paolo e anche prefetto emerito della Congregazione per il clero, il cardinale Clàudio Hummes. Quando la cosa diveniva un po' pericolosa, lui mi confortava. E quando i voti sono saliti a due terzi, viene l'applauso consueto, perché è stato eletto il Papa. E lui mi abbracciò, mi baciò e mi disse: Non dimenticarti dei poveri! E quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri. Poi, subito, in relazione ai poveri ho pensato a Francesco d’Assisi. Poi, ho pensato alle guerre, mentre lo scrutinio proseguiva, fino a tutti i voti. E Francesco è l'uomo della pace. E così, è venuto il nome, nel mio cuore: Francesco d'Assisi”.

Item 1 of 4

L'ABBRACCIO AGLI ULTIMI

Item 1 of 5

Il Pontificato di Francesco può apparire semplice, perché riesce a parlare con parole comprensibili a tutti, ma in realtà è molto più complesso, come ci si aspetta da un gesuita che da Papa ha preso il nome del fondatore di un altro Ordine religioso, Francesco. Un pontificato che si dirama su molte strade. Non tutte concluse. “L’importante”, ripete spesso, “è aprire tracciati che altri amplieranno”. Costruire sentieri. E Bergoglio ha un sogno, che dichiara subito, in quel 16 marzo 2013:  “Ah, come vorrei una chiesa povera per i poveri”.

 “Penso alla Chiesa come un Ospedale da Campo” dirà nella sua prima intervista, rilasciata a Padre Antonio Spadaro, direttore della rivista gesuitica Civiltà Cattolica. La sua non è una scelta pauperistica, ma un’attenzione a quella che, già nel documento finale coordinato dal cardinal Bergoglio nella grande riunione dell’episcopato Latinoamericano di Aparecida nel 2007, è indicata come una scelta preferenziale per i poveri, gli ultimi, i diseredati, quelli che non sono sotto i riflettori dei media e dei potenti del mondo. Senza bisogno di rifarsi ad analisi ideologiche, come faceva la Teologia della Liberazione, alla quale Bergoglio, a differenza di tanti anche nel suo ordine, non ha mai aderito. “Essere a favore dei poveri non è marxismo, ma cristianesimo”, spiegherà di fronte ad accuse ricorrenti.

Stare vicino ai poveri, vicino alla gente, come faceva da cardinale quando in metropolitana andava a trovare i suoi sacerdoti che aveva inviato nelle Villas Miserias, le baraccopoli di Buenos Aires. E allora Francesco decide che i suoi viaggi pastorali devono essere fatti principalmente nei luoghi d’ombra, le periferie del mondo. Una scelta mantenuta constante nel pontificato, con viaggi anche in paesi dove i cristiani sono pochissimi, o dove ci sono conflitti dimenticati. A cominciare dal suo primo viaggio, che dà l’impronta a tutti quelli successivi: Lampedusa, lambita da un mare, il Mediterraneo  che definisce una tomba d’acqua. Qui, Bergoglio getta una corona di fiori in mare, a pochi giorni di distanza da un naufragio che causò una immane tragedia.

Stare vicino agli ultimi, a chi soffre e muore dimenticato, considerare l’umanità fatta da Fratelli perché figli di un unico Padre, come scriverà nell’enciclica Fratelli Tutti. E non si limita a esortare gli altri. In Vaticano apre docce, bagni, crea case di accoglienza anche in palazzi della chiesa che dovevano essere trasformati in hotel di lusso, favorisce presidi sanitari per i poveri. E la penitenzieria apostolica diventa il suo braccio per fare la carità.

Sembrerebbe semplicemente l’annuncio evangelico, ma per molti è qualcosa di disturbante, le implicazioni concrete sono tante. E il problema dell’immigrazione diventa un tema scottante del suo pontificato, che gli attira critici e nemici, odi e rancori, anche nel mondo cattolico. Che lo getta inevitabilmente nell’agone politico. Non solo un tema da risolvere, ma per Bergoglio, figlio di migranti italiani partiti in nave per l’argentina, un paradigma del millennio che avanza, una prospettiva di mescolanze inevitabile per il mondo che si prospetta, e che va gestito con abilità e intelligenza.

Item 1 of 4

Contro il nuovo capitalismo

Non è secondario che papa Bergoglio sia stato pastore di una grande metropoli, Buenos Aires, nella quale coesistono il “nord” e il “sud”, l’idolatria del potere e del denaro insieme alle Villas Miserias; la secolarizzazione estrema e una radicata religiosità popolare. Forte di queste esperienze, Bergoglio si scaglia contro la grande finanza quando è spietata, contro un capitalismo che troppo spesso affama invece di creare sviluppo, contrappone i troppo ricchi e i troppo poveri, parla di una diffusa cultura dello scarto. E cerca di dare sviluppo, con una azione insolita, ai Movimenti popolari, quelli che agiscono dal basso. Dopo il primo incontro in Colombia, ne convoca altri in Vaticano, facendo venire rappresentanti da tutto il mondo.

