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Scoperto un buco nero 1.5 miliardi di volte più massiccio del Sole

Scienze

Alimenta il secondo quasar più lontano di sempre. È stato individuato da un gruppo internazionale di astronomi grazie all’Osservatorio Gemini e al Cerro Tololo Inter-American Observatory (Ctio) di Noirlab

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Il secondo quasar più lontano di sempre, nonché il primo a ricevere un nome indigeno hawaiano (Pōniuāʻena), è stato scoperto da un gruppo internazionale di astronomi grazie all’Osservatorio Gemini e al Cerro Tololo Inter-American Observatory (Ctio) di Noirlab. Al suo interno risiede un buco nero con una massa due volte superiore a quella del buco nero supermassiccio presente nell’unico altro quasar risalente alla stessa epoca. Alla scoperta ha partecipato anche Roberto Decarli, ricercatore dell’Inaf (Istituto Nazionale di Astrofisica). In attesa della pubblicazione su una rivista scientifica, lo studio è disponibile sul sito specializzato arXiv.

 

Un buco nero insolito

 

La luce del quasar individuato dai ricercatori risale a un periodo in cui l’universo aveva solo 700 milioni di anni, rispetto al Big Bang. Il nome scelto per questo oggetto cosmico, Pōniuāʻena, deriva dalla lingua hawaiana e significa “invisibile sorgente rotante della creazione, circondata da splendore”. È alimentato da un buco nero 1.5 miliardi di volte più massiccio del Sole. “Si tratta dell’oggetto più distante a oggi conosciuto nell’universo che ospita un buco nero che supera un miliardo di masse solari”, spiega Jinyi Yang, ricercatore presso lo Steward Observatory dell’Università dell’Arizona. 

 

L’ipotesi dei ricercatori

 

Il fatto che un buco nero così massiccio si sia formato quando l’Universo era “giovane” ha stupito gli autori della ricerca e li ha portati a ipotizzare che si sia generato a partire da un piccolo “seme” di 10mila masse solari, circa 100 milioni di anni dopo il Big Bang, e non da un buco nero di dimensioni molto inferiori nato dal collasso di un’unica stella. “Questa scoperta rappresenta la sfida più grande che si sia mai presentata per quanto riguarda la teoria della formazione e della crescita dei buchi neri nell’universo primordiale”, spiega Xiaohui Fan, professore del Dipartimento di Astronomia dell’Università dell’Arizona. Grazie a Pōniuāʻena la comunità scientifica potrebbe ottenere degli indizi utili a capire meglio come si è svolto il processo di reionizzazione e come si sono formati i primi buchi neri supermassicci e le prime galassie massicce.