IMPEGNI
PER IL FUTURO
Riduzione delle emissioni e stili di vita sostenibili
"Sii il cambiamento che vorresti vedere nel mondo” è una delle frasi più citate del Mahatma Ghandi. In assoluto, ma soprattutto quando si parla di ciò che ciascuno può fare per cambiare situazioni apparentemente fuori portata. Come ad esempio la crisi climatica.
Il futuro che ci aspetta è fatto delle scelte che faremo. Ciascuno di noi, sia singolarmente sia all’interno dei gruppi a cui apparteniamo (la famiglia, gli amici, i colleghi, etc) sia attraverso le persone che deleghiamo a rappresentarci: tutti contribuiamo al cambiamento.
Per guardare avanti e capire che scelte fare, il modo migliore è comprendere il passato rispetto al presente. Ha trovato un modo eccezionalmente brillante Fabiano Ventura, fotografo ed esploratore che da oltre dieci anni scatta fotografie ai ghiacciai situati a tutti gli angoli del nostro pianeta.
Il suo progetto “Sulle tracce dei ghiacciai” ha portato Fabiano sulle sei catene montuose più importanti della Terra. Karakorum, Caucaso, Alaska, Ande, Himalaya e, da ultimo, le nostre Alpi. A caccia di un paragone fotografico. Dopo un certosino lavoro di archivio storico e geografico, Fabiano ritrova l’esatto punto in cui il ghiacciaio è stato fotografato oltre 100, a volte 150, anni fa. Gli scatti paragonati sono impressionanti. Documentano l’arretramento dei ghiacciai alpini in maniera drammatica e immediata, restituendo l’urgenza di prendere impegni per cambiare il corso della crisi climatica.
In quanto questione globale, i cambiamenti climatici impongono ai paesi di tutto il mondo di lavorare in collaborazione. Nel 2015, con l’Accordo di Parigi, i leader mondiali hanno concordato nuovi obiettivi ambiziosi nella lotta contro i cambiamenti climatici. L’orizzonte temporale di questi impegni riguarda il periodo che va da oggi fino al 2050.
L’Europa in particolare ha assunto il ruolo di guida, sul fronte degli impegni presi sul lungo periodo, mettendo in piedi un piano molto insieme complesso e ambizioso. Abbiamo imparato a conoscerlo come Green Deal.
Frans Timmermans, Primo Vicepresidente della Commissione europea e commissario a Clima e Green Deal, ci spiega lo scopo e il perimetro di questa strategia.
“Per applicare l’Accordo di Parigi dobbiamo portare l’Ue alla neutralità entro il 2050. E ci siamo detti: Come fare? Abbiamo bisogno di un progetto chiaro, che cosa facciamo quest’anno, che cosa fra 5 anni, 10 anni, 20 anni. Soltanto così possiamo preparare società e cittadini, ma anche l’economia ai cambiamenti. Quando tu parli con l’industria, ti chiedono sempre la stessa cosa: dacci sicurezza su cosa fare e su dove stiamo andando, così possiamo avere la fiducia che arriveremo dove dobbiamo arrivare”.
La Commissione Europea ha presentato il suo piano per ridurre le emissioni di gas a effetto serra dell'UE almeno del 55 % entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Questo livello di ambizione per il prossimo decennio porrà l'UE su un percorso equilibrato per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.
Se è vero che già 55% è ambizioso, va ricordato che durante il voto sulla Legge europea sul clima il Parlamento Europeo ha affermato che tutti gli Stati membri dovranno divenire climaticamente neutrali entro il 2050. Ha inoltre richiesto che la riduzione dei livelli di emissioni rispetto al 1990 prevista per il 2030 sia aumentata dal 40% al 60% e che venga aggiunto un obiettivo intermedio per il 2040 per assicurare che l’UE sia sulla giusta strada per raggiungere quanto prefissatosi per il 2050.
Altro dato da considerare: l’Emissions Gap report 2019 dell’UNEP, il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, dice che per centrare il 1,5° occorrerebbe una riduzione annua del 7,6%, che ci porterebbe a circa 65%.
Sarà sufficiente l’impegno della Commissione al 55% o rischia di non bastare per tenere l’aumento di temperatura entro 1,5 °C? Ecco che ne pensa Frans Timmermans:
“Noi crediamo che per l’Europa sarà sufficiente. Ma abbiamo bisogno del resto del mondo, dunque ci vorrebbe l’impegno dei cinesi e degli americani e di aiutare i paesi in via di sviluppo a fare la stessa cosa. Se lo facciamo così a livello mondiale, sono sicuro che il 55% basta per avere la sicurezza di arrivare a zero nel 2050. Sappiamo che andare oltre 55% sarebbe molto difficile per la nostra economia e anche darebbe una scusa agli altri di fare meno”.