“Senza lavoro non c’è dignità”

Il lavoro, la disoccupazione, lo sfruttamento sono al centro delle sue preoccupazioni. Incita ripetutamente la politica a farsi carico del problema, incontra comitati di fabbrica e lavoratori di aziende in crisi, chiede a tutti di cambiare la prospettiva. “Senza lavoro non c’è dignità” ripete spesso. “Il lavoro è un diritto”. E parla della disoccupazione giovanile come di una piaga che rischia di minare la crescita di intere generazioni, condanna lo sfruttamento, l’emarginazione femminile sui posti di lavoro, il voler arricchirsi dei grandi gruppi industriali e della nuova economia restando indifferenti alle condizioni degli uomini che offrono la loro prestazione lavorativa. E c’è anche chi fa affari sul sangue della gente. Non solo i Signori della guerra e trafficanti di armi, ma ancora di più le Aziende che le armi le producono, nell’indifferenza della politica. Francesco chiede il disarmo nucleare, non si stanca di chiedere negoziati per sanare i conflitti, e cerca di accendere i riflettori sui conflitti dimenticati.

Un’attenzione agli ultimi che si manifesta anche durante la Pandemia da Coronavirus: stigmatizza l’egoismo dell’Occidente, e chiede che i vaccini vengano dati ai Paesi poveri. Non è solo questione di giustizia, dice, ma anche una mossa strategica per impedire che il virus continui a diffondersi. E vaccinarsi, dice, suscitando polemiche tra i No Vax, è una scelta morale, difesa di sé e della salute degli altri.

LA PREGHIERA SOLITARIA
IN PANDEMIA

Item 1 of 3

Il Papa che cammina silenzioso per le vuote strade di Roma per andare a pregare davanti a un crocefisso ritenuto miracoloso è una delle immagini che contraddistingueranno, nell’immaginario di tutti, il drammatico periodo della pandemia da Covid19, come la preghiera solitaria per chiedere la fine della pandemia, celebrata sotto la pioggia  in una Piazza san Pietro deserta ma mai percepita così affollata: su di essa c’erano gli occhi del mondo.

L'ecologia integrale

“La nostra casa comune è come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza. (…) Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi. Per questo, fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che «geme e soffre le doglie del parto»”. L’attenzione all’ambiente di papa Francesco continua quella di papa Ratzinger, che era stato definito il Papa Verde e aveva deciso di portare il minuscolo Stato del Vaticano ad essere il primo al mondo a Impatto Zero. E Bergoglio accusa: basta sfruttare la terra, rischiamo l’estinzione. Non si può più aspettare per intervenire. Incontra in Piazza san Pietro Greta Thunberg, dice che occorre ascoltare la voce dei giovani a cui si lascerà  in eredità il mondo, ha una visione dell’ecologia integrale, che coinvolge sia la natura che tutti gli aspetti della vita dell’uomo. Convoca un Sinodo, prima volta che accade a livello regionale, dedicato al polmone del Mondo, l’Amazzonia, per difendere sia l’ambiente che le popolazioni che lì vivono.

Le riforme interne alla Chiesa

Le opposizioni a Francesco non sono solo esterne, ma anche interne. Nella Chiesa. Come è successo in ogni pontificato moderno. Ma le contestazioni a lui non sono emerse subito, come accaduto per altri Papi, complice il grande consenso iniziale ottenuto anche nel mondo laico. Il suo ampio programma di riforme incide però su interessi e privilegi, e anche per questo non è stato veloce e incisivo come lui stesso si aspettava, alcune sue scelte hanno suscitato perplessità, il suo decisionismo ha creato tensioni, certe posizioni hanno provocato aperta ribellione. Anche, esplicitamente, in cardinali, in quattro , e di grande rilievo, firmarono una lettera, a cui poi aderirono altri cardinali e vescovi, conosciuta come “I Dubia” chiedendo pubblicamente, e per anni,  di spiegare parole non ritenute chiare nell’esortazione apostolica Amoris Laetitia riguardanti la Comunione ai Divorziati risposati: sul web, più che sulla carta stampata, si sono moltiplicati siti di forte antagonismo  al pontificato, e Francesco si è trovato come in una tenaglia tra conservatori e progressisti: da una parte ampie componenti della  Chiesa americana, guidate dalla corrente Teo Con,  lo ritengono su posizioni troppo avanzate, gli rimproverano per esempio di non parlare abbastanza dei temi Pro Life, dall’altra c'è chi nella Chiesa tedesca spinge perché il Sinodo nazionale  possa  decidere su preti sposati, coppie gay e ordinazioni femminili.

