La scuola
che verrà

500 parole per raccontare il futuro. Migliaia di studenti e studentesse delle scuole medie e superiori hanno partecipato al premio di scrittura promosso da Zanichelli e Scuola Holden.

Sky TG24 ha tradotto in illustrazioni animate due di questi scritti. Ecco video, testi e immagini.

La mia scuola colorata di libri

di Serena Biscari

Muoversi in sedia a rotelle è difficile, è difficile fare qualsiasi cosa, dopo l’incidente. Il momento della mia giornata più difficile è la mattinata a scuola: passo tra i corridoi e tutti si zittiscono, mi guardano con la coda dell’occhio e bisbigliano tra loro, come se io non potessi sentirli. I miei compagni si rivolgono a me solo per un veloce saluto di circostanza, poi appena possono, continuano i loro discorsi e le loro attività, come se io non esistessi.

In classe passo le ore a guardare l’orologio e evitare gli sguardi di compagni e insegnanti. La mia vita, dopo l’incidente è monotona, solitaria, triste. La sera, invece, quando sono da sola nella mia stanza, posso vivere storie incredibili dove creature magiche popolano foreste incantate e le antiche leggende diventano realtà.

I libri sono il mio mondo, lì anche una ragazzina senza gambe può essere invincibile. Quando un giorno mi consegnarono un volantino che invitava ad un concorso indetto da una prestigiosa scuola di scrittura creativa: finalmente avrei potuto partecipare con una delle mie storie fantasy. Questa volta la protagonista della mia storia sono proprio io, Diana.

Diana ha tredici anni, frequenta la terza media ed ha ottimi risultati scolastici. Un brutto giorno però, in seguito ad un terribile incidente stradale, i medici si trovarono costretti ad amputare entrambe le gambe a livello del femore. Diana è obbligata a ricominciare la sua vita da zero, su una strada piena di ostacoli, dove a scuola tutto è cambiato.

I compagni la evitano, forse sono in imbarazzo, non sanno cosa dirle. La evitano: ingenuamente pensano che lei non abbia voglia di sentire i loro discorsi, quando parlano di uscire al sabato, andare alle feste, mangiare una pizza... Ma Diana la notte sogna; sogna un futuro prossimo dove non ci sono scuole grigie e tristi, ma pareti dipinte di tutti i colori, affrescate con immagini di draghi e fate, una scuola con immense aule dove gli scaffali, che toccano il soffitto, sono riempiti di libri di ogni genere.

Diana sogna un enorme giardino al centro del quale si staglia una grande quercia; tutti gli alunni della scuola scrivono e disegnano con le penne colorate i propri sogni sulle foglie. In quella scuola Diana riesce a superare tutti gli ostacoli nonostante la sedia a rotelle perché lì ha amici e insegnanti che stanno al suo fianco.

Diana sogna, ma quando si risveglia non è seduta ad un banco tra quattro mura grigie né a casa sua, è seduta sotto una grande quercia con le foglie dipinte dai colori più sgargianti e attorno a lei i ragazzi corrono, leggono libri e stanno tutti insieme.

La mia storia non l’ho scritta solo per vincere, l’ho scritta per me stessa come un appiglio per sperare di svegliarmi veramente nel futuro, in un posto migliore, ma anche se è solo fantasia ora posso provare io stessa a rendere realtà quella scuola colorata e felice, quando sarò grande, per tutti i futuri bambini che entreranno e si sentiranno come mi sono sentita io, come in un sogno.

Quant’è bello domani a scuola: i racconti vincitori

Di sguardi e d’idee

di Emma Sofia Santolin

Scuola.

Quella parola doveva essere su quel cartello per un qualche motivo, ma per gli abitanti di Plesso era da anni solo una scritta sbiadita. Una parola piantata davanti ad un edificio di cui rimaneva solo qualche spoglio pezzo di muro. A Plesso, beffarda ironia della sorte, la scuola era andata distrutta anni prima, dopo un tragico incendio che l’aveva consumata. Poi era arrivata quella strana epidemia, che aveva fermato i lenti lavori di ricostruzione, per un momento destati dal sonno profondo in cui erano caduti.

Dopo mesi tutti nel paese erano guariti e si respirava un’aria nuova, ma la scuola giaceva ancora malata nella sua camera dall’odore stantio.

Un giorno però qualcuno decise di dare una seconda possibilità a quel luogo. Fu così che da una soleggiata giornata autunnale si poteva vedere un piccolo gruppo di ragazzi e insegnanti seduto su sedie tutte diverse, portate da casa, abbracciati dalle rovine dell’edificio.
La loro idea era semplice: ricostruire l’insegnamento.

Non c’era bisogno di libri o programmi costosi per imparare, perché la scuola è fatta dai professori, dagli studenti, dal sapere tramandato e il solo stare insieme nello stesso luogo basta.

Seduti e attenti, stavano lì, ascoltando il professore che parlava, scrivendo di tanto in tanto qualche appunto nel quaderno, assaporando il colore della carta e il profumo delle voci degli altri. Il modo in cui tutti apprendevano era unico e diverso. Disposti così, uno di fronte all’altro, per le materie umanistiche ricevevano una breve spiegazione dell’argomento e poi cominciavano a discutere. Dibattevano anche per ore su temi attuali o storici, perché è il passato che è sempre ricollegabile al presente e al futuro.

Ogni studente era tenuto ad esprimere la sua opinione e nessuno se ne andava da vincitore o da vinto, perché mai le idee degli alunni erano uguali tra loro.

Le materie scientifiche erano invece un po’ diverse: dopo la spiegazione e gli esercizi cercavano sempre di trovare per ogni argomento un’applicazione nella realtà, così tutti, alla fine del loro percorso in quella scuola, avrebbero capito cosa nella vita apprezzavano fare veramente.

L’esperienza di quell’epidemia crudele aveva lasciato esempi da seguire in coloro che si erano battuti per fermarla e questi spingevano ogni giorno i ragazzi a cercare di imparare il più possibile. La scuola era diventata prima di tutto un diritto e una priorità. Non c’era nessuno, tra quei pochi alunni, che non tornasse a casa con lo sguardo fiero di chi si sente parte importante di una grande realtà.

Quando poi quelle fredde macerie, ancora con la faccia sporca di terra dopo la caduta, cominciarono a stare strette ai tanti ragazzi che aderirono al progetto, furono proprio gli studenti ad offrire il loro aiuto. Ognuno aveva lasciato a quella scuola qualcosa, con le sue idee che in quel luogo erano state lasciate fiorire libere.

Un piccolo mattone portato nei cuori di tutti col quale, dato che imparare è e deve essere ognuno di noi, Plesso ricostruì una scuola nuova, innovativa e destinata ad accompagnare nel mondo donne e uomini adulti, capaci di sostenere ovunque il peso delle proprie idee.

Da "Quant'è bello domani a scuola" a "Noi domani"

Come ti immagini il domani a scuola? Hanno risposto a questa domanda migliaia di studenti e studentesse delle scuole medie e superiori, che hanno partecipato al premio di scrittura promosso da Zanichelli e Scuola Holden.


500 parole per raccontare la scuola che verrà.

Sky TG24 ha tradotto in illustrazioni animate due tra gli scritti scelti e poi pubblicati sul sito Zanichelli (qui potete leggere tutti i testi).
Le due puntate della serie NOI DOMANI sono a cura di Andrea Dambrosio e Fabio Vitale.

Noi domani, il futuro della scuola a Timeline: il video