Ma quale sarà lo sforzo richiesto agli altri Paesi? Per capirlo basta dare uno sguardo al contributo dei singoli paesi alla generazione dei gas serra. In testa ci sono Cina 25,5% e Stati Uniti 14,8% del totale (2018). L’Europa complessivamente sarebbe al terzo posto per emissioni, nonostante una riduzione significativa ma ancora limitata rispetto al piano attuale.
A rendere ancora più difficile la sfida la consapevolezza che nel mondo esistono ancora quasi 800 milioni di persone che non hanno accesso all’energia e la possibilità di assicurare a tutti l'accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni o uno degli obiettivi chiave dell’Agenda al 2030 delle Nazioni Unite. La povertà energetica è un limite allo sviluppo economico, che riduce le possibilità di accesso all’educazione, alla medicina, e determina diseguaglianze sociali.
Come è possibile mettere insieme gli obiettivi di riduzione dei gas serra con lo sviluppo economico? Il settore elettrico ed energetico da solo vale il 35% della produzione di gas serra. Antonio Cammisecra, Direttore Infrastrutture e Reti di Enel
“L’energia è al centro, è il motore di qualunque sistema economico. Addirittura noi diciamo che in termini moderni l’energia è un diritto fondamentale dell’uomo. Cioè avere accesso stabile e pieno all’energia“.
Ridurre le emissioni di gas serra fa riferimento all’efficienza – o all’inefficienza - del nostro sistema di produzione e consumo, e ai beni e servizi che utilizziamo ogni giorno. Ogni volta che generiamo dei rifiuti - sia quelli domestici, prodotti a casa nostra, che quelli industriali, prodotti dalle imprese - abbiamo impiegato energia – in larga parte ancora da combustibili fossili - e liberato gas serra in modo assolutamente inefficiente. Quindi vale l’equazione: Rifiuti = inefficienza
Per raggiungere gli impegni di Parigi e dunque necessario usare meglio le nostre risorse, recuperando e riciclando i rifiuti secondo quella che oggi chiamiamo economia circolare. Ermete Realacci, Presidente di Symbola, ci spiega che l'Italia su questo sentiero sta un pezzo avanti agli altri.
“Pensiamo all’economia circolare: pochi lo sanno ma noi siamo di gran lunga la superpotenza europea dell’economia circolare. Recuperiamo nei cicli produttivi il doppio delle materie prime della media europea, molto più dei tedeschi ad esempio, ma questo non per i decreti o le leggi. Questa forza nostra dipende dal fatto che, essendo un Paese povero di materie prime, siamo stati costretti a utilizzare quella grande fonte di energia, rinnovabile e non inquinante, che è l’intelligenza umana”.
Oggi sappiamo dai dati che ci fornisce chi studia il clima e le emissioni di gas serra – l’IPCC, il Panel Intergovernativo per i Cambiamenti Climatici - che a generare gas serra non è solo la produzione di energia elettrica, i trasporti, il riscaldamento domestico e le attività industriali. Nel rapporto IPCC del 2019, il 37% delle emissioni di gas serra deriva dall’agricoltura e dall’utilizzo di foreste e di suolo per la produzione di cibo, una quantità enorme, superiore rispetto alle emissioni derivanti dall’industria e dai trasporti.
Agricoltura e produzione di cibo per sfamare il Pianeta sono dunque una delle cause del cambiamento climatico. D'altro canto, l’agricoltura è in parte causa, in parte ne subisce in maniera ingente gli effetti. Ne abbiamo parlato con Riccardo Valentini, premio Nobel 2007 come parte dell’IPCC, Advisory Board Fondazione Barilla.
L’attività agricola è anche il principale settore responsabile dell’inquinamento da ammoniaca e delle emissioni di altri composti azotati, che impattano gli ecosistemi acquiferi portando alla perdita di vita. Infine, oltre il 70% dei consumi di acqua dolce è per uso agricolo.
Ne abbiamo parlato con un altro vincitore del Nobel 2007 con l’IPCC, Pete Smith, che studia consumo del suolo all’Università di Aberdeen.
Riequilibrare il sistema alimentare è ancora più urgente per la quantità abnorme di cibo che noi buttiamo via. Le cifre dello spreco sono incredibili. Al mondo ci sono un 1,4 miliardi di ettari destinati alla produzione di cibo che noi non consumiamo. L'equivalente dei territori di USA, Messico, America Centrale, Peru Colombia Bolivia e Venezuela.
