1993, Via Palestro
A trent'anni dall'ultima strage di mafia
Non tutti i contorni di quanto è successo sono stati chiariti in maniera definitiva ma di sicuro c'è un fatto: quella di via Palestro, a Milano, è stata l'ultima strage di mafia compiuta in Italia. La sera del 27 luglio 1993 l'esplosione di un'autobomba provocò la morte di cinque persone: tre vigili del fuoco, un vigile urbano e un venditore ambulante; altre dodici persone rimasero ferite. Abbiamo ripercorso la vicenda giudiziaria nel nostro speciale Cosa Nuova, ma abbiamo voluto ripercorrere quella strage anche attraverso i ricordi e le emozioni di chi l'ha vissuta e di chi l'ha subita: "1993, Via Palestro" racconta i trent'anni che sono passati da quella sera con le parole, i volti e gli sguardi delle persone che abbiamo conosciuto, incontrato e intervistato. E che ci hanno trasmesso, a trent'anni di distanza, un dolore ancora vivo.
I fatti
È la sera del 27 luglio 1993: intorno alle 23 dei passanti notano del fumo che esce da un'auto parcheggiata davanti al Pac, il Padiglione di Arte Contemporanea, in via Palestro, nel cuore di Milano; lo segnalano a una pattuglia dei vigili urbani che, a sua volta, allerta la centrale; in pochi minuti arriva la squadra dei vigili del fuoco del distaccamento di Benedetto Marcello, chiamata a intervenire per un "incendio autovettura". Ma la macchina, una Fiat Uno risultata rubata, in realtà non brucia: dai finestrini lasciati leggermente abbassati esce del fumo bianco, ma non ci sono fiamme. I pompieri aprono il bagagliaio e sospettano che l'involucro che trovano al suo interno sia una bomba: avvisano la centrale e allontanano le persone che si sono fermate nei paraggi della vettura. Passano pochi istanti: alle 23.14 la bomba esplode, seminando morte e distruzione.
Le vittime
Nell'attentato restano uccise cinque persone. Il vigile urbano Alessandro Ferrari, 29 anni, sposato e padre di un figlio di un anno e mezzo: originario di Gandino, in provincia di Bergamo, si era trasferito a Milano da ragazzo, con la famiglia. Il vigile del fuoco Carlo La Catena, 25 anni, di Napoli: era diventato pompiere da quaranta giorni e aveva scelto Milano come prima destinazione. Il vigile del fuoco Sergio Pasotto, milanese di 34 anni: quando arrivò la chiamata per l'intervento in via Palestro stava festeggiando il compleanno in caserma. Il vigile del fuoco Stefano Picerno, 36 anni, di Terni: era tornato quello stesso giorno dal viaggio di nozze ed era subito rientrato a lavoro perché un collega gli aveva chiesto un cambio turno. Driss Moussafir, un marocchino di 44 anni che faceva il venditore ambulante: non aveva una casa e quella sera dormiva su una panchina dei giardini pubblici antistanti il Pac, dove fu raggiunto da un pezzo di lamiera dell'auto esplosa. Altre dodici persone rimasero ferite. La deflagrazione e una conseguente fuga di gas provocarono la distruzione del Pac e il danneggiamento di molti edifici circostanti.
Alessandro Ferrari, 29 anni, sposato e padre di un figlio di un anno e mezzo. Originario di Gandino, in provincia di Bergamo, si era trasferito a Milano da ragazzo con la famiglia
Carlo La Catena, aveva 25 anni, napoletano: era diventato vigile del fuoco da 40 giorni
Sergio Pasotto, vigile del fuoco di 34 anni: quando arrivò la chiamata per l'intervento in via Palestro stava festeggiando il compleanno in caserma
Stefano Picerno, aveva 36 anni, era di Terni: quello stesso giorno era tornato dal viaggio di nozze, era subito rientrato al lavoro perché un collega gli aveva chiesto un cambio turno
Driss Moussafir, 44enne di origini marocchine: era un ambulante, la notte dormiva su una panchina nei giardini di via Palestro. Fu colpito da un pezzo di lamiera dell'auto esplosa
Il contesto
Nella targa che ricorda le persone uccise c’è scritto “vittime di una strage mafiosa volta a ricattare lo Stato”, una dicitura apposta dopo la sentenza di Cassazione che ha confermato gli esiti dei processi di primo grado e d’appello con cui sono stati condannati, come mandanti ed esecutori, i principali esponenti di Cosa Nostra. Dopo le stragi del 1992 di Capaci e di Via D’Amelio, nel 1993 la mafia attuò la sua strategia del terrore nelle grandi città italiane: a maggio il fallito attentato a Maurizio Costanzo in via Fauro, a Roma, seguito pochi giorni dopo dalla strage di via dei Georgofili, a Firenze, che provocò cinque vittime; nella stessa notte dell’attentato di via Palestro, a Roma esplosero altre due bombe, in questo caso senza provocare vittime. A trent’anni di distanza, però, non tutti i misteri sono stati dissipati: resta, in particolare, il sospetto che Cosa Nostra non abbia operato da sola.