La stretta sulla pedofilia

Una riforma che non viene contestata è la stretta sulla pedofilia. Un orrore penetrato in tanti luoghi della chiesa, spesso con numeri e coperture insospettabili. Un dramma contro cui Bergoglio, seguendo la strada aperta da Ratzinger, si è impegnato con decisione. Cercando di coinvolgere tutti gli episcopati del pianeta, convoca a Roma i capi delle Conferenze episcopali delle varie nazioni, per indicare le linee essenziali per la lotta a questa piaga. Incontra sia nei vari viaggi che in Vaticano, le vittime, prega e piange con loro, ascoltando le drammatiche testimonianze. Fa dimettere vescovi e cardinali che si scopre abbiano compiuto atti pedofili o che non hanno agito con energia contro gli abusi, chiede che le denunce vangano fatte non solo agli organismi ecclesiali ma anche alle autorità civili, e fa dimettere una intera conferenza episcopale, quella del Cile, per avergli nascosto la verità su un sacerdote pedofilo in occasione del suo viaggio nella nazione.

Il dovere a non emarginare

C’è chi semplifica il pontificato di Francesco riducendolo a slogan, e ogni atto di Bergoglio viene letto come fosse una rottura con la tradizione, e così, con una interpretazione precostituita viene banalizzato il suo magistero. Le sue frasi contro l’aborto e l’Eutanasia, identiche a quelle che quando venivano pronunciate da Benedetto XVI conquistavano i titoli di prima pagina facendo gridare all’oscurantismo, adesso semplicemente troppo spesso non vengono riportate.

Conquistano invece la ribalta le sue dichiarazioni di grande attenzione verso le persone gay a partire da quella pronunciata sul volo di ritorno del suo primo viaggio in Brasile. Una frase abitualmente citata solo sinteticamente: “Chi sono io per giudicare un gay”, ma che aveva anche un significato assai più ampio. “Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla?”. Aveva detto rispondendo alle domande dei giornalisti in volo con lui. “Il Catechismo della Chiesa Cattolica spiega in modo tanto bello questo, quando dice: non si devono emarginare queste persone per questo, devono essere integrate in società”.

Le parole di Francesco sugli omosessuali hanno certamente una connotazione e una insistenza insolita nel magistero papale, e fanno parte della sua teologia della tenerezza. Ogni persona è importante per Dio e per la Chiesa, indipendentemente dall’orientamento sessuale. Ma Francesco non ha mai inteso dare l’approvazione della Chiesa a rapporti che invece la Dottrina cattolica non considera leciti. E così, lui richiama tutta la Chiesa ad andare all’essenziale, a quello che conta davvero: l’amore di Cristo per ogni uomo.

Perché il cristianesimo, ricorda Francesco, non è un insieme di precetti morali e di dottrine, ma un avvenimento: Dio che si fa carne e si rende incontrabile. Se lo si riduce a morale, il cristianesimo diventa asfittico e muore, come una ideologia, e non affascina più nessuno, non può cambiare la vita. Occorre dare tutti i diritti che servono perché uomini e donne possano vivere felici, spiega, senza incidere sul concetto di famiglia, fondamento della società, e che può essere solo fra uomo e donna.

Item 1 of 3

L'azione diplomatica e l'ecumenismo

L’azione diplomatica di papa Francesco si fonde con la sua attenzione verso le altre religioni e anche verso le diverse confessioni cristiane. Gli incontri con i capi di stato del mondo, il suo impegno sugli scenari di guerra, si sovrappongono alla cura con cui si dedica a disinnescare le asperità tra le fedi. Dialogo, è la parola cardine di questo suo impegno sia sul fronte politico che su quello religioso. Viene pubblicamente ringraziato, nello stesso giorno, dal Presidente degli Stati Uniti e da quello di Cuba, Obama e Raul Castro, per l’azione diplomatica fatta dal Vaticano e che portò alla fine dell’embargo nell’isola e l’inizio di rapporti nuovi dopo decenni di tensioni, la crisi della Baia dei Porci degli anni ’60 era addirittura sembrata preludere a un conflitto nucleare.

Francesco incontra e abbraccia davanti al Muro del Pianto di Gerusalemme un Rabbino e un Imam, gesto che simbolizza la possibilità delle Religioni di vivere in pace e per la pace lavorare, con Abu Mazen e Ariel Sharon e il Patriarca ortodosso di Costantinopoli Bartolomeo piantano un ulivo simbolo di pace nei giardini vaticani,

La figura di Francesco che diventa centrale in tanti rapporti con i potenti del mondo, ma il suo attivismo non piace a tutti. Anche i suoi viaggi diventano occasione per denunce politiche, palesi o fatte con gesti indiretti. Come quando Francesco celebra Messa davanti al Muro di divisione tra Israele e Palestina, e presiede una analoga celebrazione liturgica davanti al confine tra Messico e Stati Uniti, il che provoca uno dei tanti scontri acidi con l’allora presidente degli Usa Donald Trump.