Tutto questo cibo che noi produciamo e non mangiamo emette gas serra. Una quantità enorme. Per fare un’altra analogia, solo negli Stati Uniti D’America, la produzione di cibo sprecato o perso produce gas serra equivalenti a 37 milioni di automobili.
Torniamo da Riccardo Valentini.
A incidere sulle emissioni in atmosfera c'è anche il consumo di carne, e in particolare la sua produzione all'interno degli allevamenti intensivi. Problema che si intreccia con quello della deforestazione, con milioni di alberi abbattuti per lasciare spazio alla coltivazione di soia per mangimi. Prima di ascoltare l'analisi di Riccardo Valentini, vediamo questo breve corto animato firmato Greenpeace.
Sul nostro futuro pesa moltissimo il rapporto che noi, come umanità, dobbiamo ricostruire con il mare. Un vero protagonista nella lotta al cambio climatico, da cui dipende il nostro benessere, la nostra qualità della vita e il nostro Pianeta. Lo sa bene sua Profondità, Sylvia Earle, icona vivente della esplorazione e ricerca in Oceano.
L’oceano svolge molte importanti funzioni: fornisce risorse fondamentali per la nostra sopravvivenza, oltre 3 miliardi di persone (40% della popolazione mondiale) dipendono dalla salute dei mari; si pensi alla pesca ma anche ad attività quali il trasporto marittimo, energia rinnovabile, il turismo e attività sportive e culturali. Il valore dell’economia legata all’oceano – la cosiddetta Blue Economy – supera i 2.600 miliardi di dollari e se l’economia del mare fosse un paese, sarebbe la settima economia mondiale. Più grande dell’Italia, per intenderci. Inoltre, l’economia del mare fornisce occupazione a oltre 168 milioni di persone nel mondo.
L’Oceano, è centrale nella questione climatica. Incide ogni giorno sulla nostra vita regolando la temperatura e il clima del Pianeta. Inoltre, non meno importante, assorbe grandissime quantità di anidride carbonica. Francesca Santoro, membro della Commissione Oceanografica Intergovernativa dell'UNESCO.
Purtroppo, anche gli oceani soffrono l’enorme pressione dell’uomo, che ha utilizzato questa risorsa come se fosse infinita, come un enorme pozzo da cui attingere o come una gigantesca discarica in cui riversare l’inquinamento derivante dalle attività di produzione e consumo.
Ed è talmente importante creare cultura e consapevolezza circa gli effetti delle nostre azioni dirette e indirette sui mari che le Nazioni Unite a questo scopo hanno dedicato un intero decennio, il Decennio delle Scienze del Mare.
Il mare è dunque una fondamentale risorsa da preservare per l’equilibrio del nostro pianeta, ma è anche un motore importante dell'economia e una fonte di benessere e di posti di lavoro. L'affermarsi delle rinnovabili e l’idea di sostenibilità al centro del business genera dunque opportunità per la creazione di nuovi posti di lavoro.
A livello internazionale si chiamano Green Jobs, quell’insieme di professioni legate a un’economia più sostenibile e circolare. Di Green Jobs in Italia abbiamo parlato con Ermete Realacci, Presidente di Symbola.
“Se guardiamo l’Italia, se la guardiamo con occhio non pigro, non distratto, non con gli occhi di un’agenzia di rating per capirci, scopriamo che nel corso di questi anni, le imprese che hanno fatto investimenti in campo ambientale, sono molte. C’è un’indagine che ogni anno viene fatta da 10 anni dalla fondazione Symbola e da Unioncamere: sono 432mila queste imprese e queste imprese sono quelle che vanno meglio. Sono oramai oltre 3 milioni in Italia i cosiddetti green jobs”.
Ma questo cambiamento non sarà un processo indolore. Il saldo va fatto tra i posti di lavoro guadagnati e quelli persi. Un effetto inevitabile che inciderà sul tessuto sociale.
Una Transizione Giusta, che non lascia dietro nessuno. Ecco a cosa serve il Just Transition Fund europeo. Abbiamo chiesto a Frans Timmermans di darci un esempio pratico di cosa è il Just Transition Fund per l’Europa
“Potrei dare un esempio italiano: io da tanti anni sono molto preoccupato di cosa succede a Taranto. L’acciaio è di grande importanza per Taranto, ma allo stesso modo c’è anche un problema di ambiente. Quindi se noi possiamo utilizzare dei fondi per dare la possibilità di fare acciaio con idrogeno, che è molto pulito, avremo un acciaio verde in Europa, avremo posti di lavoro a Taranto e avremo un ambiente migliore”.