Le testimonianze
Il racconto della strage di via Palestro lo abbiamo fatto attraverso i ricordi e le testimonianze di sei persone, raccolte in varie città d’Italia: siamo partiti da Catanzaro, dove abbiamo incontrato Massimo Salsano, un vigile del fuoco che faceva parte della squadra intervenuta in via Palestro e che è sopravvissuto all’attentato; poi siamo andati a Napoli, dove abbiamo incontrato Rafaela La Catena e il marito Nicola Perna: lei è la sorella di Carlo La Catena, lui ha fondato un'associazione dedicata al cognato e alle "vittime del dovere". Da Napoli ci siamo trasferiti a Terni, per incontrare Elisabetta Picerno: abbiamo registrato l'intervista davanti al busto che raffigura il fratello Stefano, nella sede del Comando provinciale dei VVF. Dall'Umbria siamo andati in Val Brembana, in provincia di Bergamo: a Gandino abbiamo incontrato Giuseppe Ferrari, il fratello del vigile urbano Alessandro. E poi siamo tornati a Milano per l'ultima intervista, quella a Stefano Formentini, il figlio di Marco Formentini che è stato il sindaco del capoluogo lombardo dal 1993 al 1997, eletto un mese e mezzo prima che avvenisse la strage.
“Quando è esplosa la bomba ho avuto la sensazione di essere avvolto da un tornado, poi ho visto i corpi dilaniati dei miei colleghi e sono svenuto”
“Fummo coinvolti in qualcosa più grande di noi: camera ardente, funerali di Stato… Eravamo automi, non sapevamo come comportarci e cosa fare”
“Noi facevamo una vita di famiglia semplice, non pensavamo per niente che a Milano potesse succedere un evento così tragico ed esserne coinvolti”
“Io l’ho saputo dalla televisione: c’è stato uno speciale e dissero che c’erano stati dei morti… E all’epoca si dicevano pure i nomi delle vittime”
“Carlo e i suoi colleghi rimasero lì, per terra, come in un campo di battaglia… Come se ci fosse stata una guerra”
“La città fu sicuramente colpita al cuore… Fu colpita, ma la reazione dei milanesi fu molto forte e molto sentita”
I documenti
Nello speciale troverete anche documenti audio che sono testimonianze altrettanto vivide dell'epoca in cui avvenne l’attentato. Il più drammatico è quello delle comunicazioni tra i vigili del fuoco intervenuti in via Palestro e la centrale: di fatto, è il racconto in presa diretta della strage. C’è poi un passaggio del discorso che il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro tenne al Quirinale: "Nessuno pensi di poter raggiungere lo scopo di mettere in ginocchio le istituzioni", disse il Capo dello Stato dopo una notte drammatica, in cui si era temuto anche un colpo di Stato. Sentiremo la lettura della sentenza con cui la Corte di Assise di Firenze ha inflitto l’ergastolo a molti dei responsabili della stagione delle stragi di mafia. Infine, le parole dal Cardinale Carlo Maria Martini nell'omelia per i funerali delle vittime della strage di Via Palestro, celebrati tre giorni dopo nel Duomo di Milano davanti a un'enorme folla di persone: "Vergogna e infamia eterna meritano coloro che a freddo hanno pensato, macchinato, calcolato e attuato gesti così crudeli".
Un ringraziamento particolare per il materiale fornito a: Comando dei Vigili del Fuoco di Milano, Museo Storico dei Vigili del Fuoco di Milano, Fabio Pani