Un Papa che non nasconde antipatie e simpatie, e che antipatie e simpatie raccoglie: quando il presidente Usa che succede a Trump, Joe Biden, è a Roma per il G20, compie un gesto inusitato, e fa attendere un’ora il Presidente della repubblica italiana Sergio Mattarella pur di continuare il colloquio in Vaticano con Bergoglio. E l’esempio più lampante di come politica e religione siano inevitabilmente mescolate, è il protocollo firmato con la Cina, il cui testo rimane tuttora segreto, e che chiude lo scisma della Chiesa popolare legata al Governo e della Chiesa Patriottica, sotterranea e perseguitata, legata a Roma. Un accordo che suscita molte reazioni, anche quelle fortissime del Cardinale cinese Zen, che lo considera un tradimento di fronte al martirio di una chiesa per decenni oppressa, e che ancora non può manifestarsi liberamente. Ed è in particolare con l’Islam, che Francesco crea un rapporto che tenta di scardinare logiche di antitesi, un passo tanto più significativo perché fatto negli anni insanguinati dal terrorismo islamico.

“Il terrorismo è una bestemmia contro Dio, non si può usare il nome di Dio per uccidere i fratelli”.

Il giorno in cui apre l’anno santo della Misericordia, per la prima volta non a Roma ma nella Repubblica Centrafricana sconvolta da un feroce conflitto, fa salire sulla papamobile un Imam, ad Abu Dhabi firma un documento sulla Fratellanza Universale che verrà studiato nelle scuole coraniche e nelle università pontificie, e addirittura il documento più solenne di un Papa, una Enciclica, che intitola Fratelli tutti, nasce, scrive Francesco sin dall’inizio, da quell’incontro in terra Islamica, e a presentarla chiama, insieme a cardinali e vescovi, un giudice musulmano, segretario di quell’Alto Comitato per la Fraternità Umana nato dopo la dichiarazione di Abu Dhabi.

“Siamo in una Terza Guerra Mondiale a pezzi”

L’espressione di Francesco è oramai diventata di uso corrente per definire lo stato del pianeta, dove sono in corso innumerevoli guerre e conflitti che coinvolgono anche le grandi potenze. E Bergoglio si scaglia ripetutamente contro le guerre, contro i governanti indifferenti al bene dei popoli che invece vogliono ovunque la pace, contro chi costruisce armi e fomenta i conflitti per venderle.

“La guerra è cominciata a pezzetti e adesso nessuno può dire che non è mondiale, perché le grandi potenze sono tutte invischiate. E il campo di battaglia  è l'Ucraina. Lì lottano tutti”, dice Bergoglio nei giorni in cui si festeggiano i suoi dieci anni di pontificato. E si scaglia contro l’industria delle armi. “Se per un anno non si producessero le armi sarebbe risolto il problema della fame nel mondo. È un mercato. Si fa la guerra, si vendono le armi vecchie, si provano le nuove”. A questo servono le guerre, e dietro ci sono interessi finanziari che governano il pianeta. E tra i conflitti che più lo preoccupano ci sono quelli nello Yemen, in Siria, e le sofferenze vissute dal popolo Rohingya del Myanmar. “Perché tutte queste sofferenze?” si chiede. “Le guerre fanno male. Non c'è lo spirito di Dio. Io non credo nelle guerre sante".

All’indomani dello scoppio della guerra in Ucraina, papa Francesco telefonò al Presidente Zelensky e andò personalmente, cosa inedita, dall’ambasciatore russo presso la Santa Sede. “Gli dissi che ero disposto ad andare a Mosca a patto che Putin mi lasciasse una finestrina per negoziare”, ha rivelato. “Mi scrisse il ministro degli Affari Esteri Lavrov dicendo grazie ma non è il momento. Putin sa che sono a disposizione. Ma lì ci sono interessi imperiali, non solo dell'impero russo, ma degli imperi di altre parti. E proprio dell'impero è mettere al secondo posto le nazioni".

Francesco ha sempre detto con forza che l’aggressore è la Russia e l’Ucraina è un popolo martire che si difende. Guerra che ha definito assurda e crudelissima. Ma incita i potenti del pianeta a non fare di quel paese un terreno di scontro per l’egemonia sul mondo, ma ad aprire, finalmente seri negoziati di pace. "Ma lì ci sono tutti gli interessi imperiali, non solo dell'impero russo, ma degli imperi di altre parti" ha detto.

E continua a proporre, incessantemente, la Santa Sede come mediatrice in un processo di dialogo per arrivare alla pace.


Foto: Agenzia Ipa