Se Timmermans punta dritto all’Ilva di Taranto, il ministro dell’Ambiente italiano Sergio Costa aveva parlato anche di Sulcis. Sarà cruciale il ruolo svolto dalla pressione della società civile. Allora andiamo a sentire cosa ne pensa Stefano Ciafani, Presidente di Legambiente.
Il modo in cui vivremo il nostro futuro per renderlo più sostenibile è in discussione da molti anni, ma gli impegni che abbiamo preso e l’orizzonte entro cui cambieranno devono fare i conti con l’imprevisto. La pandemia di Covid-19 ha già cambiato il nostro stile di vita e rischia di lasciare un segno indelebile non solo per l’enorme tributo di vite, ma anche per lo sconquasso economico che ha causato.
Il coronavirus ha provocato uno shock così violento per l’economia mondiale ed europea che non ha precedenti nella storia recente. Un impatto esteso e profondo che ha richiesto molteplici misure per fronteggiare la crisi sanitaria, per tutelare le imprese e per combattere la disoccupazione. Si pensi che le risorse stanziate a livello comunitario e dai singoli stati europei per affrontare la pandemia ammontano a 4,2 trilioni di Euro.
Abbiamo chiesto a Frans Timmermans come si sposa il Recovery Package con la strategia europea sul clima
“Abbiamo soltanto questa opportunità. Non saremo in grado di mobilitare questi fondi una seconda volta. Lo abbiamo fatto adesso. Abbiamo avuto una espressione di solidarietà europea. Ma questa è una opportunità unica. Se non mettiamo questi fondi nel posto giusto, saranno persi e poi che cosa andremo a raccontare ai nostri figli e nipoti? Cosa abbiamo fatto con questa opportunità, se non andiamo verso una società sostenibile, se non facciamo il nostro lavoro per il clima? Non avremo niente da dare ai nostri figli e poi avremo sprecato questi fondi per niente”.
Nel progetto Impact abbiamo coinvolto tanti scienziati ed esperti. Molti erano chiusi in casa per una qualche forma di lockdown. Abbiamo rivolto a tutti la stessa domanda su questo argomento: come la pandemia inciderà sul modo di risolvere la crisi climatica?
Qualunque sia il futuro che ci attende, tutti ci aspettiamo una cosa: un mondo migliore. Una delle migliori espressioni l’ha colta Joel Pett, che ha vinto il Premio Pulitzer per le sue vignette sul climate change e ce n’è una che parla meglio di qualunque altra di futuro a questo link: https://www.kentucky.com/opinion/op-ed/article44162106.html
“E se è tutta una bufala e creiamo un mondo migliore per nulla? “
Ecco, l’idea di un mondo migliore è quella che guida tutti noi, indipendentemente da come la pensiamo. Come dice Amory Lovins, cui spetta la chiusura: “Lasciate da parte le motivazioni, mettetevi al lavoro”.
Link di riferimento
L'economia circolare secondo Enel.it: https://corporate.enel.it/it/economia-circolare-futuro-sostenibile
La mission Enel #connettilatuaenergia:https://corporate.enel.it/it/storie/a/2020/07/nuova-energia-connette-ogni-cosa-futuro-sostenibile
Archivio Storico di Enel: https://archiviostorico.enel.com/
Blog Climalteranti: https://www.climalteranti.it/category/temperature/
Progetto "Sulle tracce dei ghiacciai" di Fabiano Ventura: https://sulletraccedeighiacciai.com/
Strategia europea sul Green Deal: https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/european-green-deal_it
Piano europeo per la riduzione delle emissioni di CO2: https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_20_1599
Plenaria della Commissione Europea sulla legge sul clima: https://www.europarl.europa.eu/news/it/headlines/eu-affairs/20201001STO88313/prima-plenaria-di-ottobre-commissione-europea-bilancio-ue-e-legge-sul-clima
Emissions Gap Report 2009 dell'UNEP: https://unric.org/it/rapporto-unep-emissions-gap-2019/
Fondazione Symbola: https://www.symbola.net/
Fondazione Barilla: https://www.barillacfn.com/it/
Sito dedicato al Decennio delle Scienze del Mare dell'ONU: https://decenniodelmare.it/
La vignetta di Joel Pett che ha vinto il Premio Pulitzer: https://www.kentucky.com/opinion/op-ed/article44162106.html